Basta una rapida sbirciata alle guide gastronomiche autorevoli per capire quanto la Calabria sia poco presente nel mangia e bevi che conta.
Chiediamo il parere al guru del gusto italico a tavola Antonio Paolini, già in passato nelle guide dell’Espresso, co-fondatore di Vino da bere e ora coordinatore delle guide del Gambero Rosso.
Come mai la Calabria, nonostante il suo meraviglioso territorio e la ricchezza di prodotti, è cosi assente dalle guide?
«Ci sono regioni – penso anche al mio Abruzzo oltre alla Calabria e la stessa Puglia fino a non molto tempo fa – rimaste, diciamo così, ai margini dei flussi di interesse nazionale. Per motivi strutturali, come la storia emblematica della Salerno-Reggio o quella, più fresca, dell’alta velocità. Ma anche contingenti e in parte legati alla mentalità e capacità di chi le ha amministrate. Per dirtene una: l’ultima campagna pro turismo della mia regione, appena lanciata, estate 2021, ha come unici protagonisti gli arrosticini di pecora. Nella regione appunto che, alla fine, può vantare tra l’altro, oltre a una schiera di chef e ristoranti protagonisti ogni anno nei congressi nazionali e internazionali, anche il 3 stelle Michelin più meridionale d’Italia. Unico sotto Roma».
E in Calabria cosa succede?
«L’unica campagna calabrese che ricordo è una con grandi 6×3 in aeroporto e Gattuso come testimone. Simpatico. Ma per chi non ama il calcio? Insomma, parliamo di isolamento endemico con l’aggravante della complicità, o almeno l’acquiescenza, locale (e anche di altri ordini di problemi assai seri che pure conosciamo, e per fortuna ora pesano molto meno). Il tutto in posti, bada bene, in cui questo isolamento paradossalmente alla fine ha aiutato a salvare, mantenendo bassa antropizzazione, industria e relativa pressione inquinante, risorse uniche. E che dunque oggi sono posti puliti, naturali, spaziosi».
Quindi perfetti per l’offerta post Covid…
«Sì, perfetti per essere proposti ai nuovi flussi post Covid. E ricchi di prodotti autoctoni genuini ed eccezionali. Che c’erano anche prima. E che in alcuni casi – da voi la liquirizia, il peperoncino – attori forti e lungimiranti, ma rimasti figli unici, sono riusciti a portare a proscenio. E qui torno al punto. La mancanza di sistema anzitutto, e poi di certezze imprenditoriali, di flussi turistici forti e di good spender, quasi inesistenti nelle zone interne, e il paradosso che a casa si mangia bene/benissimo ha ridotto ovviamente la spinta a creare locali competitivi e “raccontabili”. E se mi permetti, le guide con le loro non immense forze hanno fatto per queste regioni anche più di qualche notabile».
Posso chiederti da quanto tempo manchi per servizio dalla Calabria, giacché normalmente so che torni a casa solo per cambiare i vestiti?
«Personalmente da tre anni e per un periodo vero e lungo da cinque. Ma i nostri ispettori si muovono ogni anno. E quest’anno in Calabria è in azione di rinforzo uno dei nostri – diciamo così – nuovi “cavalli” di punta. Aspettatevi belle cose».
Quali sono le “tavole” da tenere d’occhio?
«Questo chiedimelo a ottobre inoltrato, per favore. Dirtelo ora sarebbe spoilerare la Guida. Diciamo in generale che il coraggio di protagonisti più giovani che negli ultimi cinque anni hanno affiancato pilastri storici quanto isolati ha generato un manipolo di indirizzi ormai noti nel giro e fuori. Ma altri – ci pare e speriamo – stanno spuntando».
Cosa consigli ad un nuovo e giovane ristoratore?
«Di provare a essere il migliore interprete della cucina “profonda” e dei giacimenti veri della sua terra. Senza rinunce ad ambizioni e creatività, ovviamente. Ma partendo dal cimentarsi sulla sua palestra di roccia, lavorando sui sapori che ha nel Dna e le cose che gli crescono attorno, mescolandole magari con i suoi interessi e le cose che ha imparato in giro. Per capirci: provare a diventare il miglior cuoco e ambasciatore e interprete della Calabria non è un ostacolo a diventare un grande a livello nazionale o internazionale. Anzi. È un trampolino. Rende visibili e soprattutto unici. Copia di nessuno».
Vorrei sapere data e ora in cui varcherai il confine calabro
«Vorrei saperlo anch’io. Mentre mi intervisti sono di in treno per Milano, le prossime settimane tutte già piene. Noi siamo un po’ come i carabinieri. Andiamo dove ci mandano e dove serve con più urgenza per la pubblicazione che curiamo. Non dove vorremmo andare. Ma io spero davvero di venire – e stare, non per un evento o per un mordi e fuggi – presto».
Stefania Monaco