Ucraina e Russia: le comunità della Calabria tra paure e voglia di pace

Padre Cirillo ha lasciato Paola e il convento per star vicino a sua madre in patria e ora osserva il cielo in fiamme dalla sua finestra. Inna, Katia ed Elena si impegnano per supportare famiglie e amici, provano a far prevalere la fratellanza sulle divisioni. Tutti sperano in una soluzione senza altre vittime

Condividi

Recenti

«Purtroppo sentiamo le bombe, perché qui siamo a circa 200 chilometri da Kiev». Padre Cirillo parla in maniera pacata, ma la voce tradisce l’emozione del testimone oculare di una grande tragedia: il primo atto militare su grande scala della Russia in territorio europeo dai tempi dell’invasione di Praga.

Padre Cirillo è un testimone prezioso per più motivi. Innanzitutto, perché proviene da Vinnycja, una cittadina a sudovest dell’Ucraina, non troppo distante dal confine e quindi particolarmente interessata dai flussi dei profughi, che la attraversano come una fiumana incessante. Il video che vedete poche righe più su è girato dalla sua finestra, quello alla fine del paragrafo mostra come si passa la notte da quelle parti.

padre-cirillo-russia-ucraina
Padre Cirillo

In seconda battuta, la testimonianza di padre Cirillo ha il valore dell’assoluta imparzialità del religioso, che mette da parte le questioni politiche e aspira soltanto alla pace.
Infine, Padre Cirillo è una persona che vive a cavallo tra due paesi, l’Ucraina – dov’è nato e dove si trova da dicembre per assistere la madre ammalata – e l’Italia. Anzi, la Calabria, visto che il religioso fa parte dei minimi di San Francesco di Paola.

Testimone dall’Ucraina

Proprio grazie a questo ruolo, il padre minimo raccoglie le preoccupazioni dei suoi connazionali in Calabria e dei loro parenti rimasti in patria a subire o a fronteggiare l’invasione russa. Cerca di rassicurare tutti, con un racconto imparziale.
«Le persone hanno iniziato ad andar via anche da qui, ora che sono iniziati i bombardamenti». Certo, la situazione non è paragonabile a quel che succede nei centri più grandi e nella capitale, ma ormai anche le province sono a rischio. «Molti passano la notte nei sotterranei e tutti facciamo i conti con le carenze nelle forniture idriche ed elettriche». E ancora: «Finora Vinnycja è stata risparmiata, ma non escludo che a breve potremmo subire anche noi l’occupazione militare». Con rischi che salirebbero alle stelle per tutti, specie se dalle operazioni “convenzionali” si dovesse passare alle tattiche, ben più sanguinose, della guerriglia.

Il racconto di Inna

Inna Stets vive a Cosenza da oltre dieci anni ed è una pittrice molto apprezzata. È originaria di Khmelnistkiy, una città turistica vicina a Vinnycja, dove ha lasciato la maggior parte dei suoi parenti. A partire dal fratello e dai nipoti.
La sua testimonianza è meno imparziale di quella di padre Cirillo. Tuttavia, Inna non considera i russi dei nemici. Anzi: «Non sarebbe giusto far pagare a tutto il popolo russo le responsabilità della politica di Putin, perché loro sono vittime come noi». Sia nella loro madrepatria sia in Ucraina, dove la situazione “etnica” è più complessa di come la raccontano i nostri media e, soprattutto, di come filtra dalle propagande contrapposte. «Noi e i russi siamo popoli fratelli, perché ci sono molte famiglie miste: io stessa ho cugini di origine russa che parlano il russo normalmente e ho paura anche per loro».

inna-stets-ucraina
Inna Stets

Già: non si può mai sapere a quali conseguenze può portare la spirale dell’odio attivata «per semplici motivi di potere e di avidità». L’accusa a Putin («è un dittatore») è scontata. Molto meno la preoccupazione umanitaria per il popolo “fratello”: «Vedere tutti quei ragazzi mandati a combattere, e a morire, nel mio paese mi ha stretto il cuore. Ognuno di loro ha delle madri, delle mogli, dei figli che tremano per loro e forse li piangeranno come in molti facciamo per i nostri». E i calabresi? «Ho avvertito molta solidarietà e vicinanza dai cosentini, che fanno il possibile per aiutare la nostra comunità in questo momento difficile».
Più particolare il rapporto coi russi che vivono a Cosenza: «Ho varie amiche russe, con le quali non ho mai avuto motivi di lite. Ma ora registro il loro silenzio e la loro assenza: alla manifestazione per la pace che si è svolta a Cosenza non ne ho vista nessuna».

Russia e Ucraina, due comunità a confronto

Quella ucraina è la comunità di stranieri residenti dell’Est europeo più numerosa, in Calabria. In tutto, sono 5.720, con una maggioranza schiacciante di donne (4.304). La concentrazione maggiore è nella provincia di Cosenza, dove le donne sono 1.349 e gli uomini 435.
Decisamente minore la comunità russa, che conta 1.017 residenti in tutta la regione, con un rapporto tra donne e uomini ancora più sbilanciato: 852 contro 165. A Cosenza sono 468 (389 donne e 79 uomini).
I loro riferimenti in città sono innanzitutto religiosi: gli ucraini si ritrovano attorno alla chiesa di San Nicola, dove seguono le funzioni religiose prevalentemente in rito greco bizantino; i russi, invece, nella chiesetta vicina a Loreto, dove seguono la liturgia ortodossa.

Katia e il nazionalismo

Katia Nykolyn, originaria di Leopoli, è tra le animatrici di un gruppo di attivisti che, in collaborazione con la Caritas Migrantes e con la Croce Rossa, raccoglie beni di prima necessità, medicine e soldi da inviare ai familiari rimasti in patria.
L’ultima spedizione è stata piuttosto importante: oltre trenta pacchi, più 1.200 euro, raccolti tra connazionali ma soprattutto tra i cosentini. «Ho ricevuto tantissime telefonate dai calabresi, che sono riusciti a commuovermi». Ma la solidarietà non riesce a calmare la preoccupazione: «A Leopoli ci sono mio figlio Bogdan, mia nuora e la mia nipotina di sei anni». Nei confronti dei russi Katia esprime perplessità analoghe a quelle di Inna: «Ho varie amiche russe, ma sono letteralmente sparite da quando è iniziata la guerra».

Katya-Nikolin-ucraina
Katya Nikolin

Anche Katia non polemizza contro il popolo “fratello” ma limita i suoi strali a Putin e al suo establishment: «Hanno lanciato un seme di odio tra due popoli che vogliono solo stare in pace e hanno creato divisioni che non avevano più motivo». Katia, inoltre, racconta le emozioni contrastanti – ed estreme – dei suoi compatrioti: «Il popolo è pronto a difendersi anche a mani nude». E su queste emozioni pesa non poco la memoria sovietica: «Nell’Urss eravamo un popolo di serie b, la nostra lingua non aveva un valore e le nostre tradizioni erano represse». Ora, si chiede Katia, «è nazionalismo voler praticare le nostre tradizioni e parlare la nostra lingua in casa propria, senza controlli e censure? O dobbiamo chiedere il permesso al signor Putin?».

La parola ai russi

Tuttavia, non è corretto dire che i russi tacciono o, come sospettano gli ucraini, sotto sotto sono putiniani. Più semplicemente, non parlano di politica, forse perché temono che le critiche rivolte alo zar Vladimir si ritorcano contro di loro.
Non parla di politica ma si limita a invocare la pace, Elena Semina, presidente di un’associazione molto attiva nel periodo pre pandemia nella promozione della cultura russa.

elena-semina-russia
Elena Semina

«Ricordo con molta nostalgia le iniziative che abbiamo promosso, a cui hanno partecipato molti italiani e molti amici dell’est Europa, ucraini compresi».
Ora, invece «siamo piombati in un clima surreale di sofferenze e di odi. Ma la guerra non ha vincitori né vinti, solo vittime». Elena non fa il tifo per nessuno ma spera che «si arrivi a una soluzione che riporti pace e dignità a tutti».
Un obiettivo minimo, che forse adesso sembra utopico.

Un inquietante last minute

La situazione resta fluida, sebbene i primi negoziati lascino intravedere qualche spiraglio. Logico, allora, cercare di saperne di più. Ma gli ulteriori tentativi di contatto con padre Cirillo in Ucraina sono inutili: «Non posso parlare, scusami, c’è la censura militare».
Quanto dobbiamo preoccuparci?

Sostieni ICalabresi.it

L'indipendenza è il requisito principale per un'informazione di qualità. Con una piccola offerta (anche il prezzo di un caffè) puoi aiutarci in questa avventura. Se ti piace quel che leggi, contribuisci.

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi in anteprima sul tuo cellulare le nostre inchieste esclusive.