Occhio alla penna: se il giornalista lavorava per la ‘ndrangheta

"Ristretti orizzonti" è una rivista con tre redazioni: una nel penitenziario di Padova, altre due in quelli di Parma e Genova. Tra le firme principali anche quella di un broker che importava quintali di cocaina per il clan Alvaro di Sinopoli e di detenuti al 41 bis. Tra denunce di un'associazione alla Dia e polemiche sulle testate nazionali in barba alla Costituzione

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«Sono Giuseppe Talotta e mi voglio costituire». Così esordiva il broker della cocaina presentandosi al carcere di Massa Carrara nel 2015 e interrompendo una breve latitanza di alcune settimane. Il 47enne all’epoca era ricercato dalla Dda di Genova e da quella di Reggio Calabria. Diversi i mandati di cattura a suo carico per una serie di procedimenti giudiziari che lo vedevano coinvolto in un maxi giro di cocaina che dal Sud America arrivava al porto ligure e in Calabria.
Basterebbe quella frase del narcotrafficante della ‘ndrangheta – agiva per conto del potente clan degli Alvaro di Sinopoli – per evidenziare la particolarità della sua singolare storia, ma c’è altro. Nei giorni scorsi la Cassazione, accogliendo parzialmente il suo ricorso, gli ha concesso il riconoscimento della continuazione dei reati e stabilito. La pena definitiva da scontare sarà di 16 anni e 8 mesi di reclusione.

La condanna nei giorni scorsi

Il medesimo disegno criminoso tra i processi di Genova e Reggio Calabria che i giudici di Piazza Cavour hanno sancito definitivamente ha consentito a Talotta di non avere in sede di esecuzione la somma aritmetica delle due condanne (12 e 16 anni). Gliene tocca una sola, calcolata partendo da quella maggiore e aumentata per alcune aggravanti. Questo prevede l’istituto giuridico della continuazione del reato, articolo 81 del codice penale, che può essere applicato a “chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge”.

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La Corte di Cassazione

L’uomo, forse anche stanco di quella vita criminale, si era costituito spontaneamente alle autorità. E non furono in pochi a stupirsi per le modalità scelte. Giuseppe Talotta decide di bussare letteralmente alle porte del carcere. E lo fa da solo, senza nemmeno il suo avvocato, come se non ne potesse più di certe situazioni. Non si è mai pentito, quindi non si conoscono le motivazioni della sua scelta. Ma nel carcere di Genova, dove poi lo trasferiscono, uno dei principali broker della cocaina dei feroci Alvaro fa una scoperta che gli cambierà la vita. Quella in carcere, ovviamente.

Dalla coca all’editoria: Ristretti orizzonti

Al Marassi – il penitenziario a due passi dallo stadio Ferraris – di Genova c’è un gruppo di detenuti che si occupa di qualcosa di speciale e che si può trovare solo in altri due istituti penitenziari italiani: una rivista. Il periodico, Ristretti orizzonti, lo affascina ed entusiasma a tal punto che in pochi anni diventa uno degli articolisti più prolifici e uno dei coordinatori più importanti.

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Il carcere di Marassi a due passi dallo stadio di Genoa e Sampdoria

C’è una ‘ndrangheta che scrive, dunque, e lo fa su un giornale vero e proprio. La più enigmatica organizzazione criminale d’Italia aggiunge un’altra sfaccettatura alle mille che già ha. Ristretti orizzonti, bimestrale, ha la sua redazione centrale nel carcere di Padova e due decentrate nei penitenziari di Parma e Genova.
L’unica differenza con un periodico convenzionale è rappresentata dalla gerenza, dai nomi di chi coordina e scrive. Sì, perché invece di Enzo Biagi o Indro Montanelli alcuni articolisti e coordinatori si chiamano Giuseppe Talotta, Carmelo Sgrò o Domenico Papalia: nomi “pesanti” di narcotrafficanti e boss di ‘ndrangheta.

Colpevoli anche di scrivere?

L’iniziativa, più che meritoria, è partita nel 1998, e negli ultimi anni ha fatto parlare parecchio di sé. Alcune testate nazionali di recente hanno battagliato non poco dopo la denuncia di un’associazione alla Dia. Oggetto dello scontro era il fatto che tra gli articolisti della rivista da un po’ di tempo si erano aggiunti anche detenuti in regime di 41 bis.
Ma al di là del dibattito, delle denunce e dei controlli, la rivista prosegue le sue pubblicazioni. Parla del pianeta carcere, racconta le mille problematiche degli istituti penitenziari italiani e l’intero ordinamento come emerge anche da relazioni ufficiali di organi governativi e da articoli di giornale. Solo che Ristretti orizzonti fa parlare di carcere direttamente i detenuti e questo non va giù a tutti.

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Riunione in una delle redazioni di Ristretti Orizzonti (dalla pagina Fb della rivista)

In realtà, il punto di vista di chi vive determinate condizioni può essere molto utile. Tanto più quando si parla di riforme carcerarie che nulla hanno a che fare con i reati commessi e le pene da scontare. Un carcere più in linea col dettato costituzionale (la pena deve tendere alla rieducazione del detenuto) aiuterebbe il sistema giustizia italiano e quindi anche la sicurezza delle città. Il dibattito resta aperto.

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