La Moltitudine esiste e nei giorni scorsi ha scelto come luogo di raduno il Centro storico di Cosenza. Giovani e vecchi, studenti e professori, bambini e famiglie, ultras e volontari, hanno dato vita alla terza edizione della Summer school dell’Unical che si è svolta tra le antiche pietre della città. La scelta è ovviamente assai più che simbolica, esprime per intero una idea differente di abitare gli spazi urbani, un progetto che “insorge” direttamente dal basso, essendo la politica istituzionale rimasta a guardare e forse nemmeno a fare quello. Ne è uscita una foto senza ritocchi, in cui la bellezza che resta fa i conti con la minaccia sempre più reale del degrado.

Il centro storico dunque è stato scelto come luogo d’incontro tra la città e l’Università, che come avvisa Mariafrancesca D’Agostino, sociologa dell’Unical «rischia un atteggiamento autoreferenziale, mentre deve riscoprire il suo ruolo di promozione di saperi critici, diffusi e condivisi». Abitare il centro storico, riempirlo di contenuti, parole, dibattiti e progetti «rappresenta uno sforzo per battere una visione rassegnata, che non sembra immaginare salvezza per la città vecchia», spiega cui guardare la sociologa. In realtà la prospettiva da cui guardare deve essere assai più ampia, perché il destino della parte antica della città, non può essere separata da quella della città intera e perfino dell’area urbana, «perché pensare all’uso degli spazi urbani, alla loro fruizione, alla loro valorizzazione attraverso la presenza reale delle persone, vuol dire immaginare uno sviluppo sostenibile in grado di dare futuro alla città».

Il Comune grande assente
Alla costruzione di questa esperienza fatta di confronto politico e allegria c’è stato un grande assente: il Comune di Cosenza. «Prima della vittoria del centro sinistra – dice la D’Agostino – al comune avevamo una giunta che pensava in termini di grandi opere, una visione che era incompatibile con la nostra idea di sviluppo», L’arrivo di Franz Caruso a Palazzo dei Bruzi poteva cambiare le cose e invece no. Uno dei motivi della mancata interlocuzione è lo scontro che mesi fa si è consumato tra Massimo Ciglio, preside dell’Istituto comprensivo dello Spirito Santo, che dell’esperienza della Summer school è stato protagonista e lo stesso sindaco. Lo scontro riguardò l’uso dello slargo su via Roma, chiuso da Occhiuto al traffico e poi riaperto alle macchine da Caruso. In quella occasione il preside manifestò contro la decisione dell’attuale sindaco e da questi fu denunciato. «Date queste premesse – racconta la sociologa dell’Unical – era difficile immaginare una interlocuzione con l’amministrazione che aveva criminalizzato uno dei protagonisti dell’esperienza della Summer school».

Contro la marginalizzazione
In realtà il mancato confronto potrebbe avere ragioni più profonde, visto che è Stefano Catanzariti a spiegare come sembri che a «Palazzo dei Bruzi manchi qualunque forma di visione riguardo il centro storico e la città intera»
Il centro storico, da questo punto di vista appare come lo specchio del resto della città, «perché il suo abbandono è il segno più evidente di una assenza di idee da parte di governa Cosenza».
Un vuoto di idee che pesa, per esempio, ancora sui famosi 90 milioni, per i quali, ricorda ancora Catanzariti, all’inizio era partita una forma di interlocuzione con le realtà del territorio riguardo al loro uso mentre adesso manca ogni forma di progetto partecipato e condiviso. Separare il destino delle antiche pietre, dei palazzi storici, da quello delle persone, crea processi di gentrificazione, ma prima ancora di spopolamento, marginalizzazione, degrado sociale e urbano, «mentre dovremmo avviare percorsi politici per creare le condizioni per restare, dare motivi alle nuove generazioni per non andare via dal centro storico e più in generale dalla città, arginare con buone pratiche lo spopolamento». Oggi per la politica istituzionale il progetto più urgente e attuale sembra quello di dare vita all’idea della grande città dell’area urbana senza tenere conto del rischio che questa super città nasca vuota.