Sono le 23 di sera, di un normale martedì di agosto, fa ancora molto caldo e le povere cicale, stordite dai nuovi cicli termici, ancora esplodono tutto il loro canto rauco verso la notte. Mi affaccio sul terrazzo di casa ad Acri, dove vivo la stagione estiva cercando refrigerio dal gran caldo delle città dense di asfalto, traffico, smog e dunque altro calore. Ma anche qui, da alcuni anni, quel maglioncino da indossare per il fresco serale, quasi silano, resta nel cassetto: a queste latitudini il cambiamento climatico si fa sentire pesantemente, come altrove. Così, in vedetta, in una sorta di allerta estiva permanente, non impiego molto tempo ad avvertire un forte odore di fumo. Tempo di scorgermi dal terrazzino, e intravedo i bagliori di un incendio che noto da subito furibondo, sulla cresta del “Colle di Dogna” uno dei luoghi alti a confine con l’area presilana, molto vicino alla casa di campagna urbanizzata (da altri) che abito.
L’apocalisse di fuoco
Acri, località dal paesaggio un tempo ameno, è una piccola, estesa città senza soluzione di continuità, oggi densamente urbanizzata, circondata da boschi inselvatichiti e terreni agricoli incolti, che ogni estate, da oltre un decennio, si conferma funestata da furiosi incendi che sottraggono piante e coltivazioni alla natura e ne alterano i paesaggi.
Il violento rossore intravisto, sarà solo l’inizio di quella che diventerà un’apocalisse di tre giorni micidiali, in cui gli assassini della natura si sono accaniti come mai su ettari di boschi a ridosso delle aree abitate di Acri e verso la Sila.
Il contadino antico
Proprio per questa ormai cronica, violenta attività incendiaria, da anni seguo la vasta letteratura che su di essa si addensa. Cerco di capire non tanto le ragioni antropologiche e sociali di un fenomeno che investe soprattutto il Mediterraneo, ma immaginare come esso nasce e come oggi non riusciamo a venirne fuori. Nei giorni successivi, durante i quali gli assassini da ergastolo proseguono la forsennata opera distruttrice, appiccando più inneschi e spostando il fuoco in più punti, cancellando intere estensioni di piante anche centenarie, la prima cosa che mi sovviene è che in questo stesso luogo di campagna che oggi abito, Gigi, il contadino antico, che aiutava mio nonno nel coltivare il vigneto e il piccolo uliveto, da solo teneva in perfetta pulizia, con la zappa, circa due ettari e mezzo di superfice, persino scoscesa.
E il contadino moderno
Quindi deduco che la sola tecnologia, i mezzi meccanici, non riescono a sostituire ancora il lavoro dell’uomo, che per esempio riusciva a pulire anche le parti più impervie, e che quella autentica, necessaria attività di manutenzione di fossi, scoli, boschetti, radure, balze che manteneva un magnifico equilibrio ecologico e geologico, oggi non c’è più. Non c’è più la costanza, la cura, la sicurezza che tutto questo garantiva, e malgrado ogni anno il potente trattore di Salvatore, contadino moderno, passi a rendere “non infiammabile” la terra, sono ormai alcuni decenni, a fasi alterne, che mi ritrovo nel fuoco, perdendo giovani piante d’ulivo, frutta e storiche viti, in una sorte che accomuna me a tanti!
Tante scartoffie, nessun fatto
Mi sono dato alcune semplici spiegazioni, di questa prevedibile, ed evitabile, apocalisse, che valgono ovunque, oltre ad interessi mirati, di natura economica, di nuovi poteri dei farabutti piromani, gruppi organizzati di nuova mafia che in diversi modi lucrano su queste tragedie. I terreni confinanti, pure con tutte le ordinanze sindacali, restano completamente in balia del fuoco perché invasi da sterpaglie che già da giugno ardono come fiammiferi.
Nessun sindaco mi risulta abbia redatto un catasto dei suoli bruciati. Nessuno di loro fa rispettare le ordinanze. Però esistono giungle di provvedimenti legislativi regionali, di una genericità imbarazzante. Così come per l’urbanistica, che avrebbe dovuto garantire città belle e accoglienti con i suoi tanti – troppi – regolamenti, la giungla di norme per la prevenzione incendi, produce da anni solo burocrazia, scartoffie, nessun piano operativo, ma un’apocalisse di boschi distrutti.
Lo Stato paga i Canadair, non i pompieri
Lo Stato è assente, se non con un esborso ingente di costi dei Canadair che l’Italia noleggia da società private, piuttosto che attrezzare i vigili del fuoco, i quali sono i soli in questa lotta ad essere davvero capaci di misurarsi con il fuoco, ma sono mal pagati e con turni massacranti. Il resto delle persone, qui come altrove, sono squadre di volontari, protezione civile e di Calabria Verde, assolutamente scoordinati, malissimo attrezzati e che si formano sul campo, spesso a scapito delle situazioni in cui vengono impiegati, dove le decisioni devono essere lucide, rapide e chiare perché il nemico è velocissimo! Come è stato in questi giorni, sostenuto da un vento che è arrivato a spirare fino a 38 nodi orari, il più grande alleato, suo malgrado, degli assassini della natura.
Serve cambiare cultura
Così mi faccio persuaso che non ci sarà alcun rimedio a questa battaglia senza fine e senza quartiere se non ci sarà una nuova cultura ambientale, ecologica, la stessa che eviterebbe le spiagge luride di spazzatura. Se non si abbatte la giungla di responsabilità burocratiche. Se non si crea una sola autorità statale, e poi regionale, con un coordinamento tra regioni più colpite, e non si torna a formare contadini antichi come Gigi, dotati di mezzi moderni, ma soprattutto di buon senso. Se non smette l’omertà con cui troppe volte si coprono tutte le responsabilità di chi sa e non dice, e di chi avrebbe dovuto agire e non ha agito. Anche di magistrati, che presi da altri interessi mettono da parte le inchieste sui roghi e le lasciano marcire in qualche cassetto, mentre potrebbero infliggere eclatanti pene.
Acri, la Calabria, il Sud, che pagano molto di più il disastro di quanto non sarebbe costata la buona prevenzione, piuttosto che leccarsi le ferite devono agire già da ora, senza attendere la prossima, drammatica apocalisse incendiaria, prevenendo con lungimiranza e coinvolgendo tutti, le scuole, i cittadini, forze dell’ordine, pubbliche amministrazioni.