Onda su onda: cacciatori di energia in riva allo Stretto

Secondo l'Enea mare e correnti potrebbero dare a Reggio elettricità per tutto l'anno grazie agli studi del laboratorio Noel dell'Università Mediterranea. In città arrivano ricercatori da tutto il mondo, ma le istituzioni restano indifferenti

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Gli spagnoli partirono da Bilbao in minibus, erano in zona rossa ma non volevano rinunciare alla ricerca. Fu un viaggio mediterraneo pieno di soste nell’Italia deserta, con destinazione Reggio Calabria. Erano i giorni in cui i delfini riprendevano possesso dello Stretto, mai così vicini alla costa, con tanta voglia di giocare. Due giovani studiose arrivarono da Lisbona (una era polacca) e fecero l’abbonamento al bus. Ricercatori indiani rimasero in città per più di un anno. Furono coinvolti in lunghi pranzi con professori e dottorandi, si parlava di onde e venti, in quello straordinario laboratorio naturale che è il mare fra Reggio e Messina.

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Il campionato vele d’altura sullo Stretto (foto Maria Pia Tucci)

Questa storia mi è tornata in mente leggendo la notizia del campionato vele d’altura tornato dopo tanti anni sullo Stretto “in un teatro unico al mondo”. La scienza, lo sport ci dicono quello che non sappiamo, che abbiamo rimosso: sulle coste calabresi anche il vento è un valore, crea buona economia e indotto, come dimostra il celebrato modello del Club Velico di Crotone, le realtà di valore mondiale di Gizzeria e Punta Pellaro per il kitesurfing.

L’eccellenza internazionale del Noel e l’indifferenza delle istituzioni

A Reggio poi il vento si studia, da anni, grazie al laboratorio NOEL dell’Università Mediterranea, che ha stretto accordi di collaborazione con l’irraggiungibile Imperial College di Londra, con ricercatori della Columbia University. Viene in mente quello studio Svimez, che sottolinea il valore degli atenei calabresi, soprattutto in rapporto con la povertà del territorio, con la carenza dei collegamenti e dei trasporti. Ecco un settore dove la regione ultima fa bella figura, almeno nei casi in cui l’università dialoga con il territorio.

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Quei ricercatori australiani, indiani, americani, norvegesi, danesi, inglesi, francesi, spagnoli, polacchi, portoghesi stimolarono la curiosità dei cittadini, meno delle istituzioni. E cos’era quella strana piattaforma a 60 metri da riva, dalle parti delle Terme romane in via Marina? Nessun consigliere comunale ci salì, al contrario lo fecero studiosi di tutto il mondo.

Le tempeste oceaniche in senso Stretto

Ora che stanno per smantellarla, forse è il caso di raccontare a cosa è servita, insieme al professor Felice Arena, direttore scientifico del laboratorio NOEL (Natural Ocean Engineering Laboratory). Con una premessa: l’eccezione meteo-climatica di quest’area sta su tutte le carte nautiche, ed è legata alla conformazione dello Stretto.

Il vento di canale soffia perpendicolarmente da Messina a Reggio per dieci chilometri, duecento giorni l’anno. Produce modelli in scala delle tempeste oceaniche, le correnti marine arrivano a due metri al secondo e possono generare energia, oltre che quei vortici che furono il terrore dei navigatori più verso Villa, nel mare aperto dove si incontrano Jonio e Tirreno e approdano i minuscoli pesci abissali (se volete divertirvi, per le correnti dello Stretto c’è anche un’app).

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Il professor Arena impegnato in un seminario alla Columbia University

La città potrebbe avere energia per un anno

Il professore Arena dice: «Abbiamo studiato a Reggio quello che è stato costruito altrove». Decine le ricerche, che danno luogo a progetti internazionali, seminari, convegni. I sistemi studiati a Reggio sono riprodotti a Civitavecchia (Porto di Roma) e Salerno. Dove stanno per essere installate le turbine per produrre energia elettrica dalle onde marine.

Si è creata a Reggio una piccola scuola. Arena è stato un allievo del professor Paolo Boccotti, un genovese che, a differenza di molti altri docenti che sono passati per l’Università reggina, ha scelto di fare tutta la carriera a Reggio alla Mediterranea. Evidentemente Boccotti ha colto le potenzialità del “teatro unico al mondo”, una galleria del vento naturale, più grande di qualunque laboratorio. Secondo una ricerca Enea, lo Stretto potrebbe arrivare a produrre 125 gigawatt/ora l’anno, il fabbisogno di una città come Reggio o Messina.

Reggio può diventare luogo di scienza e ricerca

Ecco quindi la piattaforma, o meglio la diga. Realizzata in cemento armato, con la parte attiva in acciaio. Uno dei progetti, in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, prevede la conversione dell’energia delle onde in elettrica. Un altro, The Blue Growth Farm, studia la costruzione di una piattaforma multifunzionale in mare aperto, con vasche per l’itticoltura, con gestione automatizzata.

Dove viene prodotta anche energia dal vento, con una turbina eolica da 10 MW (nata al Politecnico di Milano), e dalle onde, attraverso sistemi a colonna d’acqua oscillante con risonanza interna. «La scommessa vinta – sostiene Felice Arena, che ha esposto le sue ricerche negli Stati Uniti, in Cina, in India e in giro per l’Europa – è stata quella di portare ricercatori a Reggio e di internazionalizzare il NOEL. Inutile dire quanto sia importante per noi ascoltare prospettive diverse, farne esercizio linguistico. La città può diventare un luogo di scienza e di ricerca». Un bellissimo lavoro di squadra, passate parola.

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A caccia di vento nel mare di Ulisse

Ps: per chi avesse pronta l’obiezione “non hai parlato dell’inchiesta sull’Università Mediterranea”, la mia risposta è semplice: ICalabresi ne ha già scritto, e l’effetto non secondario di questi scandali è quello di oscurare le belle storie e le belle ricerche come questa, il buon piazzamento della Mediterranea nel recente report dell’Agenzia Nazionale di valutazione.

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