di Tommaso Scicchitano
Immaginate un’assemblea solenne, uomini vestiti di rosso porpora riuniti sotto gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina. Non sono lì per ammirare l’arte, ma per compiere una scelta che influenzerà la vita di oltre un miliardo di persone: eleggere il nuovo Papa. Questa assemblea si chiama Conclave, e gli uomini in rosso sono i Cardinali elettori – i più stretti collaboratori del Papa, provenienti da ogni angolo del pianeta, con meno di 80 anni.
Un Conclave diverso rispetto al passato
Oggi, ad aprile 2025, questo gruppo di 135 uomini è molto diverso da quello di dieci o vent’anni fa. Il motivo principale? Papa Francesco. Nei suoi oltre dieci anni come Papa, ha nominato la stragrande maggioranza di loro, circa 103 su 135. È come se un allenatore avesse scelto gran parte della squadra. Questo significa che molti cardinali potrebbero condividere la sua visione: una Chiesa più attenta ai poveri e agli emarginati (le “periferie” di cui parla spesso), più misericordiosa, più aperta al dialogo con tutti e governata in modo più collegiale (“sinodale”, cioè camminando insieme).

Cardinali venuti dall’altra parte del mondo
Ma attenzione: non è detto che il prossimo Papa sarà una fotocopia di Francesco. Il gruppo dei cardinali è tutt’altro che compatto. È un mosaico globale, più colorato e diversificato che mai. Francesco ha voluto cardinali da paesi che non ne avevano mai avuti prima: pensate a Haiti, Myanmar, Tonga, Paraguay, Sudan del Sud. L’Europa ha ancora molti cardinali (53), ma Asia (23), Africa (18) e America Latina (17) hanno voci sempre più forti.
Questa non è solo geografia. È un incontro (e talvolta uno scontro) di culture e modi di vedere il mondo. Un cardinale africano o asiatico vive problemi e priorità diverse da un collega europeo. Lo si è visto chiaramente con la recente decisione vaticana (Dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni (18 dicembre 2023)) di permettere benedizioni a coppie “irregolari”, comprese quelle omosessuali: i vescovi africani, quasi all’unanimità, hanno detto “no”, citando la loro cultura oltre alla dottrina. Anche il Papa ha riconosciuto questa diversità di vedute.

La Chiesa tra fede e tensioni davanti alle nuove sfide
Quindi, i cardinali che entreranno in Conclave portano con sé non solo la loro fede, ma anche le tensioni di una Chiesa davvero mondiale. Discutono animatamente su come interpretare antichi insegnamenti nel mondo moderno, sul ruolo delle donne, su come celebrare la Messa (la disputa sulla Messa in latino è ancora viva dopo il documento Traditionis Custodes), su come applicare i principi sociali del Vangelo. Non sono un blocco unico, ma un’assemblea viva, a volte divisa, che riflette le sfide di una fede globale nel XXI secolo.