La polemica è stagionale come certi lavori: non appena arriva l’estate partono le lamentele di vari imprenditori contro il Reddito di cittadinanza.
Alle quali si sono aggiunte, quest’anno, le perplessità sul Salario minimo, approvato da poco dall’Ue e a cui l’Italia dovrà adeguarsi.
La domanda vera è: queste misure servono? E quanto?
Di sicuro i dati che vengono dall’altro fronte, quello dell’impresa, non sono il massimo.
Calabria maledetta?
I casi eclatanti non mancano, da noi. E di alcuni I Calabresi hanno già dato ampio resoconto.
Mancano, semmai, statistiche complete attendibili che diano il polso della situazione.
Detto altrimenti: quanti sono i casi di sfruttamento, di lavoro nero “totale” o di lavoro “grigio”?
Ancora: quanti sono i casi di evasione, assicurativa e contributiva, ai danni dei lavoratori? Ottenere questi dati è difficilissimo, per una serie di ragioni.
La prima si chiama omertà: spesso il lavoratore è “colluso” col suo capo. E non sempre perché ne subisce il ricatto: la vita del “padrone”, in Calabria, può essere difficile come quella dei suoi dipendenti.
La seconda è dovuta all’inefficienza: gli uffici che dovrebbero vigilare, il più delle volte, non sono attrezzati a dovere, soprattutto a livello di organico.
Tuttavia, qualche numero da cui partire c’è . Poco, ma quanto basta per mettere un piccolo punto fermo. E capire se siamo o no una terra maledetta.
Lavoro nero e non solo: un anno di evasioni
I dati dell’Ispettorato del lavoro di Cosenza sono piuttosto parziali. Innanzitutto perché riguardano il solo 2021.
Poi perché riflettono l’attività dell’ufficio, cioè tutti i casi che i funzionari conoscono in seguito a denunce o ispezioni.
Eccoli.
In tutto il territorio provinciale di Cosenza lo scorso anno ci sono state 492 richieste d’intervento, cioè denunce dei lavoratori.
Sempre nello stesso periodo, sono emersi 434 casi di lavoro irregolare. Ovvero il cosiddetto lavoro “grigio”.
I casi di lavoro completamente nero sono, invece, più ridotti: 273.
A questo punto, arriviamo al girone peggiore: i lavoratori in nero che percepiscono il Reddito di cittadinanza. I casi denunciati nel 2021 sono solo 14.
Ancora: nello stesso periodo, l’Ispettorato ha emesso 236 Diffide accertative (in pratica l’equivalente dei decreti ingiuntivi) per crediti vantati dai lavoratori.
Il dato più grosso riguarda l’evasione assicurativa e contributiva, che arriva a 2.101.721, 94 euro.
I casi risolti sono 737. Come valutare questi dati?
La pagella di Cosenza
Per quanto parziali, i dati sono gravissimi, perché incidono su un territorio enorme e problematico.
La terza provincia d’Italia ha un tasso di disoccupazione altissimo (si parla di circa 58mila disoccupati per il 2021 e un tasso del 50% tra gli under 30), che di suo spinge alla fuga.
Di più, questi dati emergono da un sistema economico essenzialmente terziario, in cui anche il bar sotto casa a gestione familiare è un’azienda.
Ciononostante, i casi emersi nel 2021 restano pochi, come ammettono per primi proprio dall’Ispettorato.
È il momento di specificare meglio ciò che si è detto prima sulle inefficienze, reali e presunte, di chi dovrebbe tutelare i lavoratori.
Ispettorato azzoppato
Si è già detto che i dati raccolti sono il frutto delle denunce dei lavoratori oppure delle ispezioni.
Ma che verifiche può fare un ufficio spaventosamente sotto organico? Il fabbisogno di personale dell’Ispettorato del lavoro di Cosenza oscilla attorno alle cento unità, tra ispettori e funzionari.
La disponibilità effettiva è quasi la metà, quindi del tutto insufficiente. Peggio ancora se si considerano anche le attività di polizia giudiziaria (ad esempio nell’infortunistica) che gravano sull’ufficio.
Non a caso, la scorsa primavera i dipendenti dell’Ispettorato sono scesi in piazza per denunciare che tra le tante emergenze del lavoro c’è anche la loro.
I dati sono veri, ma stimati in difetto: quelli reali potrebbero arrivare a quattro volte tanto.
Il Reddito è un rimedio?
Un rimedio no, fanno sapere gli addetti ai lavori, che ammettono per primi che il Rdc è stato un mezzo fallimento.
Tuttavia, resta un palliativo.
Stesso discorso per il Salario minimo, di cui desta perplessità il fatto che è pensato su base oraria.
Si prepara un’altra estate di polemiche. Poi, finite le esigenze stagionali, tutto tornerà più o meno a posto.
Resta una domanda: quante saranno le irregolarità o le evasioni del 2022?