La buona notizia è che la Calabria, fra fonti rinnovabili, idroelettrico e altre fonti non fossili, produce più energia di quella necessaria alla sua autonomia energetica. Addirittura siamo al 42% sulle rinnovabili, dato che ha entusiasmato Younous Omarijee, presidente della Commissione Europea per lo Sviluppo Regionale, di recente in visita in Calabria. Evviva, verrebbe voglia dire. E invece no. Anzi quasi.
Tutto bello, certo, se non fosse che, per il tramite di alcune datate convenzioni con scadenze non proprio dietro l’angolo, la Regione Calabria ha affidato ad una società per azioni lombarda, la A2A, quotata in borsa e con 7 miliardi di fatturato, la gestione dei propri bacini idroelettrici.
L’acqua verso Nord e la Calabria a secco
Primo risultato? In forza di tali convenzioni, l’A2A, legittimamente sia chiaro, destina il grosso della produzione di energia elettrica verso il Nord utilizzando l’acqua dei nostri invasi. Secondo risultato? Accade che a causa dei mutamenti climatici e quindi in piena siccità e parallela crisi idrica, ci si ritrovi con i laghi quasi completamente svuotati. E con città come Crotone che, ad esempio, rischiano la paralisi degli approvvigionamenti idrici per uso domestico e agricolo. A penalizzarci è una convenzione che orienta l’utilizzo delle risorse idriche (nostre) verso priorità diverse da quelle espresse dalle esigenze sociali e produttive del territorio.
Le domande che ora vorremmo porre sono quasi banali. Per esempio: attesa l’eccezionalità della situazione meteo, i termini di queste convenzioni non possono essere rivisitati per intervenuta eccessiva onerosità o, magari, per distorsione della relazione sinallagmatica fra le parti contraenti?
L’autonomia passa dall’energia: la Calabria e l’esempio del Veneto
In attesa che qualche giurista risponda al quesito, vorremmo lanciare una proposta chiara e forte. Visto che produciamo più energia di quella a noi oggettivamente necessaria, perché non pensiamo ad una autonomia differenziata che ci veda protagonisti e non spaventati da quello che il Nord e/o il Ministro Calderoli potrebbero architettare ai nostri danni? Sapete che il Veneto ha già approvato una legge che dispone il trasferimento della proprietà delle centrali idroelettriche alla Regione? Sapete che il presidente Zaia impazza già sui social rivendicando l’evento come primo passaggio verso l’autonomia della Regione Veneto?
Un gestore pubblico tutto calabrese
E perché la Calabria non dovrebbe riscoprirsi coraggiosamente autonoma e, addirittura, visto il surplus energetico, regione fornitrice dell’intero mercato nazionale, nel settore delle rinnovabili, atteso che sole, vento e correnti marine non sembrano proprio mancarci? E chiaro o no che la tendenza di scenario, tra Agenda Onu 2030 e PNRR, muove inarrestabile verso la transizione ecologica e la sostenibilità?
Perché non costituire, da subito, un soggetto pubblico calabrese per la captazione, trasformazione, stoccaggio e distribuzione di energia derivante da fonti rinnovabili visto che le risorse naturali sono nostre e soprattutto non rare?
Indipendenti, non col cappello in mano
Attenzione a non giocare la solita partita vittimistica dell’autonomia differenziata e del Sud depredato. Cambiamo modulo di gioco: per la prima volta, nella nostra storia, proviamo a riscoprirci autonomi ed intraprendenti anziché genufletterci all’A2A di turno per pietire, con il solito cappello in mano ormai sgualcito, volumi aggiuntivi di acqua o di energia visto che, soprattutto, parliamo di risorse nostre.
E poi magari, nel frattempo, stiamo attenti a non dimenticare che lo stesso soggetto pubblico potrebbe, anzi dovrebbe, avviare la pianificazione degli investimenti necessari a giocare la partita energetica del futuro: quella sull’idrogeno.
La Calabria regione leader, in Italia, nelle energie rinnovabili. Dai, proviamo a regalare una prospettiva, un lavoro e un sogno alle nuove generazioni calabresi. I calabresi siamo noi.