Il Gigliotti magico: la carriera lampo del prof in quota Morra

L'ascesa fulminea del giurista dell'Università Magna Graecia: da ricercatore a ordinario in sei anni, oggi siede nel Csm grazie ai click su Rousseau e sponsor accademici e politici

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«Gigliotti? Si è trovato al posto giusto al momento giusto». Un professore che sa bene come vanno le cose nell’Università Magna Graecia di Catanzaro commenta così, chiedendo di restare anonimo, la folgorante carriera di Fulvio Gigliotti, ordinario di Diritto privato al Dipartimento di Giurisprudenza, economia e sociologia dell’ateneo del capoluogo e, dal luglio del 2018, componente del Csm.

Nel massimo organo della magistratura Gigliotti ci arriva come membro “laico”, ovvero eletto dal Parlamento, in quota M5S. Ai grillini spettano all’epoca – sono i “bei” tempi in cui anche per questi incarichi bisogna passare dal voto sulla piattaforma Rousseau – tre caselle nel Csm. E dopo Alberto Maria Benedetti e Filippo Donati, il prof catanzarese supera di 76 clic il quarto candidato, Vito Mormando. Dopo qualche mese (ottobre 2018) c’è per lui un ulteriore scatto. Il plenum lo elegge quale componente laico della Sezione disciplinare, organismo permanente dello stesso organo costituzionale che si occupa dei procedimenti contro i magistrati ordinari. Giusto per capire quanto sia rilevante e delicata la funzione: Gigliotti presiede il collegio giudicante che espelle Luca Palamara dalla magistratura.

Lupacchini, Palamara e i bordini bianchi

Qualche passaggio ironico sulla sua scalata al Csm lo dedica di recente, intervistato da Nicola Porro a “Quarta Repubblica”, l’ex procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini. Il quale a sua volta, nella seduta della commissione disciplinare – che poi ne avrebbe confermato il trasferimento a Torino per gli scontri con il procuratore capo Nicola Gratteri – viene interrotto spesso proprio da Gigliotti che lo invita a rimanere sull’argomento.

L’ex magistrato Luca Palamara

Ma l’ex segretario dell’Anm ne parla con toni non proprio lusinghieri già nel libro-intervista Il Sistema con Alessandro Sallusti. Palamara dice di essere stato avvicinato «direttamente e indirettamente» da Gigliotti – «uno sconosciuto professore calabrese uscito per magia, nella migliore delle ipotesi, dalle primarie che i Cinque Stelle avevano indetto su Internet per scegliere i candidati al Csm» – il quale sarebbe stato tra quanti avrebbero tentato di dividerlo da Cosimo Ferri, parlamentare renziano considerato fautore del “Patto del Nazareno” che, in quella fase di guerra correntizia tra toghe, avrebbe condiviso con Luca Lotti e lo stesso Palamara l’obiettivo di «sbarrare la strada all’ascesa dei Cinque Stelle nel governo della magistratura».

Un’altra citazione Palamara gliela dedica raccontando un retroscena frivolo sull’elezione (settembre 2018) del nuovo vicepresidente del Csm: «Tra i candidati – meglio sarebbe dire autocandidati – c’è Fulvio Gigliotti, membro laico eletto dai Cinque Stelle. Sa qual è la battuta che circolava nelle sacre stanze del Csm che si erano indignate per Mesiano (il giudice dai calzini “strani” che condannò Fininvest, ndr)? Questa: “Uno che si presenta con scarpe blu con i bordini bianchi per definizione non può fare il vicepresidente”». Per la cronaca: a imporsi è David Ermini, deputato – «renzianissimo», tuonano all’epoca i 5 stelle – e avvocato penalista.

Il curriculum di Gigliotti

Per i curiosi interessati al curriculum vitae del professor Gigliotti viene in soccorso una rivista specializzata, “Giustizia Civile”, diretta da Giuseppe Conte – “quel” Giuseppe Conte – e Fabrizio Di Marzio. Nato a Catanzaro – si legge nella versione online del giornale – il 13 giugno 1966, Gigliotti si laurea a 24 anni con 110 e lode e dignità di pubblicazione della tesi. Dal 1994 è abilitato all’esercizio della professione forense mentre, nel 1999, entra nei ruoli universitari come ricercatore.

Qui c’è il primo salto con tempistica definita «non comune» da chi conosce le dinamiche universitarie. Da ricercatore in Diritto della navigazione e dei trasporti diventa, nel giro di soli 2 anni, professore associato di Istituzioni di diritto privato (2001). Quindi l’altro passaggio «sorprendente». Nel 2005, a soli 6 anni da quando è entrato nei ruoli dell’ateneo, è professore ordinario di Diritto privato. Quindi entra nel Cda dell’Università e della Fondazione universitaria Umg. Insegna in (e dirige) diversi Master. Fa parte di commissioni di concorso per docenti e ricercatori universitari e in quelle per gli esami da avvocato e commercialista.

Negli anni è anche componente del Consiglio giudiziario istituito presso la Corte d’Appello di Catanzaro, membro del Comitato di consulenza giuridico-amministrativa del Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Calabria, consulente della Regione per la formazione del Quadro territoriale regionale e consulente della Field, fondazione regionale in house finita in una bufera giudiziaria per presunte «spese pazze» nell’era (Scopelliti) in cui a presiederla era Domenico Barile. È autore di molti saggi e pubblicazioni ma è ricordato anche per aver iniziato (dal 1993 e fino al 1999) l’attività di avvocato nell’Ufficio legale dell’Enel.

Il mentore e la guerra in facoltà

«Ha indubbiamente scritto molto – commenta ancora la nostra anonima fonte – e non metto in dubbio la qualità dei suoi lavori. Ma è altrettanto indiscutibile che nella sua ascesa abbia giocato un ruolo importante l’essere stato allievo di Ciccarello». Sebastiano Ciccarello è il (compianto, è scomparso nel 2017) preside della Facoltà di Giurisprudenza proprio negli anni in cui Gigliotti passa velocemente da ricercatore a professore associato.

L’Università di Catanzaro

A Catanzaro ha insegnato per più di un ventennio. Ha ricoperto l’incarico di direttore di Dipartimento (dal 1989 al 1995) e, appunto, di preside dal 1995 al 2001, anno in cui viene eletto alla guida della facoltà di legge a Reggio, dove è poi confermato anche per il mandato successivo. Ciccarello è espressione di quella “fazione” accademica che nei corridoi dell’ateneo del capoluogo identificano come «messinese», da sempre in contrasto con quella «napoletana» che invece governa il Dipartimento da qualche anno a questa parte. Si tratta di “scuole” potenti, i cui allievi hanno spesso fatto carriere veloci.

Lo sponsor politico

In politica invece su chi sia lo sponsor di Gigliotti non ci sono molti dubbi. Se lo si chiede off the record a diversi parlamentari calabresi del M5S rispondono tutti in coro che per farlo arrivare al Csm è stato decisivo il ruolo di Nicola Morra. Come presidente della Commissione Antimafia, si racconta nel sottobosco grillino locale, Morra ha sempre esercitato una sorta di ultima parola sulle nomine che contano. Ed è sempre riuscito anche ad avere una certa influenza su alcuni gruppi di attivisti che in determinati frangenti possono risultare decisivi nelle votazioni online.

Pare che alcuni deputati pentastellati abbiano provato ad opporsi alla nomina al Csm di Gigliotti. In che modo? Utilizzando le voci, rimaste solo tali, su una sua presunta e mai confermata appartenenza alla massoneria. Sono i mesi in cui nel M5S scoppia il caso del candidato massone Bruno Azzerboni e qualcuno prova a fare leva su quelle dicerie per sbarrare la strada al prof catanzarese. Non c’è però nessuna conferma su quanto sussurrano all’orecchio di Alfonso Bonafede le malelingue istituzionali. Così l’allora ministro si adegua alle indicazioni di Rousseau. Quello scarto di 76 clic entra nella storia della magistratura italiana che, forse, nelle sue pieghe più nascoste è ancora tutta da scrivere.

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