Una delle obiezioni più pratiche che oppongono i “no ponte sullo Stretto” è quella della sua inutilità per il collegamento delle due sponde dello Stretto. Basterebbe, a detta di costoro, implementare una rete efficace di traghetti e trasporto marittimo. Sulla carta, certamente un’idea condivisibile. Ma la pratica è ben altra cosa. La società Caronte & Tourist che si occupa del servizio di traghettamento dello Stretto da Villa San Giovanni a Messina, opera di fatto in regime di monopolio da decenni. Questo, ovviamente, comporta costi molto alti per l’attraversamento. Per intenderci, un biglietto di andata e ritorno per un’utilitaria arriva a costare 40 euro per il percorso nelle 24 ore. E il prezzo sale ancor di più se lo stacco tra un viaggio e l’altro si allunga.
Ma c’è dell’altro rispetto al tema del ponte sullo Stretto e dei traghetti. La società, valutata mezzo miliardo di euro, è recentemente finita in amministrazione giudiziaria in seguito a un’indagine condotta dalla Dda di Reggio Calabria. I pm antimafia reggini sostengono che la ‘ndrangheta abbia infiltrato la Caronte&Tourist. In particolare, le potenti famiglie Buda e Imerti, già protagoniste della seconda guerra di ‘ndrangheta, avrebbero da tempo controllato quasi tutto. Parliamo infatti dell’azienda più grande che opera sul territorio reggino, con circa 1200 dipendenti. La Caronte & Tourist ha un capitale sociale di euro 2.374.310,00 e vanta numerose partecipazioni in altre società, insieme alle quali svolge, in massima parte, servizi di navigazione. Non solo sullo stretto di Messina, ma anche in ulteriori tratte tra la Sicilia e altre destinazioni. Il provvedimento emesso dai magistrati è mirato proprio a “bonificare” i vari settori su cui le cosche avrebbero esteso i propri tentacoli: dalla ristorazione alla ditta per le pulizie e la disinfestazione.