Se da giocatore il tennis non ti concede errori da spettatore è un museo senza tempo, un mondo che puoi mettere in pause (“ll“) e far ripartire con un ticket anno dopo anno. Wimbledon 2023 non cambia vestito ma toglie certezze e riferimenti ad una platea da anni divisa nelle tifoserie dai semidei che hanno riscriscritto l’era open dal 2001 ad oggi.

Roger Federer come Apollo figlio di Zeus, continua a splendere senza scendere più nell’arena. Rafa Nadal al pari di Eracle ha momentaneamente dismesso la pelle di leone ma noi tutti speriamo di rivederlo ruggire sui campi regalandoci quelle epiche battaglie per conquistare il posto più in alto nella storia del tennis, King of slam. Novak Djokovic da numero 1 sembra quasi uno zio che gioca con i nipoti emergenti, continuando a insegnare loro come si diventa campioni.
Tra questi spicca per talento ed empatia un Danil Medvedev che strizza l’occhio alla storia nella speranza di costruirsi un futuro da quinto semidio. L’erba di Wimbledon ovatta i rimbalzi e l’umore di chi come me accarezza l’idea di accedere ad un paradiso dove le linee sono di gesso ed i Campi Elisi un tennis club dove udire i racconti e gli aneddoti infiniti di questo mondo intorno ad una palla gialla fluttuante ed armonica.
Campo Numero 1 ore 13:15: la folla acclama un Medvedev che al pari di Hermes si muove ad una velocità ed un ritmo insostenibile per 5 set. Il suo avversario Marton Fucsovic lo sa bene che rivivrà le emozioni di Ettore davanti le mura di Troia e dopo aver vinto il primo set da gladiatore troverà devastante per il suo fisico mantenere quei ritmi pur regalando al pubblico la bellezza di un tennis completo e senza tempo, fatto di serve&volley, rovesci in backspin, tuffi sotto rete e bellissimi cambi di ritmo. Finisce 3 set a 1 per il russo, ma il pubblico in piedi acclama Marton che con onore lascia il campo tra applausi e pochi rimpianti.
Era dagli Europei della nostra amata nazionale di calcio che non provavo la tensione che tutti noi italiani conosciamo bene, allorché scende in campo Matteo Berrettini contro Alexander Zverev. Si prospetta uno scontro tra titani fatto di diritti e servizi simili alle saette di Zeus e alle martellate del Mjöllnir di Thor. Un Match dove gli italiani sugli spalti hanno perso la voce per incoraggiare un Matteo che vuole tornare in alto e che vincendo quei pochi punti che contano, quei mini-break nei tie-break porta a casa un quarto turno che ha di nuovo il sapore della storia di Wimbledon a cui ci ha abituato. Ora è tempo di lasciarvi perché un buon Pimm’s on the hill mi aspetta al tramonto, e vi assicuro il più suggestivo a cui un tennista può e deve assistere.
Goodbye friends.
Fabio Aloe
maestro di tennis