Genova per noi | Il G8 e la Calabria, vent’anni dopo

Dopo il summit internazionale nella città ligure, numerosi calabresi finirono sotto processo con l'accusa di aver attentato alla nazione. Tutti assolti con formula piena, ma in una società ancora legata ai problemi del 2001

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Non ha mai smesso di viaggiare il treno che in quel luglio 2001 da Genova ci riportò in Calabria dopo il G8. Un elastico invisibile ci lega a quelle giornate. Con Gianfranco Tallarico rendemmo omaggio alla lapide per Carlo Giuliani nel primo anniversario. Pochi mesi dopo, ci arrestarono con l’accusa d’aver cospirato, sovvertito, impedito al Governo l’esercizio delle sue funzioni, ostacolato la globalizzazione dei mercati.

Dal G8 di Genova al tribunale di Cosenza

Nel 2001 Gianfranco assisteva i bambini disabili. Dopo le manette, perse il lavoro. In seguito fu prosciolto in fase preliminare. Adesso è istruttore di pugilato, plurilaureato, s’è costruito una palestra con le sue mani. Educa i ragazzi di quartiere al rispetto, coadiuva la riabilitazione delle persone disabili. Anch’io per 15 giorni fui sospeso dall’insegnamento. Ma la mia scuola di Lauropoli impose al Ministero di richiamarmi subito in servizio. A Cosenza 50mila persone manifestarono per chiedere la nostra liberazione. Nei tre gradi del lungo processo, fummo tutti assolti con formula piena.

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L’ingresso del tribunale di Cosenza

Nel processo il compianto avvocato Giuseppe Mazzotta, sarcastico, propose la convocazione in aula, come persone informate sui fatti, degli “otto grandi della Terra”. George Bush incluso. Il Pm non si oppose. È letteratura il controesame in corte d’Assise a Cosenza del teste d’accusa Spartaco Mortola, dirigente Digos nei giorni di Genova. L’avvocato Maurizio Nucci gli mostrò le immagini delle cariche dei carabinieri su corso Torino. E il poliziotto: «Quello fu un comportamento criminale».

Uno specchio elastico lega il G8 di Genova ai due decenni successivi; non c’è istante di quelle giornate che non riverberi nel presente. La sequenza dell’assalto al carcere di Marassi di allora, se rivista, si riflette nei filmati di oggi sulla polizia penitenziaria che infierisce sui detenuti a Santa Maria Capua Vetere.

Le vite parallele

Hanno fatto carriera, senza separazione, le persone che ci arrestarono. Nadia Plastina era Gip, oggi fa il Pm; Domenico Fiordalisi era pm, adesso consigliere in Cassazione. La sua inchiesta costò allo Stato almeno tre milioni di euro. Polizia e Ros dei Carabinieri lavorarono in tandem. Tonino Gentile propose in Senato promozioni per loro. Il Ros ha poi vissuto momenti bui: sentenze del 2018 lo incastrano nella trattativa Stato-mafia negli anni di Falcone e Borsellino. L’ex senatore Gentile ha ottenuto più di un sottosegretariato prima di finire invischiato, da esterno al processo, nella vicenda Oragate e allontanarsi dai palcoscenici politici più in vista. La Procura di Cosenza è retta dai discepoli di chi la resse 20 anni fa.

Oscar Greco, studioso di storia contemporanea, era in quei giorni nella città della Lanterna: «Rappresentarono insieme l’ultimo capitolo del ‘900 e il primo del secolo entrante». Abilitato all’insegnamento da associato, avendo rifiutato le clientele baronali nell’Università della Calabria, dopo tanti anni di gavetta oggi Oscar si ritrova senza cattedra.

Francesco Cirillo si presentò in piazza con la valigia in cartone, emblema del sud migrante e ribelle ai diktat neoliberisti. Anche Francesco sarà arrestato e poi assolto. In questi 20 anni ha confezionato succosi romanzi, accompagnando con gioia gli squarci di ribellione in Calabria: manifestazioni in difesa dei beni comuni, onda studentesca, rivolta dei braccianti neri a Rosarno, occupazioni di case, movimenti femministi, mobilitazioni per la sanità pubblica. Tutti sogni concreti che già a Genova presero fiato ma furono respinti da gas tossici, proiettili, torture, manette.

Il sesto senso del reggino Mimmo Tramontana ci salvò dalla mattanza. Per sfuggire agli agguati a freddo che le varie polizie stavano perpetrando sui manifestanti in uscita da Genova, l’ultima sera fummo tentati di fermarci a dormire nella scuola Diaz. E Mimmo: «Compa’, andiamocene da qui. C’è un’aria che non mi piace» Oggi, col Consorzio Equosud, da lui fondato, guida i forestieri sui sentieri narranti d’Aspromonte ed esporta prodotti alimentari calabresi, liberi da sfruttamento del lavoro, acquistabili nei mercatini solidali dell’Italia centrale.

Tra gli anti-G8 del sud, anch’egli arrestato e poi assolto, c’era pure Michele Santagata. Adesso fa il giornalista. Di recente, un istante dopo aver subito un pestaggio mafioso che avrebbe voluto tarpargli la penna, ha smascherato i suoi aggressori avvalendosi del quarto potere nel web.

La ragione dei vinti

Oltre al settantasettino slogan “vogliamo tutto”, il movimento del 2001 ebbe l’inedita attitudine a proporre. Abolire i brevetti su farmaci e vaccini, tassare i profitti delle multinazionali: oggi siffatte rivendicazioni sono condivise dall’intera umanità. Dopo aver vissuto quelle giornate, qualsiasi partecipazione al gioco della rappresentanza, magari entrando nelle istituzioni, per molti di noi è divenuta improponibile. Ne ha approfittato Beppe Grillo, riciclando quei temi per catalizzare consenso e farsi Stato. Noi abbiamo perso, sì. Eppure è opinione quasi unanime che avessimo ragione. È raro, ma capita pure che siano gli sconfitti a scrivere la propria storia.

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