Dalla terrazza di piazza San Rocco si gode un panorama meraviglioso, la Sicilia, lo Stretto, il castello dei Ruffo, la Marina Grande e Chianalea, le due zone di Scilla più affollate di vacanzieri. Ho scoperto che dall’anno scorso è in funzione un ascensore che dalla piazza porta giù sul lungomare, in pochi secondi. Al costo di un euro. Provvidenziale specie se dal lungomare si vuole andare su, perché con l’afa di questi giorni affrontare le gradinate non sarebbe piacevole. L’ascensore decolla in uno slargo, accanto alla chiesa dello Spirito Santo. Proprio il nome giusto per questa ascensione al centro storico, e a qualche momento di tranquillità, rispetto al trambusto di sotto.
Intorno a piazza San Rocco le strade in salita sono tranquille, solitarie. Pochissimi locali, poco traffico, tranne sul viale che porta giù, dove si incanala una fila ininterrotta di auto e moto. Che ci vai a fare a Scilla se non ti godi il traffico sulla statale 18 e sul lungomare? L’ascensore va bene per i pavidi come me. Quelli che una volta posteggiata la macchina non si azzardano a sfidare la sorte, incrociando in curva il gigantesco camion della raccolta rifiuti, con un autista mitico come gli antichi marinai di questo bellissimo borgo.
Dall’Odissea a Horcynus Orca
Un luogo immerso nel mito, anzi nei miti, li riassume e li evoca quasi tutti. Anche ora che la navigazione non rappresenta più un’avventura come ai tempi di Ulisse e le navi gigantesche che passano in lontananza non temono certo i gorghi e le insidie di Scilla e Cariddi. Questo mare, cantato dai versi di Omero, in epoca più recente ha ispirato Horcynus Orca, il romanzo di Stefano D’Arrigo, del 1975.
Un parco letterario lo ricorda, anche se ha sede in Sicilia. A Palmi un museo è dedicato a Leonida Repaci, i turbamenti del Previtocciolo di don Luca Asprea hanno avuto come sfondo Oppido Mamertina e altri luoghi di questo territorio così ricco di scrittori.
Aumenta il volume e pure la temperatura
La mattinata trascorsa in uno dei lidi di Marina Grande mi ha confermato che Scilla ormai ha consolidato il suo successo, si incrociano tutti i dialetti italiani e molte lingue straniere, sovrastate sempre più dalla musica che aumenta di intensità, con l’aumentare della temperatura.
Gli animatori dei lidi guidano la battaglia a colpi di decibel, riuniscono le truppe e le conducono allo scontro finale. I bambini più piccoli in questo marasma appaiono smarriti, percepiscono di non essere al centro dell’attenzione. Si sentono trascurati e piangono, i più fortunati riescono ad addormentarsi. Mi tornano alla memoria le vacanze degli anni Sessanta del secolo scorso, quando le marine erano silenziose, ma i neonati venivano portati in spiaggia all’alba e al tramonto, per proteggerli dal sole, e poi condotti a casa. Adesso pure le nonne stanno in bikini a tracannare birra, sotto la canicola.
Pesce spada e nero di seppia
Si pranza al lido, dato che nessuno torna a casa a cucinare, a proposito delle abitudini di un tempo. Vanno per la maggiore i panini al nero di seppia e gli arancini dello stesso colore, ripieni di parmigiana di melanzane e pesce spada. Hanno l’aspetto di palle di cannone, sono buoni, ma dove troveranno tutte queste seppie e pesci spada? Nei documentari in bianco e nero di Vittorio De Seta, girati da queste parti, le spadare spinte a forza di remi solcavano lo Stretto in cerca della preda. Ore di fatica per individuare un pesce spada, magari due se si riusciva a catturare prima la femmina, il maschio in questo caso si suicidava consegnandosi spontaneamente. Costumi cavallereschi di altre epoche. Ora le grandi navi per la pesca in mare aperto risucchiano tutte le creature marine. Neanche le sirene avrebbero scampo, se ci fossero. Non c’è nulla di romantico da raccontare.
Il pranzo segna il momento parossistico nella vita del lido, lo scatenamento degli istinti e della volontà di sopraffazione. Le donne competono a colpi di bikini, gli uomini ostentano virilmente la pancia.
Tutti insieme gli occupanti degli ombrelloni si sfidano a colpi di ordinazioni. Quattro ragazzi di Luzzi ordinano una bottiglia di spumante, poi un’altra, che gli vengono portate sotto l’ombrellone col secchiello regolamentare. Un trionfo, foto e video in tutte le pose. Come posso competere con la mia bottiglia di minerale naturale? Ci sarà una Coppa del nonno in edizione special, numerata?
Scilla e il cardinale Ruffo
Intanto gli animatori continuano ad incitare il loro pubblico, ad alzare ancora il volume della musica. Non reggo, me ne torno in albergo, pochi passi e sono in salvo. Da queste parti nel 1799 il cardinale Fabrizio Ruffo organizzò il suo esercito di contadini, per muovere contro i giacobini della Repubblica Partenopea. Scilla e Bagnara erano feudi della sua famiglia, i contadini accorsero a migliaia convinti di combattere in difesa della fede. In pochi mesi marciarono su Napoli e massacrarono i rivoluzionari meridionali.
Nel dormiveglia pomeridiano mi appare il cardinale Ruffo, sulle mura del castello di famiglia. Guarda corrucciato le folle urlanti sulla spiaggia. Ma non li aveva eliminati tutti quei dissoluti nemici della fede? Fa puntare i cannoni con strani proiettili, sembrano i panini al nero di seppia. Ordina lo sterminio dei bagnanti. Alla prima cannonata mi sveglio, illeso.
Come cercare un altro modo di vivere le vacanze? Senza pensare necessariamente a rievocazioni storiche, forse questo patrimonio così ricco di miti e storie potrebbe essere valorizzato in qualche modo. Un percorso, una serata di lettura di testi, un museo virtuale. In un paese una libreria, a quanto pare, non può reggersi, ma tutti i libri ispirati da questi luoghi non meriterebbero visibilità? Non credo che esista un solo modello di sviluppo turistico, quello della riviera adriatica, di Rimini e dintorni. Ricordo Scilla affollata già tanti anni fa, le persone a passeggio tra le case dei pescatori.
Scilla, un borgo per turisti
La trasformazione dei borghi come Scilla, ma anche delle città d’arte, in una serie ininterrotta di locali e case per turisti sta mostrando i suoi limiti. Se si esagera vengono meno le ragioni per cui vale la pena andare in un certo luogo, perché finiscono per essere tutti uguali. A Chianalea ora si cammina a fatica tra un ristorante e un pub, tra un negozio di souvenir e un’agenzia, quante saranno le famiglie residenti ancora presenti? Intanto al centro storico non ci sono segni di attività, nonostante l’ascensore e la posizione panoramica. Forse questi fenomeni positivi di sviluppo andrebbero governati e indirizzati.
Dopo due giorni a Marina Grande percorro la statale 18 verso Bagnara Calabra, costeggiando antichi mulini. I paesi distrutti dal terremoto del 1908 si riconoscono per la pianta urbana regolare della ricostruzione, strade parallele, edifici bassi e modesti. A Bagnara la spiaggia è molto lunga, ci sono i lidi e ampi tratti di spiaggia libera, la situazione mi pare tranquilla. I prezzi sembrano contenuti. Sul mare passa una spadara, come nel documentario di De Seta. Ci sistemiamo in un lido, con gesti furtivi da cospiratore scorro le proposte gastronomiche del giorno. Ritrovo i panini al nero di seppia, e tanti nomi esotici che evocano la Florida e i Caraibi. Non importa, meglio che Omero e Ulisse non diventino nomi di piadine e pizzette. Al momento l’animazione tace. Speriamo che non si accorgano della nostra presenza.