Chi ricorda quella vignetta di Altan che parlando della rivoluzione diceva: «Tutti la vogliono, ma nessuno la fa»? Ecco, la città unica Cosenza – Rende – Castrolibero è come la rivoluzione, una cosa di cui tutti parlano, ma nessuno realizza. Anzi, di più: è una creatura mitologica che ogni tanto viene evocata come una promessa, oppure una minaccia. L’ultima, in ordine di tempo, ad invocarla è stata la consigliera leghista Simona Loizzo, che ha annunciato una proposta di legge per favorire l’unione tra Cosenza a Rende.
In realtà la Regione Calabria una legge di questa natura ce l’avrebbe già, «solo che non l’ha mai applicata», spiega Walter Nocito, docente di Diritto pubblico all’Unical.
Quella legge per la verità è piuttosto vecchia. Risale al 2006, assai prima della Delrio e dei provvedimenti finanziari del 2014 che su base nazionale favorivano con incentivi l’unione dei comuni. Quindi, a ben guardare, forse è meglio lasciarla nella polvere dove è rimasta tutto questo tempo.
Manna: il cosentino che tifa Rende
A restare moderna è invece l’idea di unificare Cosenza, Rende e Castrolibero, di cui si parla sin da quando Mancini e Sandro Principe ragionavano sull’unire le due realtà urbane, che peraltro non conoscono discontinuità urbanistica.
Ad impedire reali passaggi di unificazione furono i tempi non maturi, ma pure un marcato campanilismo che separava le due comunità. E se qualcuno immagina che quell’antica diffidenza sia stemperata si sbaglia alla grande. Il sindaco di Rende, Marcello Manna, ci tiene a precisare che «sul cammino ci sono delle difficoltà».
«Cosenza nel processo di fusione non può pesare come capoluogo, ma deve rispettare le altre identità», spiega con fermezza Manna. Già in un recente passato, davanti alla delibera della giunta guidata da Mario Occhiuto che affermava che la nuova realtà urbana si sarebbe chiamata Cosenza, aveva annunciato barricate. Ci sarebbe da ragionare sul possibile strazio psicologico di chi come Manna è cosentino doc ma anche sindaco della città vicina e che in virtù di questo suo ruolo innalza lo stendardo del campanilismo con lo stesso vigore che fu del rendesissimo Sandro Principe, quando dovendo immaginare un nome per la nuova città, partorì l’acronimo CoRe, dalle iniziali di Cosenza e Rende, dimenticando Castrolibero. O, forse, considerando che CoReCa sarebbe stato un po’ comico e vagamente balneare.
La città unica di Caruso con Presila e Savuto
Franz Caruso da parte sua, oltre a rivendicare una parte importante di questo progetto nella campagna elettorale che lo ha portato a diventare sindaco, intende difendere con forza il ruolo e l’importanza di Cosenza come capoluogo e come realtà regionale. «Nessuna volontà egemonica – assicura il sindaco di Cosenza – ma semplicemente il riconoscimento di una storia e di un peso. La nuova città non potrebbe mai chiamarsi Cosenza–Rende, come è avvenuto per Corigliano-Rossano».
A dividere i due sindaci è pure un aspetto strategico: dove far nascere il nuovo ospedale, che Manna vorrebbe vicino all’Università, idea cui Caruso è contrario. Entrambi invece convergono sull’idea di procedere per piccoli passi. Caruso guarda ad una associazione tra comuni. Pensa a un’area piuttosto vasta, in grado di coinvolgere le Serre cosentine, Mendicino, la Presila, fino addirittura a Rogliano, con i cui sindaci sta già svolgendo incontri. «Il compito che Cosenza deve svolgere in questo processo – spiega Caruso – è quello di motore di sviluppo di un’area vasta oltre la semplice area urbana, un ruolo dominante, come è fisiologico che sia e il nome di tale associazione potrebbe essere Città Bruzia».
Tutti vogliono la città unica senza i debiti degli altri
Parole che forse non piaceranno a Manna, che però condivide l’idea dell’associazione tra comuni come sorta di prova generale prima di un’unificazione formale. Senza dimenticare, però, le differenti condizioni di bilancio, perché «dobbiamo capire come si grava con i propri debiti sulla nuova realtà urbana».
Il riferimento è al catastrofico dissesto ereditato da Caruso, ma non si deve sottacere che le finanze di Rende appaiono pure esse non solidissime. Sul piano finanziario meglio di tutti sta Castrolibero, il cui sindaco Giovanni Greco appoggia l’idea di una associazione tra comuni, spiegando che la conurbazione è già nei fatti. «Era il 2016 quando il nostro comune dichiarò di essere pronto ad avviare quanto necessario per realizzare la città unica», spiega il sindaco. Aggiunge, però, che esistono dei passaggi propedeutici per favorire il processo ed evitare gli errori emersi dall’unificazione tra Rossano e Corigliano, «che hanno ancora due piani regolatori e due sistemi di tributi».
L’esempio non proprio virtuoso di Corigliano-Rossano
Si potrebbe pensare che le condizioni delle casse comunali e quindi dei tributi pagati dai cittadini potrebbero essere un problema. Invece no, almeno nell’immediato. Come spiega Maria Nardo, docente Unical di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, «i comuni che si fondono possono, per la durata di cinque anni, mantenere gli stessi tributi precedenti alla fusione». Dunque all’inizio non cambierebbe nulla per i cittadini, immaginando che cinque anni siano sufficienti per riparare i danni di bilancio portati in dote nello sposalizio.
Tuttavia è chiaro che, come avviene nelle aziende, gli attivi e passivi una volta uniti finiscono per spalmarsi su tutta la comunità. I vantaggi però sono notevoli, visto che «i trasferimenti aumentano di oltre il 60%». La professoressa Nardo tuttavia avvisa che non è un cammino agevole. Per questo «è necessario realizzare un accurato piano di fattibilità che proietti avanti nel tempo le conseguenze di una eventuale unificazione», cosa che per esempio, non risulta che sia stata fatta per Corigliano–Rossano.
Sulla stessa linea torna Walter Nocito, che ricorda come «oltre al piano di fattibilità serve uno Statuto provvisorio che preceda il referendum cui saranno chiamati i cittadini». E questo è l’ultimo vero ostacolo, visto che è la Giunta regionale a decidere quale sia la maggioranza di cui tenere conto, cioè la somma totale dei cittadini chiamati al voto o le singole realtà comunali consultate. Che vuol dire decidere se ci si unisce o no.