Autonomia differenziata, parla Esposito: Bonaccini? È come Calderoli

Il giornalista napoletano è in prima fila nella protesta contro il ddl del governo che cambierà i rapporti tra Stato e Regioni. Il Sud rischia grosso e non è solo colpa della Lega: anche la sinistra ha responsabilità pesanti. L'unica opposizione proviene dagli amministratori locali, non solo meridionali

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L’autonomia differenziata? «Ci spingerà ancor più verso la desertificazione».
Parola di Marco Esposito, firma storica de Il Mattino, esperto di economia (esordì con Milano Finanza) e osservatore attento delle politiche nazionali più pericolose per il Sud.
Lo ribadiscono due saggi, diventati instant classic: Zero al Sud (Rubbettino, Soveria Mannelli 2018) e Fake Sud (Piemme, Milano 2020), nel quale fa il punto, con grande acume critico, sui pregiudizi antimeridionali ma anche sugli eccessi di certo meridionalismo.
Il primo obiettivo polemico di Esposito è stato il federalismo fiscale. Quello attuale è l’autonomia differenziata. Su cui ha parlato di recente a Cosenza.
Ma, specifica il giornalista napoletano, «io non ho pregiudizi verso l’autonomia differenziata in sé».

Allora dov’è il problema?

«Nella sua applicazione, ovviamente. Non ho alcun pregiudizio nei confronti delle autonomie. Semmai, occorre capire che non si può parlare di decentramento o accentramento in astratto: dire a priori che un sistema accentrato alla francese sia meglio di un sistema federale, come quello tedesco, è una sciocchezza»

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Marco Esposito

Però sei in prima fila nel contrasto al ddl del governo Meloni…

«Certo, ma questo contrasto è anche critica allo status quo. Noi ci opponiamo all’autonomia differenziata perché, così com’è concepita, aumenterà i divari nel Paese, che invece vanno colmati»

Calderoli e vari esponenti dell’attuale coalizione di governo negano o minimizzano questo rischio.

«È scontato che l’oste difenda il proprio vino, in questo caso ben fermentato in cantine leghiste. Mi permetto di ricordare che, dietro questo ddl ci sono i referendum promossi in Veneto e Lombardia nel 2017. Entrambi su iniziativa di Roberto Maroni e Luca Zaia, che provengono dalla vecchia Lega di Bossi»

Ma non si può gettare la croce solo sulla Lega. Anche la sinistra, a partire dalla riforma del Titolo V della Costituzione ha calpestato qualcosa…

«Per l’autonomia differenziata, ricordo una foto del 28 febbraio 2018. Questa foto ritrae Stefano Bonaccini assieme a Maroni e Zaia durante la firma dei tre accordi sulle autonomie assieme a Gianclaudio Bressa, allora sottosegretario in quota Pd del governo Gentiloni»

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Tutti assieme appassionatamente: da sinistra, Maroni, Bressa, Zaia e Bonaccini

Vogliamo ricordare il contenuto di quegli accordi?

«Fissano i fabbisogni standard delle Regioni sulla base di due elementi: la demografia e il gettito fiscale. Se i requisiti sono questi, è ovvio che Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, che sommate sono più di un terzo della popolazione nazionale, faranno la parte del leone». Teniamo presente inoltre, che l’autonomia differenziata include Sanità, Scuole e Infrastrutture, che riceveranno più o meno finanziamenti a seconda dei territori»

E quindi, per tornare a Bonaccini?

«Quando Bonaccini afferma che non saranno toccati i Lea (Livelli essenziali di assistenza) e i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) dice una fake, né più né meno di Calderoli»

Insomma, questa riforma sembra fatta apposta per danneggiare il Sud

«Questa riforma riflette la volontà di dare maggiori diritti lì dove ci sono maggiori ricchezze. Che il Sud sia danneggiato da tutto questo, è una conseguenza. Ma non solo il Sud: l’Italia presenta, anche nel Centro-Nord, una geografia economica a macchie di leopardo. Quindi alcuni territori settentrionali, penso al Piemonte, subiranno dei danni»

Stefano Bonaccini

Ma il problema non è solo economico…

«No. Questo ddl mette a repentaglio la coesione del Paese. Se i residenti della Lombardia ricevono più cure o cure migliori rispetto a chi vive in Calabria o in Campania, il principio di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione va a farsi benedire»

Non che ora questa situazione non ci sia…

«Sì, ma l’autonomia differenziata la istituzionalizza. E lo fa senza interpellare gli amministratori più a contatto coi territori e i loro problemi»

Cioè?

«I sindaci e gli amministratori locali. L’autonomia differenziata, così com’è concepita, si basa sulla dialettica tra governo centrale e Regioni. Quindi, il sindaco di Napoli o quello di Reggio Calabria, due città metropolitane importanti, non hanno diritto di parola?»

A proposito di sindaci: la “rivolta” contro l’autonomia differenziata ne vede molti sulle barricate, almeno al Sud

«Sì e per due motivi: conoscono i problemi del territorio e sono eletti direttamente dai cittadini. Ricordo che quando sollevai il problema dei finanziamenti agli asili nido, presero posizione molti amministratori locali»

Roberto Calderoli

Però è strano che un giornalista debba dire ai politici come risolvere i problemi

«Il giornalista che riesce a smuovere le coscienze fa il suo dovere. Non altrettanto si può dire dei politici che non prendono iniziative forti»

È solo colpa dei politici?

«Diciamo che il metodo di selezione della classe politica nazionale non aiuta. I parlamentari sono letteralmente cooptati dalle segreterie, quindi obbediscono a logiche di scuderia in cui le esigenze dei territori pesano poco. Inoltre, la tendenza ad allinearsi è dovuta anche a un certo meccanismo mediatico: se si sostengono certe tesi, si finisce sulla stampa e nelle tv che contano. Quando ci si lega ai territori, invece, si ottiene al massimo una visibilità di tipo locale»

Tuttavia neppure i sindaci sono immuni da questo rischio

«Più il Comune amministrato è grande, più i sindaci tendono ad allinearsi a logiche partitiche. Ma la dimensione locale e il contatto coi territori fanno da freno. Non è un caso che proprio i sindaci costituiscano oggi una sorta di opposizione civica»

E i presidenti di Regione?

«Il loro ruolo è più politico, quindi la tentazione di allinearsi per salire di gradino nella carriera è maggiore»

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Una manifestazione contro l’autonomia differenziata

Torniamo all’autonomia differenziata. C’è un aspetto del ddl su cui insistono in pochi: l’impatto sulla struttura costituzionale

«è una vera e propria riforma dello Stato, operata al di fuori della Costituzione e in cui il Parlamento ha un ruolo marginale»

Chiariamo di più

«Allora, l’Italia è un Paese a regionalismo unitario. Tuttavia, le Regioni a statuto speciale hanno più poteri dei Lander tedeschi, che fanno parte di un sistema federale. Per capirci la piccola Valle d’Aosta ha più autonomie dalla Baviera, che è la zona più ricca d’Europa. Con le autonomie differenziate si arriverà al paradosso per cui alcune Regioni a statuto ordinario avranno, nei fatti, più potere di gestione delle Regioni a statuto speciale. Se questa non è una riforma costituzionale…»

Che tuttavia esclude le istituzioni che dovrebbero farla…

«Appunto. Il ddl minimizza il ruolo del Parlamento e degli attori istituzionali e “vola” sulle teste dei cittadini. Non proprio quello che dovrebbe accadere in una democrazia»

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