La tenuta democratica della nostra regione si misura anche da quello che succederà dopo l’aggressione al presidente del porto di Gioia Tauro Andrea Agostinelli. L’ammiraglio è stato apostrofato e poi stretto al collo da due signori, sul traghetto fra Messina e Villa San Giovanni, nel pomeriggio del 25 aprile. Agostinelli è andato in ospedale, e poi ha denunciato tutto ai carabinieri.
Prima commissario e poi presidente, con responsabilità in altri porti della Calabria, Agostinelli è una persona che non le manda a dire e che ha dimostrato ancora una volta di avere coraggio. Poteva non denunciare, poteva stare zitto e chiudere con il solito “chiarimento”. Su quel traghetto credo si sia sentito solo.
Il porto di Gioia Tauro e i risultati di Agostinelli
E quindi il tessuto democratico – la politica, i cittadini, l’informazione – deve fare sentire la sua voce in questa storia. Anche per i risultati che Agostinelli ha portato: Gioia Tauro è il primo porto italiano per movimento container, e questo non fa piacere ad altri scali del Nord. Compete con Algeciras, Pireo, è all’ottavo posto in Europa.
Con un migliore collegamento ferroviario – che Agostinelli ha chiesto per anni e solo recentemente ottenuto – Gioia sarebbe ancora più forte. Con una Zes vera – e cioè non capannoni vuoti, anni di truffe – sarebbe il volano economico per tutta la Calabria.
Se il porto di Gioia Tauro non è più noto solo per i sequestri di droga, se non viene più definito il porto della cocaina, se il terminalista Mct ha deciso di investire in strutture e occupazione, questo si deve anche a lui. Le ultime tre gru sono arrivate in febbraio dalla Cina, ogni gru vale 150 posti di lavoro.
Trent’anni indietro
A chi non piace Agostinelli? C’è una questione legale in corso, legata a un tragico incidente sul lavoro. Accusato di comportamento omissivo, dovrà subire un processo. È stato rinviato a giudizio, si difenderà. Nel frattempo ha tolto la concessione alla ditta che stava effettuando quei lavori. È questo il motivo dell’aggressione? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che senza Agostinelli si torna indietro di trent’anni, al deserto e al deficit.