Antefatti
17 marzo 2001, Napoli
Scontri durante il vertice internazionale del Global forum. Violente cariche della polizia in assetto antisommossa, una sessantina di feriti tra i manifestanti che volevano raggiungere piazza del Plebiscito. Quattro mesi prima di Genova, arriva per la prima volta in Italia l’onda lunga partita tra giugno e novembre del 1999 a Colonia e Seattle. Prima la catena umana del movimento Jubilee2000 attorno all’edificio che ospita il G8, poi la protesta dei 50mila in occasione del Wto (Organizzazione mondiale del commercio). In seguito, altri scontri a Praga (settembre 2000, summit Banca mondiale – Fondo monetario internazionale) e Nizza (dicembre 2000, vertice del Consiglio europeo).
Bernard
25-30 gennaio 2001, Porto Alegre
L’anno di Napoli e Genova si era aperto a Porto Alegre (Brasile) negli stessi giorni del Forum economico di Davos (Svizzera): del primo Forum sociale mondiale resterà una frase che farà da slogan per i movimenti a seguire («Un altro mondo è possibile», pronunciata da Bernard Cassen, presidente dell’associazione francese Attac).
Canada
21 aprile 2001, Québec
Centinaia di arresti e decine di feriti dopo gli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti: una barriera di persone circonda l’edificio che ospita il vertice dei capi di Stato riuniti per discutere del progetto di una zona di libero scambio nelle Americhe (Nafta).
Danesi e tedeschi
15 giugno 2001, Göteborg
Ancora scontri tra polizia e attivisti: due feriti gravi tra i 20mila manifestanti accorsi in Svezia (da Danimarca e Germania, soprattutto) per contestare il vertice dei capi di Stato dell’Ue.
Emigrazione
19 luglio 2001, Genova
La prima grande manifestazione del G8 di Genova è per rivendicare i diritti dei migranti: sfilano pacificamente in 50mila, portando l’agenda politica su uno dei temi caldi del movimento.
Ferro
20 luglio 2001, Genova
È la giornata più tragica: scontri dalla mattina, si vedono i black bloc, manganellate e ferimenti, cariche contro i pacifisti della rete Lilliput in piazza Manin (60 feriti) e sul corteo delle tute bianche. In sede processuale si stabilirà che in questo secondo caso alcuni carabinieri hanno agito in modo illegale, senza coordinamento con la centrale operativa e, in qualche caso, con mazze di ferro e armi non di ordinanza.
Giuliani, Carlo
20 luglio 2001, Genova
Le violente cariche in via Tolemaide si spostano tra via Caffa, via Tommaseo e piazza Alimonda. Qui, uno dei due Defender dei carabinieri in ritirata, rimasto senza lacrimogeni e bloccato da un cassonetto della spazzatura, viene attaccato dai manifestanti. Intorno alle 17,40 un carabiniere di 21 anni, Mario Placanica, spara due colpi di pistola, uno dei quali uccide Carlo Giuliani, 23 anni, che ha raccolto un estintore da terra. La camionetta passerà per due volte sul suo corpo prima di lasciare piazza Alimonda.
«Hanno colpito la porta»
notte del 21 luglio nella scuola “A. Diaz”, Genova
«Era mezzanotte e dormivamo nei sacchi a pelo. Hanno colpito la porta gridando: polizia. D’istinto chi si è alzato è scappato di sopra. È stato un errore, certo, ma stavamo tutti dormendo. Ci hanno fatti stendere pancia a terra, hanno rovesciato tutto, spaccato ogni cosa, strappato documenti. Ci insultavano e picchiavano coi manganelli la gente distesa, urlando. Ho visto ragazzine svenire. Uno diceva: attenti che non muoiano. Io sono scappato quando hanno aperto per far uscire il primo massacrato» (testimonianza di Michael Gieser a Concita De Gregorio, La Repubblica, 23 luglio 2001)
Inchiesta No global
14 novembre 2002, Cosenza
A pochi giorni dal festoso e pacifico corteo no global di Firenze, scattano le manette: “Retata no global, venti arresti al sud per cospirazione” titolano i quotidiani nazionali. Il blitz all’una di notte: i reati contestati sono associazione sovversiva, cospirazione politica e attentato agli organi costituzionali dello Stato. Cosenza al centro delle attenzioni mediatiche si prepara a vivere la sua settimana più importante, il movimento pulviscolare e litigioso per definizione si ricompatta attorno ai compagni in carcere. È il giorno in cui papa Wojtyla in parlamento chiede «clemenza per i detenuti» e Lina Sotis parla di «tendenza Cosenza» sul Corriere della Sera, paragonando la città di provincia a una piccola Parigi di cui in tanti non conoscono neanche l’esistenza. Per ironia della sorte, per molti proprio da quel giorno non sarà così.
Liberateli
15 novembre 2002, Cosenza
Assemblea al cinema Italia per chiedere la liberazione degli arrestati: il movimento s’impone alla politica e un mini-corteo spontaneo muove verso il Comune dove è in corso una seduta del Consiglio. L’aula viene occupata e i lavori interrotti con il beneplacito del sindaco Eva Catizone, eletta appena 5 mesi prima. Accogliere i manifestanti sarà un primo modo per schierarsi: sfilerà in corteo e terrà aperte le finestre del Municipio, sempre illuminato, facendo tornare alla mente di molti l’accorato sostegno di Giacomo Mancini – il compianto sindaco che l’ha designata per la successione – dopo i blindati all’Unical di vent’anni prima.
Magistratura democratica
17 novembre 2002, Cosenza
Md nota che gli stessi reati di cospirazione politica contestati ai 18 attivisti meridionali furono usati per incriminare Gelli e Mazzini, o i comunisti durante il Ventennio. I capi d’imputazione sono definiti «retaggio autoritario dell’epoca fascista». Da altri vengono evocati il codice Rocco e il teorema Calogero («il 14 novembre come un nuovo 7 aprile» in riferimento agli arresti del 1979).
Il senatore comunista Francesco Martorelli scrive «L’operazione che ha portato alla cattura di molti giovani si segnala per “un errore di ortografia giudiziaria” e per un “insieme di errori maldestri”, come dice lucidamente, in un articolo sul Manifesto del 19 novembre, il giudice Giuseppe Di Lello. Il dato giudiziario è stato certamente sconvolgente perché espressione di “altra cultura” che si è manifestata in quegli uffici giudiziari. È proprio questa “altra cultura” che ci impensierisce» (Quotidiano della Calabria, 22 novembre 2002).
Intanto, seconda partecipatissima assemblea al cinema Italia: con la delegazione cosentina che ha visitato i detenuti nelle carceri speciali ci sono anche il leader delle tute bianche Luca Casarini (che ai microfoni di Radio Ciroma dirà «spero nel carnevale di Cosenza, è questa la nostra potenza») e don Vitaliano Della Sala, il parroco di Sant’Angelo alla Scala «amico di disobbedienti e comunisti» che sarà poi sospeso a divinis per sei mesi. Quell’assemblea della domenica pomeriggio si chiude con un corale “Bella ciao”.
«Non ci avrete mai…»
22 novembre 2002, Arcavacata di Rende
«… come volete voi». A una settimana dalla prima assemblea spontanea, il Movimento si conta nuovamente e si prepara al mega-corteo dell’indomani. L’ateneo si offre come collettore di storie e volti da tutta Italia. Alimentari e bar della zona offrono convenienti pacchetti take-away per i manifestanti, costo: 3 euro.
Ottantenni
23 novembre 2002, Cosenza
È il giorno dei settantamila in piazza. Immagine simbolo: da un balcone di viale della Repubblica, al passaggio del serpentone, una ultraottantenne sventola una bandiera rossa dalla sua casa popolare del Ventennio. Dai balconi vengono esposte lenzuola bianche e lanciate rose, per strada banchetti con dolci fatti in casa offerti ai manifestanti. L’assessore Franco Piperno ha suggerito di sistemare arance e vino agli angoli delle strade percorse dal corteo (al prefetto dice «il tragitto dev’essere lungo, dobbiamo sfiancarli, mi creda me ne intendo di manifestazioni»).
Qualche commerciante resta aperto, come il compagno Fuccilla, antifascista di lunga data, che vende elettrodomestici a un passo dal Comune, sul corso Mazzini non ancora pedonalizzato; a piazza XI Settembre il bar resta aperto senza problemi: «Tutti gentilissimi, si vede che sono forestieri…». Tornano in piazza le generazioni dei sessantottini, del 77 e del post-riflusso. Slogan: liberi tutti, siamo tutti sovversivi, disobbedire non è reato, il sud è ribelle, Presila sovversiva; si riaffaccia “un altro mondo è possibile” coniato quasi due anni prima a Porto Alegre. «Non avevo mai visto tanta integrazione tra una città e un corteo» (Pietro Fantozzi, docente di sociologia Unical, ai microfoni del tg di La7).
Pinocchio
«Un’operazione contro i no global? Mi si allunga il naso! Mi ha fatto impressione ricevere la notizia, ho fatto un saltello come quelli che fa il mio Pinocchio» (il commento a caldo di Roberto Benigni che mima il suo personaggio, da poco nelle sale).
Qatar
novembre 2001, Doha
Piccolo flashback per riflettere su come, nel frattempo, gli attentati dell’11 settembre 2001 oscurarono i fatti di Genova e l’anno caldo dei movimenti anti-globalizzazione, collocando il terrorismo internazionale in testa alle priorità dell’agenda politica: la nuova assemblea della Wto – ora che il mondo ha iniziato a familiarizzare con un’altra sigla, simile: il Wtc delle Torri Gemelle di Manhattan – si tiene in un luogo lontano mentre «è cambiata la situazione del pianeta, per la comparsa di uno degli effetti più dannosi dell’interdipendenza: il terrorismo globale» (Joaquìn Estefanìa, El Pais, 10 novembre 2001). A due anni esatti dal Wto di Seattle, è come se si fosse chiuso un cerchio.
Ros
«Accade che il Raggruppamento Operazioni Speciali (Ros) dell’Arma dei Carabinieri si convinca che dietro i disordini di Napoli (7 maggio 2001) e di Genova (21 luglio 2002) non ci sia soltanto il distruttivo, nichilistico furore di casseur europei o il violento spontaneismo delle teste matte (e confuse) di casa nostra, ma addirittura un’associazione sovversiva. Concepita l’ipotesi, gli investigatori dell’Arma intercettano, spiano, osservano, pedinano. In assenza di contraddittorio, s’acconciano come vogliono cose, frasi, dialoghi, eventi, luoghi edificando una conveniente e coerente cabala induttiva. È il sistema che più piace agli addetti: “lavorare su materia viva, a mano libera”.
Organizzato il quadro, occorre ora trovare un pubblico ministero che lo prenda sul serio. Alti ufficiali del Ros consegnano il dossier, rilegato in nero, di 980 pagine più 47 di indici e conclusioni ai pubblici ministeri di Genova. Che lo leggono e concludono che “quel lavoro è del tutto inutilizzabile“. Gli investigatori dell’Arma non sono tipi che si scoraggiano. Provano a Torino. Stesso risultato: “Questa roba non serve a niente“. Il dossier viene allora presentano ai pubblici ministeri di Napoli. L’esito non è diverso: il dossier, da un punto di vista penale, è aria fritta. Finalmente gli ufficiali del Ros rintracciano a Cosenza il pubblico ministero Domenico Fiordalisi. Fiordalisi si convince delle buone ragioni dell’Arma dei Carabinieri» (Giuseppe d’Avanzo, la Repubblica, 16 novembre 2002).
Serafini, Alfredo
novembre 2002, Cosenza
Il procuratore capo del tribunale di Cosenza si scaglia contro il vescovo Giuseppe Agostino, lo stesso che nel 1970 aveva aperto ai “Boia chi molla” suoi concittadini e ora difende le ragioni della contestazione no global: «Senza conoscere neanche una delle 27.000 pagine del fascicolo processuale, giudica i soggetti basandosi solo su una loro conoscenza di tipo parrocchiale».
Tortura
1 luglio 2021
Alla vigilia del ventennale dai fatti di Genova, nuove violenze nelle carceri riaprono ferite mai suturate. «Nei confronti di persone inermi tanto alla scuola Diaz quanto nella caserma di Bolzaneto attrezzata a centro provvisorio di detenzione, venne praticata la tortura: pestaggi violentissimi (la “macelleria messicana” descritta dall’allora vicequestore di Genova Michelangelo Fournier), atti crudeli come lo spegnimento di sigarette sui corpi dei detenuti, umiliazioni degradanti» (analisi di Riccardo Noury, Amnesty Italia, sul quotidiano Domani).
Umanità
«Li abbattiamo come vitelli (…) Domate il bestiame» (dalla chat degli agenti della polizia penitenziaria protagonisti delle violenze sui detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020). «Una orribile mattanza» (il gip sull’inchiesta che ha portato a 52 misure cautelari e 110 indagati).
Vedere
14 luglio 2021, Santa Maria Capua Vetere
«Quando si parla di carcere, bisogna aver visto, come ci ricordano le celebri parole di Piero Calamandrei che sapeva bene cosa significasse la vita del carcere. Occorre aver visto. Occorre correggere una visione del diritto penale incentrata solo sul carcere» (Marta Cartabia, ministro della Giustizia, dal discorso pronunciato nel carcere teatro di violenze sui detenuti).
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(Fonti: “Genova 2001”, Internazionale extra n. 15 – estate 2021; “Calabria in prima pagina. Un anno visto dal di dentro – il Quotidiano 10 anni dentro la Calabria”, 2005; “Novembre 2002: le giornate di Cosenza”, speciale Coessenza)