«Il Parco per me è un ritorno». Pino Putortì, dallo scorso settembre nuovo direttore dell’Ente Parco Aspromonte, descrive così il reincarico alla guida amministrativa dell’Ente.
Già direttore sotto la presidenza di Tonino Perna, un passato alla direzione generale dell’Asp di Palmi prima dell’accorpamento con Reggio, Putortì parla con franchezza della situazione del Parco.
Dalla stampa e da varie testimonianze, si ricava l’impressione che il Parco sia in perenne polemica con operatori ed esperti del settore. La dura nota dello scorso 28 luglio non lascia dubbi.
«Credo che l’attuale Ente Parco non sia amato».
Parliamo degli incendi?
«Quest’anno, non appena è scoppiato quello in zona Polsi, ci sono stati interventi immediati: cinque canadair hanno impedito che l’incendio diventasse “di chioma”.
Il Parco può lavorare sul Piano antincendi, cosa che già fa. Non ha però competenze di intervento né risorse dedicate. Soprattutto, non possiede il patrimonio che custodisce.
La sua funzione è fare da pungolo. E può operare in vari modi. Ad esempio, con incentivi ai privati e risorse ai Comuni per la pulizia dei boschi.
Torniamo ai roghi. I dati a disposizione consentono di individuare un andamento ciclico del fuoco. Al riguardo, si può attuare una serie di azioni che rafforzino il monitoraggio e la prevenzione.
Una delle criticità del 2021 ha riguardato i Dos (direttori operativi dello spegnimento). Mi era stato riferito che era personale formato da poco e con poca esperienza. Ma non posso averne certezza».
L’intervento per limitare i disastri è solo l’ultimo anello di una catena che si è comunque rivelata debole. Ma la prevenzione è tutt’altro e dovrebbe essere la priorità…
«Bisogna ricordare che ogni incendio è una storia a sé e dipende da variabili diverse. In ogni caso, Calabria Verde quest’anno ha fatto il proprio lavoro».
Prima no?
«Io lavoravo in Prefettura. Leo Autelitano, attuale presidente del Parco in carica dal 2018, chiese il nostro intervento. Assieme ai vigili del fuoco, abbiamo preso la situazione in mano. Purtroppo, devo ricordare un problema non proprio leggero. Stando a quanto riferitomi da terzi, Calabria Verde forniva coordinate errate per cui i mezzi antincendio scaricavano acqua dove non era necessario».
Sempre nella nota di luglio l’Ente Parco ha illustrato una serie di attività.
«Siamo partiti con il progetto Pastori custodi, esperienziali ed enogastronomici, volto a valorizzare l’antica cultura della transumanza e sensibilizzare il territorio al rispetto ed alla difesa della natura e della montagna».
[Nda: Questa linea risulta già percorsa in passato, nelle gestioni di Tonino Perna e di Giuseppe Bombino, con il progetto pilota Pastori custodi. Quest’iniziativa puntava sulla prevenzione. Infatti, nel 2017, mentre Sila e Pollino bruciavano, in Aspromonte non ci furono disastri. Alla presentazione di quel progetto partecipò anche il prefetto. Nel 2018, con l’avvicendamento alla presidenza tra Bombino e Leo Autelitano, quella sperimentazione, che sarebbe dovuta finire nel Piano Antincendi, cadde].
Il funzionamento dei Parchi può essere migliorato?
«Ritengo che gli attuali strumenti a disposizione non garantiscano appieno le finalità della legge 394 del 1991.
Di più: lo stesso sistema dei Parchi in Italia meriterebbe una seria revisione. Certo, il legislatore ha avuto una buona intuizione sulla governance, e ha creato un certo equilibrio di pesi e contrappesi. Tuttavia, una statistica recente rivela che in 19 parchi su 20 si registra uno scontro tra direttori e presidenti».
Anche all’Ente Parco dell’Aspromonte?
«Ci sono momenti di forte dialettica. Ma è nell’ordine delle cose».
Entriamo più nel dettaglio: come funzionano i Parchi?
La governance dei parchi è fatta di diversi organi. Tra questi, presidente, consiglio direttivo e direttore amministrativo. L’ultimo propone, i primi due dispongono».
E qual è il rapporto tra il Parco e gli enti locali?
«La Comunità del Parco è costituita da Regione, Città Metropolitana e Comuni del Parco. Questa designa quattro componenti del consiglio direttivo.
La norma prevede che i componenti designati siano esperti. Laddove, invece, sono sostituiti dai sindaci può capitare che qualcuno tenda a perorare le proprie cause o a favorire il proprio territorio».
Sempre la politica di mezzo…
«Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e quello dell’Economia sono organi vigilanti. C’è sempre un gioco della politica. Inevitabile che a volte si siano chiusi gli occhi e si siano avallate azioni da evitare».
Questo può valere per tutte le nomine. Compresa quella del direttore. Lei che ruolo ha?
«Il direttore fa da garante e mette le firme».
Come interpreta il suo ruolo?
«Voglio fare in modo che il Parco faccia un salto di qualità e che tutti – organi dell’ente, operatori, associazioni, esperti, sindaci, comunità – capiscano che occorre lavorare insieme in una visione condivisa.
È necessario restituire l’Aspromonte ai suoi protagonisti. Alcune guide del Parco, ad esempio, sono un nostro patrimonio. Il Parco ha il dovere di dialogarci.
Non bisogna disperdere l’eco positiva a livello internazionale che abbiamo riscontrato dopo la partecipazione alla Bit di Verona. Dobbiamo tutelare la bellezza e promuovere le economie».
Quali sono oggi le grandi criticità del Parco Aspromonte?
«Sono di tre ordini: governance del territorio, pianificazione e programmazione e risorse umane. Oltre a un forte deficit di comunicazione».
Spieghi…
«Quando parlo di governance mi riferisco a una oggettiva difficoltà di gestione di un territorio vasto e complesso come l’area protetta del Parco. Questa difficoltà impatta direttamente sul secondo aspetto, la necessità di revisione di strumenti di pianificazione».
Quali strumenti?
«Il piano del Parco, il regolamento, il piano di sviluppo socioeconomico e la zonizzazione, su cui stiamo cercando di intervenire con fatica,
Alcune linee guida erano state messe insieme, forse un po’ sommariamente. Bisogna rafforzare tutta la pianificazione e intervenire in modo serio su un nuovo perimetraggio delle zone che bilanci protezione, tutela e sviluppo del territorio.
Non è pensabile, ad esempio, che zone di diversa tipologia confinino in maniera diretta, come accade ora. Questo produce confusione e alimenta gli ostacoli alla governance dei territori. Il danno è stato compiuto anni fa. Recentemente abbiamo approvato il Piao (Piano integrato di attività e organizzazione) 2023-2025 con il nucleo della nuova programmazione».
[Nda: sotto la precedente presidenza Autelitano, l’allora ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, sentito il parere di Regione, Provincia e Comuni competenti, emanava un decreto che riperimetrava il Parco: dai 76.000 ai 64.153 ettari attuali. Quest’operazione diminuiva l’area protetta, e ne ridisegnava la geografia con quella zonizzazione su cui oggi si vuole intervenire]
Ha detto «a fatica»: perché?
«L’organigramma dell’Ente Parco è ridotto all’osso. Attualmente, e con difficoltà, riusciamo a coprire solo l’ordinario.
Il parco ha perso nove risorse per provvedimenti di mobilità concessi in regime di finanza invariata. Ciò significa che non ci sono i fondi per assumere nuove risorse se non sostituendole con la mobilità in entrata.
il Parco allo stato attuale è depauperato in modo quasi irreversibile. Stiamo tentando di risalire la china. Sono poi in corso questioni che non è il caso di approfondire in questa sede».
Di nuovo: perché?
«La situazione è delicata».
[Nda: che lo sia davvero risulta da diverse fonti. Da notizie riservate, sarebbe in corso una serie di accertamenti presso i ministeri competenti e l’Avvocatura dello Stato su mobilità e assunzioni.
In particolare, sulle procedure di stabilizzazione degli lsu volute dal presidente. Questi, a sua volta, avrebbe presentato un altro esposto alla Procura della Repubblica.
Inoltre lo stesso Piao fotografa uno stato dell’ente non in perfetta salute.
Durissima la parte del documento dedicata alla situazione del personale: «Si è venuta evidenziando una scarsa conoscenza delle competenze del personale e l’assenza di una banca dati delle competenze». Inoltre, «resta di particolare attenzione il monitoraggio del benessere interno ed il clima lavorativo all’interno dell’organizzazione, specie a fronte di una evidente conflittualità interna». Questo quadro la dice lunga, in attesa delle pronunce degli organi competenti e delle valutazioni della Procura].
Quale idea vuole portare avanti?
«Un Parco per tutti. Lavorare su quello che può garantire il futuro e proteggere la bellezza anche attraverso lo sviluppo delle comunità locali. Bisogna dare piena attuazione agli obiettivi delineati nella legge 394. Il fine della conservazione per me è questo».
Cosa dobbiamo attenderci?
«Sono in corso una serie di attività e una proficua interlocuzione con la Regione. Abbiamo presentato alla dirigenza del Settore parchi ed aree naturali quattro schede per un valore tra i 6 e i 7 milioni. In più, dopo un’attenta revisione del bilancio, risulta un avanzo di 5 milioni e 200mila euro che verranno allocati per diversi interventi».
La sfida più grande?
«Accessibilità e sistema della mobilità verso il Parco in un’ottica di intermodalità».
Come si vede tra un anno?
«Se le operazioni che sto cercando di realizzare andranno in porto, sarò dove mi trovo adesso. Altrimenti, ormai vicino alla pensione, sarò felice di dedicarmi alla pesca».
È stanco?
«Conduco una battaglia quotidiana e non nascondo le mie difficoltà».