LONGFORM | Grand Hotel Quarantena

Durante la prima ondata di Covid, un esperimento medico (illegale) in Calabria avrebbe potuto aiutare a salvare molte vite, ma nessuno l'ha saputo

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Durante la prima ondata di Covid-19 che ha colpito l’Occidente, Torano Castello è stata l’ultima zona rossa sanitaria italiana. L’isolamento per i suoi 4mila abitanti è iniziato il 14 aprile 2020, la revoca risale al 10 maggio successivo. Alle ore 17 del 15 maggio però, la quarantena non è finita per tutti.

Dalla Rsa all’hotel

Maria, la chiameremo così per tutelare la sua privacy, a quell’ora sente il clacson dal cortile e si prepara a uscire. Sta per incontrare i medici dell’Unità speciale di continuità assistenziale (Usca) di Cosenza, per quello che spera sia il suo ultimo tampone molecolare. La scena avviene in un piccolo hotel nascosto dalle montagne del paese. Da un mese, insieme a otto colleghi, questa infermiera è qui che vive. Isolata dal mondo, in un rudere abbandonato praticamente senza elettricità né riscaldamento.

Come c’è finita? Tutto è iniziato a Pasquetta: il video con gli attempati pazienti che ballano e cantano a poche ore del primo caso di contagio a Villa Torano, la Rsa dove lavora Maria, diventa virale in poche ore. E con l’apertura di un fascicolo d’indagine della procura di Cosenza arrivano le maggiori trasmissioni nazionali. Le ipotesi di accusa per i vertici della struttura sono pesanti: epidemia colposa, omicidio colposo e lesioni in ambito sanitario.

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Il clima di polemiche è pesantissimo, ma non c’è tempo nemmeno per pensarci, ora bisogna cercare di frenare la valanga in ogni modo. In poco tempo e con metodi spiccioli si organizzano tamponi a tappeto fra pazienti e operatori. Il risultato, in un periodo nel quale trovare reagenti è molto difficile, quando la pandemia sostanzialmente non ha ancora raggiunto la Calabria, fa gelare le vene: sono quasi tutti positivi.

E ora? Il commissario dell’Asp di Cosenza, Giuseppe Zuccatelli, dice che bisogna ricominciare da zero. All’ora di pranzo del 15 aprile va in diretta al tg e dichiara: «Non mi fido, troppo anomalo che ci siano tutti questi asintomatici. O bisogna segnalarlo come caso mondiale e portarlo all’attenzione dei massimi istituti di ricerca scientifica del pianeta, oppure bisogna rifare tutto, perché forse i tamponi non sono stati fatti come si doveva».

Asintomatici à gogo e sindaci in rivolta

Tocca ripetere i tamponi, che però confermano il dato epidemiologico iniziale: 93 contagi al virus SARS-CoV-2 divisi fra pazienti, operatori della struttura e loro familiari, tre bambini compresi. Solo cinque i sintomatici, tutti ultraottuagenari. Dunque, delle due, era giusta quella data per assurdo: ben prima della pubblicazione della ricerca su Vo’ Euganeo che farà scoprire al mondo l’alta percentuale di asintomatici nel contagio da Covid-19, a Torano Castello si ha evidenza di un dato analogo. Una scoperta scientifica che può servire al mondo intero.

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Tamponi a Villa Torano dopo la scoperta del focolaio nella Rsa

Il prossimo passo è mettere in piedi al più presto una quarantena monitorata per i contagiati, e qui torniamo alla nostra infermiera Maria. Il 16 di aprile il dipartimento Tutela della salute della Regione stila un piano in cui prevede il trasferimento dei contagiati in altre strutture del circondario. Dire che i sindaci dei paesi coinvolti abbiano reagito con le barricate è più di un’espressione eufemistica. Romeo Basile, il primo cittadino del vicino comune di Mottafollone, arriva addirittura a schierare le ruspe a difesa della verginità epidemiologica del suo paese. Altri, in modo meno mediatico, rispondono comunque che non se ne parla.

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Romeo Basile, sindaco di Mottafollone, blocca l’accesso al suo paese con una ruspa

Il piano della Regione dunque rimane lettera morta. La grana dei contagiati ora è sostanzialmente tutta sulle spalle del sindaco di Torano Lucio Franco Raimondo. Che, di concerto con l’Asp, in pochi giorni decide di chiudere in compartimenti stagni la clinica, emanando parallelamente un’apposita ordinanza di confinamento per Maria e i suoi colleghi nell’ex San Felice, un vecchio hotel abbandonato vicino alla Rsa Villa Torano.

Turismo e Sanità

Andando a vedere le carte si scopre che entrambe le strutture, di proprietà pubblica e affidate in convenzione alla società “Medical center”, nascono come hotel negli anni ’70. Le due strutture sono vicine, ma i loro destini biforcano sul finire del secolo. Mentre nel 1999 la Medical Center diventava assegnataria della struttura comunale, infatti, dando vita alla prima Rsa della Calabria, il nuovo Motel San Felice vedeva la luce con un rinnovato slancio turistico. Una luce destinata a brillare poco, però. A differenza della sanità privata, in questo campo a decollare non sono stati gli affari ma i registri, poco tempo dopo atterrati in tribunale.

Sono entrambe vetuste e vanno chiuse. A metterlo nero su bianco è una relazione dettagliata del Comune di Torano Castello, che già nel 2017 denotava tutte le carenze strutturali e le usure delle strutture convenzionate, illustrando nel dettaglio il progetto di spostare in 24 mesi di lavori tutto 600 metri più a nord. Una nuova megastruttura d’eccellenza per il Sud, con un ampliamento di posti per un investimento complessivo di 11.272.512,00 euro. I terreni privati erano stati individuati ed era stato persino stipulato un preliminare di compravendita con un costo del terreno fissato a 15 euro al metro quadrato. Ma i lavori non sono mai partiti.

Perciò tre anni dopo, lo stesso ente che certificava l’inadeguatezza di una struttura vi disponeva il confinamento coatto di uomini e donne con l’infezione più sconosciuta e pericolosa mai vista ancora in atto. Una decisione figlia sicuramente dall’emergenza in atto, ma controversa, tanto che sei lavoratori con infezione asintomatica in corso rifiutano di attuarla, dando mandato di opposizione all’avvocata Angela Cirino del foro di Cosenza. La legale presenta così un ricorso in cui va ben oltre le criticità già presenti nei documenti municipali. «Ho anche scoperto che l’hotel», ha ricostruito, «è affidato a una curatela fallimentare rimasta all’oscuro di tutti i passaggi fatti dall’amministrazione di Torano Castello in accordo con l’Asp di Cosenza».

Un trasloco non autorizzato

Un bel pasticcio, perché, spiega la legale, «prima di autorizzare lo spostamento si sarebbe dovuta rilasciare l’autorizzazione igienico sanitaria prodotta dal proprietario di struttura». Finito? No, perché l’avvocata ha anche scoperto che una parte della struttura è sottoposta a sequestro penale per un’inchiesta della magistratura su un incidente che causò la morte di un minore qualche anno prima.

L’esperimento del quarantena hotel, in definitiva, presenta diversi profili di illegalità e non può proseguire. L’Asp a questo punto non può che recepire le eccezioni e quindi emanare un’ordinanza di sgombero. Gli operatori sanitari rimasti però, fedeli alla propria missione professionale, decidono di mettere la salute degli altri davanti alla propria, scegliendo di portare a termine l’esperimento. Maria, finalmente negativizzata, è l’ultima infermiera a lasciare l’hotel, il 18 maggio 2020.

La Scienza e la Legge

«Il caso di Villa Torano creò molto scalpore mediatico, per tanti motivi. Ma noi eravamo concentrati sui pazienti e non ci rendevamo conto di cosa accadeva fuori. Noi ci occupiamo solo di curare i malati», ricostruisce il dottor Sisto Milito, a capo della squadra di medici che si è occupata di spegnere questo focolaio. Dal punto di vista dei medici, «quello sperimentato a Torano è un metodo che ha funzionato, che di lì a poco tutti avrebbero adottato», ribadisce.

Mentre in quel periodo la strategia della chiusura della struttura è stata la scelta per gran parte delle Rsa dove è dilagata l’emergenza, infatti, così non è stato per i pazienti di Villa Torano. «Non chiudere la Rsa – aggiunge Milito, che ha operato nel cluster insieme a Vincenzo Gaudio, Filippo Luciani, Giovanni Malomo, Vincenzo Pignatari e Nunzio Conforti – ci ha permesso di tutelare la vita di malati senza famiglia, che sarebbero finiti in mezzo alla strada privi di qualsiasi cura o in qualche altra struttura a diffondere l’epidemia».

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La stazione mobile con i medici dell’Asp all’ingresso di Villa Torano

Per quanto riguarda invece i confinati nell’hotel fantasma, i rimpianti sono tanti. «Sì, lì si sarebbe potuta produrre letteratura scientifica di valore con tutta la mole di dati arrivata dai supporti della telemedicina, che ha garantito il monitoraggio dei parametri vitali degli infetti, 24 ore su 24 per oltre un mese». In un periodo in cui non solo la Calabria, ma il mondo intero aveva fame di farlo, si poteva capire di più sulla carica virologica e sulla effettiva durata della quarantena o del periodo di incubazione, considerando anche i casi di negatività al primo tampone e positività al secondo. «La struttura era compromessa da beghe giudiziarie, ma noi avevamo fatto un pensierino a requisirla, per l’autunno soprattutto. Era attesa una nuova ondata influenzale e poteva essere di nuovo necessario isolare persone che non possono fare una quarantena completa a casa», conclude Milito.

Insomma, si poteva imparare da questo esperimento e adeguare alle evidenze scientifiche raccolte l’organizzazione sanitaria per l’annunciata seconda ondata autunnale. Invece è andata diversamente. Tanto la comunità scientifica, quanto l’opinione pubblica non hanno saputo nulla di questa buona pratica medica avvenuta fra le montagne calabresi.

Mentre con l’arrivo dell’estate i focolai pian piano si sono spenti in tutta Italia, in Calabria la struttura commissariale chiamata a predisporre il piano pandemico, attraverso le parole del commissario Saverio Cotticelli in diretta tv, ha addirittura ammesso di aver dimenticato di doverlo scrivere un piano pandemico. Il risultato è quello che tutti sappiamo: una lunga stagione di scandali, dimissioni e rinunce, ma soprattutto un tributo altissimo in termini di vittime.

Covid hotel

Eppure, un tentativo di attuare la politica dei covid hotel anche in Calabria alla fine è arrivato. La stipula dei primi contratti risale a fine 2020. E nel giro di due mesi l’accordo era scritto fra la Regione e otto strutture alberghiere diffuse sul territorio regionale, per un totale di 371 posti letto disponibili. Era già troppo tardi probabilmente. La Calabria aveva ancora negli occhi mesi con le autoambulanze in fila fuori dai pronto soccorso; centinaia di posti letto per pazienti con pochi o nessun sintomo in quella fase avrebbe potuto rappresentare una boccata d’ossigeno per le sottodimensionate strutture calabresi. Ma qualcosa non ha funzionato e continua a non funzionare.

Si contano infatti con le dita le strutture convenzionate che hanno ospitato contagiati covid in Calabria finora, per un rimborso 65 euro al giorno cadauno. Tutte le altre stanze sono rimaste vuote, con un costo per la comunità comunque significativo: 15 euro al giorno per ogni posto letto dedicato a contagiati covid rimasto vacante.

Infografica-Covid-Hotel

Individuata la categoria di persone da sottoporre a quarantena controllata e trovati i posti dove farlo, pare fosse difficile l’organizzazione perché le due cose si incontrassero. E con l’arrivo della nuova estate praticamente tutte le strutture convenzionate hanno preferito ritornare a dedicarsi ai turisti in arrivo. Così la Calabria, destinata ad accogliere migliaia di turisti da ogni dove, è tornata praticamente e al netto di un’eccezione al punto di partenza: a cercare hotel per la quarantena.

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