PNRR e Mezzogiorno: risorse incerte, riusciremo a usarle?

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Stiamo ormai entrando nella fase di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Non abbiamo dinanzi a noi un tempo molto lungo per realizzare tutti gli obiettivi che sono stati tracciati: entro il 2026 le azioni definite debbono essere completate.
Il futuro del Mezzogiorno si lega in buona parte agli investimenti ed alle riforme da completare in questo arco temporale, mettendo a terra quella montagna di risorse finanziarie a disposizione grazie al PNRR. Veniamo da una lunga stagione difficile, nella quale il divario tra il Sud ed il resto del Paese si è allargato.

La spesa pubblica dimezzata in dieci anni

Il PNRR dovrebbe consentire di invertire il trend che, tra il 2008 e il 2018, ha visto scendere di più della metà la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno, da 21 miliardi di euro a poco più di 10. Secondo quanto espressamente indicato nel documento del Governo, il Piano mette a disposizione del Sud un complesso di risorse pari a non meno del 40 per cento delle risorse territorializzabili del PNRR (pari a circa 82 miliardi), incluso il Fondo complementare, per le otto regioni del Mezzogiorno, a fronte – si sottolinea nel Piano – del 34 per cento previsto dalla attuale normativa vigente in favore del Sud per la ripartizione degli investimenti ordinari destinati su tutto il territorio nazionale.

Non solo risorse europee

Il Piano prevede, in aggiunta alle risorse europee, ulteriori 30,6 miliardi di risorse nazionali che confluiscono in un apposito Fondo complementare al PNRR finanziato attraverso lo scostamento di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile e autorizzato dal Parlamento, a maggioranza assoluta, nella seduta del 22 aprile scorso.

Il Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR è stato approvato dal decreto legge n. 59 dal 6 maggio 2021, con una dotazione di 30.6 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026. Il D.L. n. 59/2021 provvede altresì alla ripartizione delle risorse del Fondo tra le Amministrazioni centrali competenti, individuando i programmi e gli interventi cui destinare le risorse ed il relativo profilo finanziario annuale.

I conti che non tornano

Il PNRR si propone insomma l’ambizioso obiettivo di ridurre sensibilmente il divario tra il Mezzogiorno e il resto del Paese. La quota del Mezzogiorno sul PIL nazionale salirebbe dal 22 per cento del 2019 al 23,4 per cento nel 2026.
Secondo il governo 82 miliardi sono destinati al Mezzogiorno nel PNRR. Per verificarlo, per ogni misura Gianfranco Viesti ha controllato se sia stata indicata una precisa e vincolante allocazione territoriale delle risorse.

Si è così potuto appurare che una precisa quantificazione dell’investimento nel Mezzogiorno è contenuta in 33 delle 157 misure del PNRR, e in 5 del Fondo Complementare (FC). Tali misure indirizzano verso il Mezzogiorno investimenti per un totale di 22,2 miliardi di euro. Nei documenti ufficiali è quindi individuabile solo poco più di un quarto delle risorse ipoteticamente destinate al Mezzogiorno.

Quanto andrà davvero al Sud?

Tuttavia, in altre 22 Misure del PNRR e in altre 6 del FC vi sono degli indirizzi tali da lasciar prevedere che una parte delle risorse disponibili sarà allocata nel Mezzogiorno. Su ciascuna di queste misure è stata operata una stima, con un margine di errore. Il totale degli importi di queste misure ammonta, secondo le stime effettuate da Gianfranco Viesti, a 13,126 miliardi. Sommando le cifre appostate chiaramente al Mezzogiorno (22,2 miliardi) con le stime riconducibili al Sud (13,1 miliardi), si ottengono 35,3 miliardi di euro, ben al di sotto della metà della somma teoricamente destinata al Mezzogiorno dal PNRR.

Quali sono le misure che non hanno un’allocazione territoriale predefinita? Da che cosa dipenderà questa allocazione? Vi sono in primo luogo alcune misure di incentivazione degli investimenti di imprese, che saranno allocate sulla base delle richieste. In altre misure i beneficiari non sono le imprese ma soggetti del settore pubblico.
Laddove non vi è alcun indirizzo di allocazione territoriale, essa scaturirà dalle decisioni relative al riparto delle risorse effettuate dai decisori pubblici nazionali incaricati dell’attuazione delle misure. Assai frequenti sono i casi nei quali ciò avverrà attraverso meccanismi a bando fra le amministrazioni pubbliche destinatarie finali.

Nessun indirizzo chiaro

Il principale problema consiste nella mancanza di un indirizzo politico verso la perequazione delle dotazioni infrastrutturali e della disponibilità dei servizi nelle diverse aree del paese, in presenza di divari territoriali estremamente ampi.
Particolarmente interessante è il caso degli asili nido, per i quali vengono destinati ben 4,6 miliardi; la misura, sia pur con una indicazione generica, è priva di qualsiasi indirizzo territoriale, in presenza di disparità estremamente ampie.
Ciò significa che il Governo non ha ritenuto di dover garantire, seppur tendenzialmente, pari diritti ai cittadini italiani in più tenera età, ma di affidarli all’alea di procedure competitive.

L’allocazione delle risorse tra le ripartizioni territoriali del Paese dipenderà in buona parte dai criteri che saranno definiti nei bandi competitivi previsti per la realizzazione di una parte consistente degli investimenti del PNRR.
Da questo punto di vista l’esperienza italiana è particolarmente critica e richiederà la massima attenzione. Sono infatti molto numerosi i casi in cui i criteri per i bandi hanno contenuto indicatori e criteri tali da penalizzare le regioni più deboli del Paese.

Le amministrazioni locali saranno all’altezza?

Certamente conteranno anche le capacità delle amministrazioni di volta in volta chiamate a concorrere per queste risorse. Pur non essendovi evidenze univoche a riguardo, è possibile ipotizzare che proprio nelle aree più deboli del paese, le amministrazioni possano essere meno attrezzate proprio a queste progettualità. Tutto ciò si vedrà con i processi di attuazione degli interventi previsti dal PNRR e dal Fondo Complementare.
Quindi, solo 35 miliardi di euro sono certamente allocati nel Mezzogiorno. Ciò non significa, è bene ricordarlo, che il resto delle risorse del PNRR siano allocati tutti fuori dall’area. Ma lascia un dubbio assai rilevante, dato lo scarto fra le cifre, sull’esito finale.

La cifra di circa 82 miliardi di investimenti nel Mezzogiorno indicata nel Piano appare dunque, seguendo l’attenta analisi di Gianfranco Viesti, come un “totale in cerca di addendi”. Conseguentemente, l’impatto del PNRR sull’economia e l’occupazione del Mezzogiorno, così come presentato nel Piano è anch’esso al momento solo una ipotesi; è possibile, ma non garantito.

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