La notizia rimbalza di sito in sito ormai da qualche ora: la Regione ha pubblicato il nuovo piano che dovrebbe portare all’ammodernamento tecnologico della Sanità calabrese. E via con il lungo elenco di macchinari che presto (?) faranno bella mostra di sé nelle strutture pubbliche destinate alle cure dei cittadini. Un dettaglio, però, sembra sfuggito alle cronache: la cifra messa sul piatto è identica a quella del piano già pubblicato nella scorsa primavera.
In pratica, stando alle cifre riportate, in tutti questi mesi non sarebbe stata comprata un’apparecchiatura che sia una, a dispetto dell’immancabile dose di promesse. C’erano a disposizione 86.488.636,84 euro nel vecchio piano, ci sono a disposizione 86.488.636,84 euro anche nell’attuale. Non un centesimo di più, né uno di meno. A voler essere generosi si potrebbero considerare gli allegati C e D del piano e non il documento principale. In questo caso, gli acquisti ancora da effettuare sfiorerebbero i 70 milioni di euro e quelli già effettuati si fermerebbero al 20% del totale più o meno.
I mammografi in uso da oltre 18 anni
Il budget, datato 2019 quindi già a disposizione da prima di redigere la precedente lista della spesa, dovrebbe servire alla Calabria per dotarsi di tecnologie all’avanguardia. Ma a furia di aspettare, il rischio è che i nuovi acquisti – quando arriveranno davvero – si rivelino meno ultramoderni di quanto sperato. Comunque vada stavolta, saranno comunque meno vecchi dei loro predecessori. In particolare, dei mammografi in uso nella nostra disastrata rete sanitaria pubblica. Dovrebbe andare in pensione dopo quasi 30 anni di onorato (?) servizio il decano della categoria, acquistato nel lontano 1993 per il presidio ospedaliero dell’allora Corigliano. Da quelle parti, in realtà, Fujifilm e Roche Italia ne hanno donato uno poche settimane fa. Nel piano della Regione, però, la cosa non risulta, tant’è che negli allegati si prevede una spesa di quasi 365mila euro per acquistarne uno.
Quello di Corigliano non è l’unico mammografo ad essere “diventato maggiorenne” in tutto questo tempo, anzi. A fargli compagnia ci sono quelli delle Casa della salute di Mormanno (2004), Cariati (2002) e dei presidi ospedalieri di Paola (2002), Gioia Tauro (2004) e Melito (2000), nonché quello del poliambulatorio di Cirò Marina (2003). Senza dimenticare i quasi diciottenni in uso ad Amantea (2005), Mesoraca (2006) e Trebisacce (2007). Le apparecchiature sanitarie, in teoria, sono considerate vecchie già dopo sette anni e andrebbero cambiate perché obsolete entro i successivi cinque.
La Sanità tra tumori ed emigrazione
Tutti i vecchi mammografi citati (e non solo quelli), stando alla relazione di contesto pubblicata dal dipartimento Sanità, richiedono una sostituzione. Consentirà «di avere diagnosi più accurate con una forte riduzione delle dosi di radiazioni e dei tempi dell’esame». Ma, soprattutto, di risparmiare un po’ di quattrini in prospettiva, rimediando «all’obsolescenza delle corrispondenti apparecchiature attualmente installate nel presidio ed ai conseguenti elevati costi di gestione a causa dei frequenti interventi di manutenzione».
La speranza è che servano anche a curare meglio i tumori alla mammella, che da questa parti continuano a risultare più problematici che nel resto d’Italia. Un divario, questo, che trova conferma anche nel trattamento delle altre patologie oncologiche. E va a pesare anche sulle casse regionali alla voce “emigrazione sanitaria” per milioni di euro ogni anno.