Natale De Grazia: 26 anni senza verità e giustizia

Il Capitano di fregata della marina militare è morto il 13 dicembre 1995 in circostanze mai chiarite del tutto. Indagava sulle "navi dei veleni", le imbarcazioni che sarebbero state affondate nei mari calabresi, cariche di rifiuti tossici e nucleari. Il giallo delle autopsie e le conclusioni della Commissione parlamentare sulle Ecomafie

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Ventesei anni anni senza verità. Con tanti dubbi, tanti sospetti. Qualche certezza. Ma nessuna verità. Sicuramente nessuna verità giudiziaria. Ma nubi oscure, misteri inquietanti, anche per quanto concerne quella storica. Moriva 26 anni fa, il 13 dicembre 1995, in circostanze mai chiarite, il Capitano di Fregata della Marina Militare Italiana, Natale De Grazia. Reggino e punta di diamante del pool investigativo che, proprio nella città dello Stretto, stava indagando sulle cosiddette “navi dei veleni”. Le imbarcazioni che, attraverso un accordo tra criminalità, faccendieri e pezzi deviati dello Stato, sarebbero state affondate al largo delle coste calabresi. Con il proprio carico di rifiuti tossici e radioattivi.

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La nave Jolly Rosso arenata sulla spiaggia di Amantea
Fine di un’inchiesta

Quel pool che, dopo la misteriosa morte di De Grazia, si sfalderà. E con esso, dissolte anche tutte le speranze investigative di far luce su quello che, fin da subito, era apparso come un sistema enorme. Fatto di connivenze tra criminalità e strutture parastatali. E che si allungava ben oltre la Calabria, ben oltre l’Italia, con traffici internazionali di scorie e armi. Proprio quegli affari su cui, probabilmente, indagavano anche i giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi in Somalia nel marzo 1994. Appena un anno e mezzo prima,  rispetto alla morte di Natale De Grazia, avvenuta a Nocera Inferiore, a neanche metà di quel viaggio, forse decisivo per l’inchiesta, che doveva portarlo fino al porto di La Spezia. Snodo cruciale delle inquietanti rotte delle “navi dei veleni”.

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Ilaria Alpi e Milan Hrovatin
Uno che sapeva leggere una mappa nautica

Si indaga su navi affondate e De Grazia è un marinaio, uno che il mare l’ha sempre amato. È l’unico, di fatto, che sa leggere una mappa nautica. E con le proprie indagini riesce a restringere il campo dei possibili affondamenti dolosi a una trentina di episodi. Indagini delicatissime che hanno fatto affiorare il coinvolgimento dei Servizi Segreti negli strani viaggi di navi che avrebbero avvelenato i mari calabresi. Ma, tra depistaggi, pedinamenti, fughe di notizie e, dopo la morte di De Grazia, prepensionamenti, tutto il pool – coordinato dal magistrato Francesco Neri – prende strade diverse. E la storia non imboccherà mai la strada della verità.

Squarci di luce

Nessuna verità giudiziaria. Men che meno storica. Solo, di tanto in tanto, qualche flash di verità. Veloce e fugace come un lampo. Ma non per questo non abbagliante. Come accade con la conclusione dei lavori della Commissione Parlamentare sul Ciclo dei Rifiuti, presieduta dall’avvocato Gaetano Pecorella, di qualche Legislatura fa. Conclusioni che chiamano in causa una perizia che attesterebbe come De Grazia, a bordo di quell’auto che corre nella notte per raggiungere La Spezia, non sarebbe morto di morte naturale. L’ennesimo di tanti, tantissimi, viaggi per provare ad accertare la verità sulla motonave Rosso, spiaggiata ad Amantea anni prima, e sulle altre navi che, con i propri carichi nocivi, avrebbero avvelenato i mari calabresi. L’ultimo viaggio.

“Cause tossiche”

Nella propria relazione, l’esperto non farebbe altro che confermare i sospetti che anche i profani hanno sempre alimentato sul decesso di un uomo sano e costantemente monitorato, per via della sua attività militare: “Si trattava di soggetto in giovane età, in buona salute, senza precedenti anamnestici deponenti per patologie pregresse, che conduceva una vita attiva e, come militare in servizio, era sottoposto alle periodiche visite di controllo dalle quali non sembra siano emersi trascorsi patologici” è scritto nella relazione. Il perito lo scrive chiaramente, parlando di “cause tossiche”.

Secondo le conclusioni del perito della Commissione Ecomafie, però, “l’indagine tossicologica non è più ripetibile, e quindi il caso, dal punto di vista medico legale deve essere, ad avviso del sottoscritto, considerato chiuso”.

Una pagina che contiene i dati di un esame istologico eseguito sul corpo di Natale De Grazia

L’intrigo internazionale

Non solo il terreno, non solo il mare. Ad essere stato avvelenato, dunque, sarebbe stato anche il Capitano De Grazia. Da sempre, la sua famiglia, ma anche i gruppi ambientalisti (Legambiente su tutti) si battono per ricercare la verità. Un uomo “normale” chiamato a fronteggiare, senza tirarsi indietro, sistemi criminali molto più grandi.

Il lavoro della Commissione Ecomafie presieduta da Pecorella fu importante non solo per l’inquietante conclusione sulla morte di De Grazia. Ma anche per una capillare ricerca di indizi e prove sul business delle “navi dei veleni”. Dalle audizioni dei compagni di viaggio di De Grazia, passando per le sconvolgenti rivelazioni fatte dal prefetto Giorgio Piccirillo, direttore dell’Aisi (l’Agenzia d’informazione e sicurezza interna), che, nel corso della propria audizione nel luglio 2011 ha depositato due note dei Servizi Segreti, che già nel 1992 fornivano particolari circa l’interessamento delle cosche di ‘ndrangheta nello smaltimento illecito delle scorie. Come abbiamo raccontato alcune settimane fa.

Il giallo delle autopsie

Il documento agli atti della Commissione Ecomafie mina duramente le conclusioni cui si arrivò con due distinte autopsie, che individuarono in un “arresto cardiocircolatorio” la causa della morte di De Grazia. Verrebbe messa in dubbio, dunque, la conclusione che De Grazia sia morto per cause naturali. E quindi cresce l’inquietante sospetto che l’ufficiale sia stato ucciso, avvelenato, probabilmente per le indagini portate avanti. Come sostenuto, da tempo, dalla famiglia e dagli ambientalisti. Nel corso degli anni sono stati almeno quattro gli accertamenti medico-legali effettuati sul corpo esanime del Capitano De Grazia.

I primi due saranno stilati, a distanza di diversi mesi, dalla dottoressa Simona Del Vecchio. Una doppia autopsia affidata allo stesso medico legale: sarà questa una delle maggiori contestazioni. Proprio la perizia medico-legale della dottoressa Del Vecchio svolta sul corpo senza vita di De Grazia, “non corrisponde alla verità scientifica” secondo i nuovi accertamenti.

Un esame svolto, per la prima volta, il 19 dicembre 1995, sei giorni dopo il viaggio verso La Spezia. Un esame lungo in cui la dottoressa Del Vecchio darà atto della negatività degli esami chimico-tossicologici concludendo in maniera certa: “Può ricondursi a una morte di tipo naturale, conseguente a una insufficienza cardiaca acuta, inquadrabile più specificatamente nella fattispecie della morte improvvisa. La morte improvvisa è un evento repentino ed inatteso, caratterizzato dal fatto che il soggetto passa da una condizione di completo benessere o almeno di assenza di sintomi alla morte in un arco di tempo inferiore alle 24 ore”.

“La morte improvvisa dell’adulto”

Nel suo primo scritto, la dottoressa Del Vecchio parla di “morte improvvisa dell’adulto”, che troverebbe origine in un’ischemia del miocardio, con successive gravi turbe del ritmo cardiaco. Ma Natale De Grazia è una persona giovane, non ha neanche quarant’anni. È un militare, ed è soggetto a frequenti visite mediche. In cui non ha mai riscontrato alcun tipo di patologia cardiaca.

Questa la spiegazione della dottoressa Del Vecchio: “Il meccanismo di molte morti improvvise cardiache è costituito da uno stato di instabilità elettrica da ipossia cronica, cosicché un aumento delle richieste metaboliche del cuore, in conseguenza di uno sforzo fisico ovvero di un’intensa emozione, ma anche una condizione di permanente tensione emotiva e di allarme conseguente all’espletamento di attività professionali particolarmente impegnative, delicate e rischiose, fonte di enormi responsabilità (come nel nostro caso) può determinare uno stato di stress continuo che alla fine precipita la situazione cardiaca”.

La stessa conclusione di un anno e mezzo prima

Il 23 aprile 1997, un anno e mezzo dopo la morte di De Grazia, la dottoressa Del Vecchio (insieme ad altri eminenti professori universitari) verrà nuovamente incaricata dalla Procura della Repubblica. Con il compito di eseguire “ulteriori accertamenti chimico-tossicologici per la ricerca di sostanze tossiche e/o velenose, nonché approfondisca altresì quant’altro utile ai fini delle indagini, volte a verificare la causa del decesso”.

Il frontespizio della relazione medico-legale sulla morte del Capitano De Grazia

E anche in questo caso, le considerazioni medico-legali escluderanno “la presenza di sostanze tossiche di natura esogena nei campioni esaminati”. Negativa risulterà anche la ricerca di arsenico nei capelli (per la verifica di un’eventuale intossicazione cronica) e nel fegato (per la verifica di eventuale intossicazione acuta). La conclusione è la medesima di un anno e mezzo prima: “Si ritiene, anche alla luce delle ulteriori indagini di laboratorio eseguite che la causa della morte del Capitano De Grazia Natale sia da ricondurre ad un evento naturale tipo “morte improvvisa dell’adulto”, come già ci esprimemmo in merito nella precedente relazione di consulenza tecnica medico-legale affidataci”.

La perizia incaricata dalla famiglia De Grazia

In mezzo tra le due perizie, interverrà la perizia di parte della famiglia De Grazia, redatta, dal dottor Alessio Asmundo. Il quale, pur partendo da presupposti totalmente diversi, con riferimento, soprattutto, alle condizioni dell’apparato cardiaco menzionate dalla dottoressa Del Vecchio, arriverà a una conclusione simile. “Si deve concludere, quindi, che la morte di De Grazia Natale rappresenta caratteristico accidente cardiaco improvviso per insufficienza miocardia acuta da miocitosi coagulativa da “superlavoro” in soggetto affetto da cardiomiopatia (dilatativa) da catecolamine” scrive.

De Grazia sarebbe morto, dunque, per cause naturali. Un arresto cardiaco dovuto al troppo lavoro, al troppo stress derivante dalle proprie indagini. Una “verità” che resta in piedi, nonostante le polemiche, per molto tempo.

L’ultima perizia

Quindici anni dopo arriverà l’ultima perizia, la quarta. Quella che, pur considerando “l’indagine tossicologica non più ripetibile” a causa del tanto, tantissimo, tempo trascorso, allo stesso tempo solleverà seri dubbi sulle cause “non naturali” della morte.

La medaglia del presidente della Repubblica

A distanza di ventisei anni dalla scomparsa in pochi credono alla reale possibilità che De Grazia, un uomo in piena forma, di neanche quarant’anni, sia morto per cause naturali. Nonostante l’enorme stress cui sarebbe stato sottoposto. L’ipotesi più accreditata (ma allo stesso tempo mai provata) è che l’ufficiale, con i propri accertamenti, sia finito in mezzo storie oscure e inquietanti.

Come è facile percepire, peraltro, dalle motivazioni con le quali il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, conferirà la medaglia d’oro alla memoria dell’ufficiale: “Il Capitano di Fregata Natale De Grazia ha saputo coniugare la professionalità, l’esperienza e la competenza marinaresca con l’acume investigativo e le conoscenze giuridiche dell’Ufficiale di Polizia Giudiziaria, contribuendo all’acquisizione di elementi e riscontri probatori di elevata importanza investigativa per la Procura della Repubblica di Reggio Calabria. La sua opera di Ufficiale di Marina è stata contraddistinta da un altissimo senso del dovere che lo ha portato, a prezzo di costante sacrificio personale e nonostante pressioni e atteggiamenti ostili a svolgere complesse investigazioni che, nel tempo, hanno avuto rilevanza a dimensione nazionale nel settore dei traffici clandestini e illeciti operati da navi mercantili”.

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