La lingua e la cultura rom fanno tappa a Villa Rendano. Un dibattito polifonico durante il quale si sono alternate molte voci della comunità romanò cosentina e non solo. Studiosi e attivisti hanno spiegato il senso e la direzione di una presenza, di una storia che affonda le radici nell’Italia del XVI secolo.
Fiore Manzo – ricercatore universitario e presidente di Aps Lav Romanò – ha sintetizzato in pochi minuti la storia dei rom, le origini, gli spostamenti e l’arrivo in Italia. Senza dimenticare quella che interessa i rom della città di Cosenza. E mettendo in guardia da quei meccanismi comunicativi così radicati che etichettano gli zingari «o come tutti artisti (stereotipi positivi) o come tutti ladri (stereotipi negativi)».
Per Walter Pellegrini, presidente della fondazione Attilio e Elena Giuliani – «lo studio delle lingue e della cultura di tutte le etnie è in linea con lo spirito culturale» dell’ente che presiede.
Antonietta Cozza, consigliere comunale con delega alla Cultura, ha portato i saluti del sindaco di Cosenza, Franz Caruso. Parlando dell’incontro di ieri come buon modo per «allontanare luoghi comuni e stereotipi e costruire una città sempre più inclusiva».
Per Elma Battaglia, assistente sociale e socia Assnas Calabria, «quella rom è una cultura da abbracciare e comprendere». Le «differenze vanno difese e bisogna farne tesoro anche negli ambienti di lavoro», sottolinea Maria Rosaria Vuono, presidente di Hoplà cooperativa sociale.
«Non siamo solo rom. Siamo italiani, europei. Siamo frutto di una contaminazione. Ma purtroppo siamo costretti a sentirci apolidi nella nostra città». Ecco il grido e la riflessione lanciati da Luigi Bevilacqua, attivista e vice presidente di Aps Lav Romanò.
Rina Scala e Giusy Monterosso (Compagnia della Pigna) hanno recitato poesie dedicate alla cultura dei rom con musiche di Apo.