Era una regina del Tirreno, bella e capricciosa. Dal dopoguerra ai primi anni ’80, quando Paola e Torremezzo ne presero il posto, Amantea era anche la spiaggia dei cosentini, che vi arrivavano in tre quarti d’ora attraverso la vecchia, scassatissima “via del mare”, che passa per Potame, alle pendici del Monte Cocuzzo. Ancora: Amantea, specie negli anni ’70, era piuttosto “avanti”: parrebbe che Coreca, al riguardo, vanti il primato dei primi topless, esibiti con generosità, va da sé, dalle “forastìere”.
La mafia? C’era senz’altro, ma era poca cosa: fece giusto scalpore, il 13 maggio 1981, il triplice omicidio di Francesco Africano, Emanuele Osso e Domenico Petrungaro, avvenuto nel contesto – particolarmente tragico – della guerra tra i clan Perna-Pranno e Pino-Sena.
Ma il grasso colava e copriva molte cose, comprese alcune forme di sviluppo urbanistico, iniziate prima della “legge Galasso” ma che dopo sarebbero state censurate, più che dagli uomini dalla natura: ci si riferisce al lungomare, costruito attorno alla vecchia “rotonda”, e all’urbanizzazione della costa nei pressi della foce del fiume Oliva e di Campora San Giovanni. Su queste opere, va detto, sarebbe piombata la vendetta del mare, nella duplice forma delle ondate e dell’erosione, che, in particolare, ha divorato un bel tratto della scogliera di Coreca.
Ma il presente di Amantea va oltre le peggiori dietrologie. La regina, dopo essere stata detronizzata, ha le rughe.
Le rughe della regina
Queste rughe sanno più di malattia che di fisiologico invecchiamento. Lo rivela il decreto con cui, il 30 giugno 2021, la Presidenza della Repubblica ha deciso di prorogare su indicazione del prefetto di Cosenza, il commissariamento della cittadina tirrenica.
Un dato colpisce in maniera particolare: insediatisi nel 2020, i commissari prefettizi erano riusciti sì e no ad approvare i rendiconti del 2016 e del 2017, relativi cioè all’ultima fase dell’amministrazione Sabatino, e si redigono tuttora i rendiconti del biennio successivo.
I risultati di questa prima, importante attività finanziaria sono già micidiali: certificano un debito che oscilla tra i 27 e i 30 milioni di euro. Su scala, queste cifre ricordano non poco il dissesto di Cosenza. Vediamo come.
Amantea, che ha circa 13mila e rotti abitanti, dovrebbe pareggiare il Bilancio con più o meno 12 milioni di euro. Ciò basta a far capire come il debito, gestibile o fisiologico in città più grandi, possa risultare micidiale e quindi ripiombare la città nel dissesto.
Il problema, come per il capoluogo, è soprattutto il mancato incasso dei tributi comunali, relativi alla rete idrica, alla Tari e alla Tasi, che sfiora percentuali da capogiro, che si attestano attorno al 60%.
Ma c’è di peggio: molti esercenti e residenti non ricevono le tasse da circa due anni e tutto lascia pensare che il default, il secondo in meno di 10 anni sia un’ipotesi quasi certa.
Di fronte a questo disastro, la ’ndrangheta, che pure c’è e condiziona tantissimo, potrebbe non essere il male principale.
Tutto mafia è?
La prima emersione giudiziaria dei retroscena amanteani è nell’ordinanza di “Omnia”, la maxi operazione antimafia condotta nel 2007 dalla Dda contro i Forastefano di Cassano. Cosa curiosa per un’inchiesta gestita dai Carabinieri del Ros, il nome di Franco La Rupa, all’epoca dei fatti (2005) sindaco di Amantea, vi appare grazie a una velina della Digos, che lo tampinava da tempo: secondo i poliziotti, La Rupa trescava con Antonio Forastefano, detto “il Diavolo”, per ottenerne l’appoggio nelle Amministrative regionali a cui partecipava in quota Udeur.
In seguito alle accuse di Omnia, La Rupa finì in galera e subì un procedimento che, tra vicende alterne, è terminato nel 2018 con la sua condanna definitiva a cui è seguita l’interdizione dai pubblici uffici e l’applicazione della sorveglianza speciale.
I problemi di La Rupa non finiscono qui: nel 2007 l’ex sindaco finì in un altro guaio grosso, assieme a un suo ex sodale, Tommaso Signorelli, suo compagno di avventura fino al 2004. Ci si riferisce all’operazione “Nepetia”, in cui era emersa l’eccessiva vicinanza dei due amministratori al boss Tommaso Gentile.
Per amor di verità, occorre ricordare che La Rupa e Signorelli sono risultati prosciolti dal processo Nepetia. Ma ciò non è bastato, evidentemente, al Prefetto e alla Commissione d’accesso, che menzionano i due a più riprese nella relazione inviata al ministro dell’Interno sulla base di un assunto: la loro vicinanza ai clan resterebbe comunque provata, anche a dispetto delle assoluzioni. Di più: a dispetto degli “omissis” La Rupa e Signorelli restano riconoscibilissimi, anche perché i loro nomi sono associati alle ultime elezioni amministrative, svoltesi nel 2017, in cui entrambi hanno avuto ruoli di primo piano. Signorelli come candidato sindaco e La Rupa come organizzatore della lista civica di Mario Pizzino, risultato vincitore e poi commissariato.
Lo diciamo con tutto il garantismo possibile: quando la polvere è troppa, non la si può più nascondere.
Il disastro che viene dal passato
A settembre è franata una strada che collega il centro storico di Amantea alla marina. E non è stato possibile intervenire in alcun modo, anche perché il municipio era già con le pezze al sedere: sono rimasti otto funzionari, tre dei quali prossimi alla pensione e uno “a scavalco”, cioè che lavora non solo per Amantea. Il grosso dei servizi è appaltato, inoltre, a cooperative e aziende esterne e i fondi scarseggiano.
Il grande buco finanziario emerge tra il 2016 e il 2017, quando salta la maggioranza della sindaca Monica Sabatino, sostenuta dal Pd e vicina a Enza Bruno Bossio, e il Comune finisce in commissariamento.
La sindaca Sabatino, tra l’altro figlia dello storico ragioniere del municipio, non presenta la relazione finale del suo mandato. Ciò spiega il successivo immobilismo di Pizzino, che scarica agevolmente ogni responsabilità sui predecessori. E spiega come mai i conti di Amantea somiglino un po’ troppo a quelli dell’Asp di Reggio Calabria. Cioè risultino misteriosi e, in buona parte “orali”. Ma il disastro risulta enorme e ha più responsabili. Soprattutto, non può essere imputato alla sola Sabatino e al solo Pizzino.
Occorre un ulteriore passo indietro. Cioè al dramma politico e alla tragedia umana di Franco Tonnara.
Morire col tricolore
Tonnara è il classico sindaco del “dopo”. È stato l’amministratore che si è dovuto far carico del post La Rupa. Proveniente anche lui dalla Dc, Franco Tonnara si candida nel 2006 contro una coalizione guidata dal superbig ex scudocrociato Mario Pirillo e da La Rupa. Vince ma paga dazio: nella sua giunta c’è Tommaso Signorelli, già sodale dell’ex sindaco. Come già accennato, Signorelli finisce nell’inchiesta Nepetia e il Comune subisce lo scioglimento nel 2008.
Per fortuna dura poco: l’anno successivo Tonnara e i suoi vincono il ricorso al Consiglio di Stato e vengono reintegrati con tante scuse e un cospicuo risarcimento. La giunta Tonnara si ripresenta nel 2011 e rivince a man bassa. Ma l’ebrezza dura poco, perché il sindaco muore poco dopo di un brutto tumore allo stomaco e Amantea torna al voto nel 2014, dopo tre anni di reggenza del vicesindaco Michele Vadacchino. Vince la Sabatino e tutto il resto è storia nota. O quasi.
Coppole e debiti
Potrebbe essere una scena degna di un film di Cetto La Qualunque: durante la campagna elettorale del 2017, Pizzino ringrazia dal palco Franco La Rupa. La Rupa, spiega la relazione del prefetto, si sarebbe dato dato un gran da fare per organizzare la lista che porta Pizzino alla vittoria. Anzi, si è dato da fare un po’ troppo: la lista si chiama “Azzurra”, proprio come le liste che ha organizzato nei suoi anni d’oro. Ancora: nell’aiutare a compilarla, l’ex sindaco non sarebbe andato troppo per il sottile. Infatti, pende a suo carico un’inchiesta per intimidazione, in cui è rimasto coinvolto anche Marcello Socievole, un consigliere di maggioranza costretto alle dimissioni nel 2018.
Tuttavia, questi non sono i problemi principali, perché, come si apprende ancora dalla relazione del Prefetto, il Bilancio resta un’entità virtuale e il Comune continua a non incassare. In particolare, varie aziende e cooperative non pagano i tributi. A scavare un po’ più a fondo, ci si accorge che in alcune di queste lavorano o hanno ruoli importanti persone imparentate con i boss di Amantea e altri personaggi, legati a loro volta ai clan di Lamezia e Gioia Tauro.
Non è il caso di approfondire oltre, perché si rischia di scrivere intere pagine di storia criminale. Che però non basterebbero a spiegare perché una cittadina una volta ricca e aperta sia finita in un declino così profondo e, probabilmente, con poche vie d’uscita.
La ex regina si prepara al voto per la prossima primavera. Ancora non è dato capire chi si sacrificherà per sanare un disastro nato in lire a fine ’90 e poi esploso in euro.
Nel frattempo, il territorio è presidiato in continuazione dai Carabinieri ed è pieno di poliziotti in borghese. Come se non bastasse, gli elicotteri dell’Arma sorvolano di continuo la città, che sembra vivere un paradossale coprifuoco.
Gli anni ’80 sono lontani e irrecuperabili. Ma, in queste condizioni, anche la normalità sembra un miraggio.