«Tre migranti sopravvissuti a Cutro accolti in Arbëria»

La conferma arriva da Giovanni Manoccio, presidente dell'associazione che gestirà l'arrivo dei pakistani e li ospiterà a San Benedetto Ullano. La speranza di una nuova sinistra con la Schlein e la destra «xenofoba» nell'intervista a "ICalabresi"

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Tre migranti pakistani, sopravvissuti alla tragedia di Cutro, arriveranno tra martedì e mercoledì a San Benedetto Ullano, paese arbëresh in provincia di Cosenza. Sono stati affidati all’associazione don Vincenzo Matrangolo di Acquaformosa. Il presidente è Giovanni Manoccio, sempre in prima linea sul tema dell’accoglienza e della difesa di chi fugge da guerre e povertà. A ICalabresi spiega il senso del suo impegno decennale.

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Soccorritori portano a riva i corpi senza vita dei migranti a Steccato di Cutro
Dal 2010 opera l’associazione don Vincenzo Matrangolo…

«Abbiamo iniziato questa avventura di accoglienza nel 2010 ad Acquaformosa. Era come nuotare in mare aperto. Non c’erano figure professionali. Ma c’era la consapevolezza che potevamo farcela. Ragazzi molto motivati e alcuni professionisti disponibili. Erano anni di grande esposizione mediatica del Comune. Tanti giovani lavoravano in questa impresa sociale. L’associazione poi si è allargata in 5-6 comuni poi diventati 10. Con una caratteristica fondamentale: l’accoglienza dei paesi arbëresh. Cinquecento anni prima i nostri avi avevano vissuto la drammaticità di questi momenti. Noi abbiamo ridato ai territori quello che abbiamo avuto dalla Calabria. Siamo stati vecchi ospiti di questa terra. Il progetto ha accolto nel corso degli anni oltre 1600 persone, provenienti da 70 nazioni, 140 etnie. Poi ancora vulnerabili, vittime di tratta. Davvero un campionario incredibile di esperienze. Oggi l’associazione ha 110 dipendenti. Questa economia sociale ha fatto sì che tanti nostri giovani laureati siano rimasti nei loro paesi. E tanti ragazzi che non lo sono hanno avuto una possibilità. Un modello di vita per loro, perché lavorare nell’immigrazione non è facile».

Studenti stranieri per uno stage ad Acquaformosa dialogano con la mediatrice culturale dell’associazione “Matrangolo”
Come inizia la sua storia di accoglienza?

«Il giorno dello sbarco della Vlora  io ero a Bari. Ricordo ancora una madre che partoriva nel porto. I cittadini pugliesi che donavano cibo e vestiti. Ero un giovane assessore. Andammo alla prefettura di Cosenza e facemmo in modo che molti di loro restassero nei nostri paesi. Molti hanno messo famiglia e radici qui da noi. Quel giorno del 1991 a Bari non lo dimenticherò mai. Gente in fuga per la libertà. Da lì nasce la mia volontà di accogliere».

Cosa c’è dietro quelle parole di Piantedosi sui migranti a Cutro?

«È la loro cultura. La conseguenza di ciò che avevano fatto poco prima, iniziando la battaglia contro le Ong. Diventano sempre più inumani per dimostrare al loro elettorato razzista e xenofobo che loro non sono come quelli di prima. Una logica conseguenza di un non politico che utilizza un linguaggio meramente burocratico».

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Quel che resta di una tutina da neonato sulla spiaggia della tragedia a Cutro
Il centrosinistra ha pure le sue responsabilità

«Molti sindaci del centrosinistra hanno fatto tanto nelle loro comunità accettando la sfida dell’accoglienza. Ma se penso a Minniti e agli scellerati accordi con la Libia… Ha affrontato l’immigrazione con un approccio securitario.
Mi auguro che i nostri politici, destra e sinistra, cancellino la Bossi-Fini. Poi serve diversificare tra progetti di accoglienza pubblici e privati. I secondi sono la negazione dell’accoglienza. Su questo il mio partito, il Pd, ha fatto pochissimo. La sinistra ha perso un’occasione».

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Giovanni Manoccio e la neo-segretaria del Pd, Elly Schlein all’Università della Calabria
E adesso con Elly Schlein cosa cambia?

«Credo in un rovesciamento di posizioni. In questi giorni ho parlato con Elly Schlein, la neo-segretaria che, tra l’altro, ho sostenuto al congresso. Da europarlamentare mi invitò a Bruxelles. Si interessava di queste cose. Anche la sua visita a Crotone, privata e senza rilasciare interviste, dimostra un approccio diverso del Pd rispetto a tali problemi.
La Schlein deve sostituire quelli della mia generazione. E muoversi sull’onda di un entusiasmo palpabile tra la gente. La conosco dai tempi di Occupy Pd. Io c’ero quel giorno a Roma, e ho rischiato di essere arrestato (ride ndr). Non volevano farci entrare nella sede del Partito democratico».

Autonomia differenziata o secessione? 

«Una condanna a morte per il Sud. Un processo lungo. Quando ero sindaco di Acquaformosa mi sono accorto che ogni anno arrivavano circa 240 euro per ogni cittadino. E in Lombardia ed Emilia c’erano invece punte di quasi 500 euro di trasferimenti statali pro capite. Quindi? Il welfare pubblico funzionava con questi soldi. Consentivano di gestire asili nido, scuole materne, le strutture del dopo di noi.
Come fa il Sud a recuperare questo gap se passa la logica dell’autonomia differenziata? Colpirà il welfare, la salute delle persone, i servizi sociali, la scuola. Così si compie un delitto ai danni delle regioni del Sud».

Roberto Occhiuto alla fine non ha opposto resistenza al ddl Calderoli

«Un presidente calabrese che cerca di stravolgere la realtà non fa bene né a se stesso né alla regione. La classe dirigente locale è arroccata su stessa. Vive dei poteri logorati, che sono quelli regionali. I nostri ragazzi se ne vanno, i nostri ospedali chiudono, i nostri edifici scolastici non sono a norma».

Sono finiti i tempi del Decalogo di Firmoza? Oppure lei vede similitudini con quello che accade oggi?

«Quel decalogo era una provocazione. Ma a rileggerlo si intravede tutto quello che emerge con l’autonomia differenziata. Era anche una trovata mediatica per denunciare l’isolamento istituzionale e politico di paesi dell’Italia interna come Acquaformosa».

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Il Decalogo di Firmoza

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