Cristo si era già fermato a Cavallerizzo, una piccola Vajont senza morti. La provocazione è di Fabio Ietto, geologo e professore dell’Università della Calabria. Era il 2005 quando una frana ha colpito una parte del piccolo centro arbëresh nel comune di Cerzeto.
Da allora il paese è stato sfollato, la comunità sradicata e delocalizzata nella New town costruita in località Pianette, senza Valutazione di impatto ambientale. «Abusiva», così hanno sempre gridato gli attivisti di Cavallerizzo Vive. Erano i tempi della Protezione civile targata Guido Bertolaso. A dicembre questo non-luogo compie 10 anni.
Cavallerizzo non è scivolato a valle
Le case sventrate non mostrano segni di cambiamento, di scivolamento. Tutto come prima. Troppo come prima. Il centro storico è stato quasi ignorato dallo smottamento. Il paese ha resistito, diventando uno dei set di Arbëria, audiovisivo finanziato dalla Calabria Film Commission. Di altri crolli nessuna traccia in vista. Di porte chiuse e imposte abbassate sì, tra le strade dove l’erba ha preso il sopravvento. Nella piazza principale senti solo cani abbaiare e il vento in sottofondo. L’insegna del bar “San Giorgio” appesa al muro e sotto una saracinesca arrugginita. Un classico dei luoghi abbandonati, a tratti pensi a Prypyat, la città fantasma vicina a Chernobyl.
La piccola Vajont
Il professore Fabio Ietto non è solo il consulente di Cavallerizzo Vive (Kajverici Rron nella lingua arbëreshë), associazione che si batte per la rinascita del paese. Viene spesso quaggiù, «a mangiare con chi resiste». La condivisione del cibo per ricostruire un pezzo di storia della comunità ormai frantumato. Spiega perché parlare di piccola Vajont ha un senso: «Una condotta interrata dell’acquedotto Abatemarco passava da qui, 400 litri di acqua al secondo all’interno di un corpo di frana dichiarato attivo». In giro non è difficile ascoltare la stessa versione dei fatti: i contatori correvano molto di più e troppo rispetto alle altre frazioni. Un consumo anomalo.
Non è possibile stabilire adesso se la frana abbia provocato la rottura o viceversa. L’ennesima stranezza calabrese è una condotta non costruita all’esterno in modo da verificarne eventuali perdite in una zona ad alto rischio idrogeologico.
In entrambi i casi, e vista la natura del sottosuolo, l’acqua ha giocato un ruolo importante. Il professore ne è certo. «Una piccola Vajont, un disastro annunciato». Per fortuna senza morti in questo pezzo di Calabria.
Non solo a Cavallerizzo si muove la terra
C’è il rischio che la terra si muova persino vicino alla New Town. E il professore Ietto si chiede: «Perché hanno puntato sul nuovo sito invece di recuperare quell’11,5 % circa franato a Cavallerizzo?». I soldi spesi dal Governo Berlusconi di allora non sono stati pochi: 72 milioni di euro. Potevano essere destinati al paese poi abbandonato. Serviva pazienza e rispetto per chi da un giorno all’altro è stato sbattuto fuori casa. Invece, ancora una volta ha vinto la strategia dell’emergenza poi messa in atto compiutamente a L’Aquila.
Quella di Kajverici è una lunga storia finita pure a carte bollate grazie alla voglia di non mollare dell’associazione Cavallerizzo Vive. Che aveva ragione. Mancava la Valutazione di impatto ambientale della New town. Era abusiva. Una vicenda formalmente chiusa nel 2019 quando è arrivata la assoggettabilità a Via da parte della Regione Calabria. Con una serie di indicazioni per mitigare il rischio attraverso interventi mirati. Altri soldi pubblici spesi. I lavori sono stati già consegnati alla ditta – precisa il sindaco Rizzo – e si concluderanno in poco tempo.
Agenzia immobiliare New town
Il vecchio cede il passo al nuovo. C’è voglia di lasciarsi alle spalle questo capitolo. Il primo cittadino di Cerzeto, Giuseppe Rizzo, in quelle abitazioni tutte uguali non trova alienazione. Ma un posto che ha mercato. A buon mercato: «Dove la trovi una casa di tre piani a 50mila euro con metano, aria pulita e km 0?».
Nei panni di agente immobiliare cerca di convincerci sul perché delle giovani coppie scelgono di abitare nella New town. Sono venti circa e alcune hanno scelto di trasferirsi dai paesi limitrofi.
Rizzo non era primo cittadino quando costruirono il nuovo paese. Oggi cerca di cambiare la narrazione, sostenendo addirittura: «C’è poesia nelle New Town». Il resto della conversazione è un continuo tentativo di guardare oltre Cavallerizzo che, invece, diventerà sede nazionale delle esercitazioni dei vigili del fuoco. Magra consolazione per chi vorrebbe tornare ad abitare in quel posto.
Liliana non lascerà mai Cavallerizzo
Qualche centinaia di metri in linea d’aria più in alto restano segnali di vita nella vecchia Cavallerizzo. Quando tutti gli abitanti hanno obbedito allo sgombero, una cosentina di via Panebianco non ha abbandonato la sua casa. Liliana Bianco ha passato una vita laggiù con il marito morto da poco. La corrente elettrica arriva grazie a due generatori – dice -. Non è sola, c’è un figlio a cui donare il resto dei suoi anni. A proteggerla un piccolo esercito di cani. È diventata un simbolo di resistenza.
Le lacrime di Silvio
Non lontano Silvio Modotto, come ogni giorno, arriva da Cerzeto e coltiva il suo orto, apre la sua casa, beve il suo vino. Malvasia e Aglianico animano questo blend aspro, come lo sono i rossi fatti in casa. Discute con il cugino tornato dall’Inghilterra dopo la pensione. Storie di ritorno e radici alternando bicchieri undici al litro. E lacrime. Perché Silvio, vigile urbano in pensione, piange. Senza la sua piccola patria e senza più ragazzi con la voglia di cambiare lo stato delle cose. Quantomeno provarci. È pure un fatto anagrafico. Nella maggior parte dei casi non erano nemmeno nati nel 2005 e oggi sono troppo giovani per sentire nostalgia.
Mani ruvide e voglia di continuare come se non fosse successo nulla, Silvio indica la chiesa rimasta intatta e senza fedeli. Ricorda la festa di San Giorgio: «Venivano da tutte le parti».
Adesso l’unico a raggiungere Cavallerizzo è l’autore del murales sulla linea della frana. Quel Cristo in cima al Golgota della memoria di una comunità presa a calci e dimenticata.