Sapete perché sulle porte delle cucine dei ristoranti c’è scritto “vietato entrare”? Perché non ne uscireste vivi.
Dietro quella soglia c’è un mondo capace di evocare spettri da rivoluzione industriale: lavoratori frenetici, impegnati nel muoversi provando ad ostacolarsi il meno possibile; comandi che si sovrappongono con furia quasi ci si trovasse nella fase cruciale di una battaglia, tra nuvole di vapore e fumi; pentole che bollono; mestoli appesi e piatti da riempire; griglie roventi e la fatica di uomini e donne quasi come dentro una trincea.
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Diritti e profitti nei ristoranti di Cosenza
Venti euro a turno di lavoro, spesso in nero, con durata dei turni parecchio flessibile. Quando invece c’è un contratto, le tutele si smarriscono dentro prassi consolidate, ben note e tuttavia taciute. Ferie che risultano in busta paga ma non sono godute, inesistenti assenze ingiustificate conteggiate per riequilibrare il divario tra le somme dovute da contratto e quelle realmente pagate, importi relativi a periodi di malattia versati dall’ente di previdenza e incredibilmente trattenuti dal datore di lavoro.
Escludendo qualche studentessa impegnata nel fare la cameriera per racimolare un po’ di denaro, la maggior parte delle persone che sta dentro questo girone infernale è prevalentemente fragile sul piano culturale, scarsamente scolarizzata. E, dunque, meno consapevole dei propri diritti, poco incline a rivendicarli. Facili prede per quanti volessero massimizzare i loro profitti sulla carne viva dei lavoratori.
La brandina nel retrobottega
Angela ha poco più di vent’anni, è minuta e sembra più piccola, ma ha già una bambina e molto bisogno di lavorare. Per questo accetta di buon grado di fare spesso il doppio turno, lavorando mattina e sera in uno dei ristoranti di Cosenza. Purtroppo abita lontano da Cosenza e non potrebbe fare in tempo ad andare a casa e tornare tra la fine di un turno e l’inizio del successivo, quindi ha messo una brandina sul retro del locale. Lì si sdraia per poco meno di un’ora, si leva le scarpe e prova a chiudere gli occhi, mentre i suoi colleghi poco distanti lavorano.
Ristoranti a Cosenza: l’orata sfuggita dal congelatore
Una mattina cuochi e lavapiatti entrarono nella cucina di un noto ristorante della città per cominciare la loro giornata di lavoro e trovarono sul pavimento un’orata. La scena dovette sembrare vagamente surreale: un pesce, pure bello grosso, sul pavimento. Era evidentemente caduto la sera prima, mentre qualcuno aveva preso qualcosa dal congelatore. Il pesce era lì da tutta la notte, doveva essere buttato, con sommo disappunto del proprietario del ristorante che aveva tuonato: «Qualcuno questa orata la deve pagare!». E infatti qualcuno la pagò, trovandosi una cospicua trattenuta in busta paga.
Se le buste paga potessero parlare
Giovanni non ha molta dimestichezza con le buste paga, lo sguardo va dritto alla somma che sta alla fine della pagina e quello gli basta. Una volta però scorrendo i dettagli scopre che ha fatto quattro giorni di assenza non giustificati dal lavoro. Lui è uno che invece non si assenta mai e trova il coraggio di chiedere spiegazioni al datore di lavoro.
«Non ti preoccupare – spiega l’imprenditore con voce rassicurante – è solo per una questione di tasse». In realtà anche alcune buste paga di altri colleghi riportano ogni tanto la stessa voce in sottrazione di somme di denaro per assenze mai avvenute e la ragione è legata alla necessità di far avvicinare lo stipendio reale a quello veramente accreditato secondo contratto.
Restate a casa: cuciniamo noi
Durante il lockdown molte realtà della ristorazione hanno affrontato la crisi dei locali vuoti ripiegando sull’asporto. Meno clienti, ovviamente, ma era un modo per non fare morire l’impresa. A soffrirne sono stati i lavoratori, che a turno sono stati impiegati nelle cucine, come Fiorella e gli altri che ufficialmente erano in cassa integrazione, ma la trincea di pentole e fornelli non l’hanno mai potuta lasciare. «Eravamo ogni giorno al lavoro, non tutti assieme perché non c’era bisogno di tanta gente contemporaneamente, ma a rotazione. Saremmo dovuti stare a casa, e invece eravamo al lavoro»
I grandi assenti
In queste storie ci sono alcuni grandi assenti: i diritti e la loro consapevolezza, l’Ispettorato del lavoro, che magari qualche ispezione potrebbe pure farla, il sindacato. Il protagonista incontrastato è il bisogno che attanaglia un numero sempre maggiore di persone, piegandole a condizioni che facilmente possono essere considerate inaccettabili. Ma anche la retorica di quanti con sufficienza affermano che «la gente non vuole lavorare».
Quando state in un ristorante e lo sguardo vi va verso l’ingresso delle cucine, rivolgetelo subito altrove: “Non aprite quella porta” potrebbe non essere solo il titolo di un vecchio film dell’orrore.