Quel panino “ghiegghiu”: Mi ‘ndujo risponde a papàs Lanza

«Nessun intento dispregiativo». Così fa sapere la nota catena di fast food calabrese. Che chiama in causa l'ironia e persino Checco Zalone

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Il panino della discordia continua a far parlare di sé. Dopo la “scomunica” di papas Pietro Lanza, arriva la nota stampa della rinomata catena di fast food. Che cita Checco Zalone e Kierkegaard per difendere il suo panino ghiegghiu.

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Papàs Pietro Lanza ha scatenato le polemiche sul nome del panino

Terroni di Calabria

«E se non hanno offeso e scandalizzato nessuno le battute ed il gergo nazional-popolare di Zalone al quale non vogliamo minimamente paragonarci, toccando ed unendo tutti col e nel sorriso su temi di stringente attualità, così come nessun calabrese si è mai sentito offeso, anzi, dallo striscione con la scritta Terroni di Calabria col quale qualche anno fa abbiamo inaugurato le nostre sedi a Roma, onestamente non vediamo – fa sapere il management di Mi ‘Ndujo – come e perché possa e debba sentirsi addirittura offesa la grande e gloriosa comunità arbëreshe per un progetto di panino al quale, così come ci siamo da sempre caratterizzati, abbiamo proposto di dare un nome ironico, auto-ironico, divertente, incuriosente e che da oltre 7 secoli non offende nessuno, ma proprio nessuno».

«U ghiegghiu, il panino senza intenti dispregiativi»

«Non soltanto, non vi era – si legge nella nota stampa di Mi ‘Ndujo – e non vi è alcun intento offensivo e dispregiativo nella scelta di uno dei nomi più diffusi e riconosciuti per identificare, ripetiamo ironicamente, la comunità italo-albanese ma quel termine, depurato da qualsiasi strascico negativo di centinaia e centinaia di anni fa, unisce oggi in un sorriso e nel richiamo all’esistenza, in Calabria, di una minoranza linguistica che insieme alle altre arricchisce la stessa forza culturale e identitaria distintiva regionale».

Il dibattito social

«Prendiamo atto – continua la nota stampa di Mi ‘ndujo – dell’interessante dibattito che si è scatenato sui media e sui social, grazie al progetto del nostro panino, su quali siano le migliori strategie ed i migliori strumenti attraverso i quali recuperare eventuali ritardi ed errori del passato per investire meglio e diversamente sulla tutela linguistica e culturale della minoranza linguistica. Nutriamo rispetto e leggiamo con attenzione».

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L’interno di uno dei locali della catena Mi ‘ndujo

Restiamo imprenditori

«Ma, attenzione, noi restiamo dei semplici e piccoli imprenditori, certo innamorati della nostra terra, di sicuro appassionati promotori della nostra identità più viscerale, senza dubbio convinti sostenitori del valore culturale, economico e di riscatto sociale della nostra biodiversità e della nostra enogastronomia di qualità, ma pur sempre – scandiscono – dei normali imprenditori».

Alle istituzioni, laiche e religiose, compete e competerà occuparsi con sempre maggiore determinazione della valorizzazione del patrimonio culturale arbëreshe che sappiamo benissimo non coincidere con un panino, ci mancherebbe altro o con l’enogastronomia tipica che però apre porte e finestre culturali, sociali, turistiche ed economiche.

La compagnia di Acri, Bisignano e Luzzi

«Ma i panini nei quali – si legge ancora nella nota stampa – continuiamo a mettere prodotti e nomi dialettali e proverbiali di quella Calabria non oicofobica e che non si vergona di se stessa (come ad esempio i panini Acri, Bisignano e Luzzi tre panini cu i cazzi, proverbio antico che non ha mai offeso nessuno) sono stati e restano anche quegli strumenti con i quali stiamo restituendo tanta dignità e fierezza, anche lessicale e dialettale, fuori e dentro la regione ad intere generazioni di calabresi, terroni e ghiegghi, che con un semplice sorriso, senza pesantezza ed a testa alta sanno chi sono, lo dicono, ci scherzano e vogliono competere col mondo, senza pianti, mugugni, lamentele, divisioni, cliché e tabù di un’epoca che fortunatamente non appartiene loro».

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