Regionalismo in salsa calabra: maggioranze diverse, identico declino

Da oltre vent'anni centrodestra e centrosinistra si danno il cambio alla guida della Regione. Ma il crollo demografico ed economico resta uguale, come la maggior parte delle scelte di chi comanda in quel momento

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Dal 2000 ad oggi si sono succeduti in Calabria sei presidenti di regione, con una continua alternanza di schieramenti. L’elenco comprende Giuseppe Chiaravalloti (centrodestra, 2000-2005), Agazio Loiero (centrosinistra, 2005-2010), Giuseppe Scopelliti (centrodestra, 2010-2014), Mario Oliverio (centrosinistra, 2014-2020). Il trend prosegue con l’elezione di Jole Santelli con una coalizione di centrodestra, ma questa esperienza si interrompe drammaticamente dopo pochi mesi per la morte prematura della forzista. E, complice forse la brevità del suo mandato, un anno dopo a uscire sconfitta dalle urne è ancora la gauche, con l’elezione dell’azzurro Roberto Occhiuto.

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Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto

Questa quasi simmetrica alternanza dovrebbe evidenziare e segnalare, secondo gli schemi dei manuali di politica, indirizzi e scelte economiche e sociali differenti durante l’esercizio dei mandati. L’analisi dei dati sulla performance della Regione mette invece in evidenza esattamente l’opposto. Vale a dire una linea di indirizzo costante verso il declino di tutti i principali indicatori nella produzione di ricchezza, nella demografia, nella qualità della vita.

La Calabria che si svuota

La demografia, che costituisce la radiografia del tessuto civile, ha cominciato a declinare proprio nel ventunesimo secolo. In particolare dal 2010 è cominciata una costante caduta della popolazione residente in Calabria, interrotta soltanto per un anno, nel 2013. Si è passati da poco più di 2 milioni di abitanti nel 2001 a poco più di 1,8 milioni nel 2020, con una riduzione del 10%. Di converso, è aumentato il numero delle famiglie, passato da poco più di 730mila a più di 805mila. Intanto è tornata a crescere l’emigrazione. La Calabria conta oggi 430mila residenti all’estero, quasi un quarto della popolazione totale della regione: il 42,8% è nella fascia tra i 18 ed i 49 anni.

Investimenti dimezzati negli anni

La spesa pubblica regionale è rimasta sostanzialmente stabile nel corso dell’ultimo ventennio, pur nella diversità delle maggioranze politiche. Ad assorbirla sono state molto più le spese correnti che gli investimenti, diminuiti invece in valore assoluto e percentuale.
Dal 2010 in avanti la spesa per investimenti si è sostanzialmente dimezzata come peso sul totale della spesa. Siamo passati dal 12% del 2010 al 6% del 2012, per poi risalire lentamente sino al 9% del 2020. Va osservato che la spesa pubblica in Calabria dipende per il 98,16% dal governo nazionale, per lo 0,57% dal governo regionale e per l’1,19% dalle municipalità. I margini di manovra per fare la differenza sono quindi molto ristretti.

Cambiano le maggioranze, non le scelte

In buona sostanza, nel primo ventennio del ventunesimo secolo si è alternata sempre la maggioranza politica alla guida della Regione, ma sono rimaste identiche le scelte. E queste hanno condotto ad un arretramento costante della Calabria nelle classifiche della competitività.
La scarsa incidenza delle scelte di politica regionale sull’andamento del tessuto economico e sociale della Calabria si riflette nella analisi di Ernesto Galli della Loggia ed Aldo Schiavone, nel libro appena pubblicato Una profezia per l’Italia (Mondadori 2021). Da almeno quattro decenni il Mezzogiorno è uscito dal discorso pubblico, divenendo soggetto di fiction televisive più che di politiche di sviluppo.

Ernesto Galli della Loggia
Ernesto Galli della Loggia
Una questione meridionale al quadrato

Dagli Anni Settanta del Novecento ad oggi, il prodotto pro capite del Sud è passato dal 65% al 55% rispetto a quello del Nord, mentre gli investimenti si sono più che dimezzati. Le Regioni, in tutto il Mezzogiorno, sono state una palla al piede per lo sviluppo. Ne hanno frenato le prospettive, ed hanno solo appesantito il tessuto burocratico senza aggiungere alcun valore. Con le Regioni si è affermato quello che Isaia Sales ha chiamato il populismo territoriale.

L’intero impianto del regionalismo, dati di fatti alla mano, sta franando per manifesta incapacità di sostenere lo sviluppo economico dei territori. La Calabria è diventata una nuova questione meridionale nella questione meridionale. In qualche modo ne è il cuore dolente, con il 90% del territorio costituito da montagne e colline, nonostante un apparato costiero che si estende per 800 chilometri e pesa il 10% del totale nazionale.

Differenze tra istituzioni

In questi vent’anni le politiche regionali, sia pur di segno apparentemente diverso per appartenenza politica, hanno solo contribuito ad accompagnare il declino della Calabria. Nella sanità la Regione ha accumulato un debito di oltre un miliardo di euro. E spende ogni anno circa 320 milioni di euro per rimborsare i costi del turismo sanitario dei calabresi che, non trovando risposta di servizio sul loro territorio, si recano in altre regioni.

Gianni Speranza
Gianni Speranza

Non tutte le istituzioni esprimono lo stesso grado di disarmante inerzia. Mentre la Regione Calabria è rimasta sospesa a mezz’aria sospesa nel nulla, Gianni Speranza, sindaco di Lametia tra il 2005 ed il 2015, ha costruito – in soli dieci anni e senza una solida maggioranza consiliare a supportarlo – 50 km di fognature, 35 di illuminazione pubblica, marciapiedi, parchi pubblici, rotatorie, impianti sportivi, un lungomare.

Un patto da riscrivere

Insomma, contano le istituzioni, ma anche le persone. Per altro verso, nell’intero Mezzogiorno contiamo oggi 240 comuni commissariati per collusioni degli amministratori con organizzazioni criminali. Si tratta di una popolazione complessiva di 5 milioni di cittadini italiani e meridionali che si trovano sotto scacco della peggiore arretratezza, in una situazione evidentemente intollerabile. Sono tutti segnali che ci dicono chiaramente che il patto tra cittadini, istituzioni e territori va riscritto con estrema urgenza. A cominciare dalla Calabria, dove nemmeno l’alternanza tra maggioranze politiche con matrici opposte sortisce alcun effetto.

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