Non è la Rai: Wanda scalpita, ma Meloni ha altre mire

Le recenti intemperanze di Fratelli d'Italia sul ticket Occhiuto-Spirlì hanno poco a che vedere con la Calabria. Gli ex An vogliono incassare dividendi a Roma, ma non in commissione di vigilanza come vorrebbero far credere

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C’è un retroscena di alcuni mesi fa che potrebbe gettare luci (e proiettare ombre) sull’attuale bailamme del centrodestra calabrese, che si appresta, fatti salvi sorprese e terremoti, a vincere le prossime Regionali. Con un unico problema sul tappeto: il quanto.

Riavvolgiamo il nastro. Il dietro le quinte risalirebbe alla scorsa primavera e avrebbe due protagoniste: Wanda Ferro e Giorgia Meloni. Quest’ultima, stando ai bene informati, avrebbe gelato la combattiva deputata, che covava da tempo l’ambizione a succedere alla scomparsa Jole Santelli, magari per prendersi una rivincita sulle sfigate Amministrative del 2014.
Nulla da fare, avrebbe detto la ducessa di Trastevere: fino alle prossime politiche, meglio evitare la Calabria, fonte di guai.
Che per Fdi, tra l’altro, non sono stati pochi né leggeri: si pensi agli indagati e agli ammanettati eccellenti, frutto spesso di una campagna acquisti non troppo cauta (come nel caso di Giancarlo Pittelli, all’epoca di Rinascita Scott fresco di trasloco da Forza Italia).

La Calabria, tra le varie controindicazioni di cui i politici romani devono tener conto, ha anche la facilità con cui avvengono indagini e arresti. Lo diciamo con tutto il garantismo possibile, ma pure con la consapevolezza che in politica e per l’opinione pubblica le manette sono sempre micidiali, anche quando l’ammanettato viene prosciolto. E allora, come mai – è proprio il caso di dire – questo ritorno di fiamma? La risposta è, ovviamente, nei corridoi della Roma “che conta”.

La pietra di scambio

Si è detto e ridetto che la scintilla sarebbe esplosa per la mancata assegnazione ai meloniani della poltrona in Rai. Ma è solo una scintilla e forse neppure troppo grande per provocare tanto incendio.
Secondo gli addetti ai lavori il problema vero riguarderebbe le prossime Politiche e starebbe nel mix micidiale tra il patto di coalizione che lega il partito degli ex An con Lega e Fi e la composizione del prossimo Parlamento, dimezzato dal referendum dello scorso autunno. Un cocktail da cui le ambizioni della Giorgia nazionale potrebbero subire un drastico ridimensionamento. Vediamo come.

Il patto politico prevedeva che seggi e collegi dovrebbero essere distribuiti in base alle proporzioni elettorali ottenute nel 2018. Se fosse confermato, la ducessa incapperebbe male: a lei toccherebbe poco meno del cinque per cento della torta, che varrebbe meno di una guarnizione di zucchero in un Parlamento bonsai.
Questo timore, motivatissimo, potrebbe spiegare tutte le mosse della Nostra, che si è arroccata a destra, restando all’opposizione mentre gli altri si apprestavano a sostenere Draghi, e ha radicalizzato le proprie posizioni pur continuando a governare nelle realtà regionali e locali in cui il centrodestra è in maggioranze.
A parti e geografia invertite, sembra lo stesso scenario del 2011.

Di lotta e di governo

Nel 2011 l’anomalia non era l’Italia ma la Calabria. Qui Roberto Occhiuto, che era all’opposizione a Roma, aveva piazzato l’Udc in posizioni di governo, in cambio di notevoli dividendi politici: assessorati regionali (anche per placare gli appetiti degli avversari interni, reali e potenziali, a partire dai Trematerra), postazioni di comando a tutti i livelli, il Comune di Cosenza, passato per la prima volta a destra (inclusa quella ex neofascista) grazie a Mario Occhiuto.
Oggi si è rovesciato tutto: Giorgina governa nelle realtà locali assieme agli alleati romani, ma è la principale oppositrice di Draghi. Anche lei, come Roberto Occhiuto 1.0, di lotta e di governo. Nel frattempo, fa di più: la campagna acquisti, innanzitutto tra gli alleati part time e dove può.
Così facendo, è lievitata nei sondaggi, che la danno, a seconda dei casi e delle committenze, per prima o per primissima.

Ma con questi chiari di luna l’insidia è dietro l’angolo, perché ti puoi gonfiare di voti e restare marginale lo stesso. E, peggio ancora, se non hai strutture forti di partito ma ti affidi ai consensi dei notabili vecchi (qui da noi i Morrone) e più o meno nuovi (l’immarcescibile Fausto Orsomarso), rischi l’evaporazione.
A tacere di un altro rischio: l’iperattivismo delle Procure, che in Calabria sono scatenate e promettono fuoco e fiamme.
Ce n’è abbastanza per dire che la Calabria non è solo pericolosa ma può portare pure sfiga: come dare torto alla Meloni?
E allora l’unica soluzione sarebbe: arraffare più voti e ruoli sul territorio per rivenderli bene a Roma, anche, se e quando (come ora) serve, a costo di far saltare il banco.

Dinamiche (im)politiche

Dunque, si risveglia Giorgia, si risveglia Wanda – che, a dirla tutta, forse non ha mai dormito – e rialzano la posta. Va da sé che anche un bambino capirebbe che è solo un modo di apparare le cose. Un messaggio non troppo a distanza per far capire agli attuali alleati part time che o mollano qualche osso oppure iniziano i problemi.
Intendiamoci, la Calabria resta una terra “maledetta” da cui guardarsi a vista, per chi è abituato a negoziare in certi ristoranti della Roma bene. Tuttavia, da noi si gioca la partita più grossa, tolto ovviamente il big match della Capitale: la Regione, dove la vittoria dovrebbe essere cosa fatta, più 83 Comuni, di cui il più importante è Cosenza.

Partita grossa e complicata: Cosenza sarà pure una città declinante, a livello economico e demografico, ma resta il capoluogo di una provincia che è metà regione e, soprattutto, è il quartier generale della famiglia Occhiuto.
Non è un caso che, per completare il puzzle, siano utilissimi anche i retroscena cosentini. Uno, in particolare, riguarda la scelta del “campione” che dovrebbe prendere il posto del non più candidabile Mario Occhiuto: il mite e fine Francesco Caruso, che dovrebbe rivendicare l’eredità dell’archistar, il quale per ringraziare gli farebbe da vice.

La voce più accreditata sostiene che, per meglio indorare la pillola con alcuni potentati cosentini, Roberto Occhiuto avrebbe tentato di attribuire la candidatura di Caruso a Fratelli d’Italia.
E i meloniani forse accetterebbero, perché i loro big cosentini (i Morrone e Fausto Orsomarso) sono proiettati sulla scala regionale, e lascerebbero spazio per un’altra partita delicata, che farebbe comodo a Roberto Occhiuto: l’affaire Gentile.

Pino Gentile, il terzo comodo

La famiglia Gentile sta a Cosenza come l’Impero Ottomano alla vecchia Europa: sono declinanti ma vitali e, soprattutto, controllano ancora molti voti. Nessuno, ancora, può evitare di fare i conti con loro, non foss’altro per aggirarli o affrontarli. Meglio, quando si può, averli alleati. E quest’alleanza per Roberto Occhiuto è una necessità forte, anche per dinamiche politiche che non dipendono da lui.

Infatti, Andrea Gentile, figlio di Tonino l’ex senatore di Fi ed ex big di Ncd, è il primo dei non eletti di Cosenza alla Camera. Quindi, se Roberto diventasse governatore e lasciasse il posto, Gentile Jr entrerebbe a Montecitorio e risveglierebbe il potere della vecchia dinastia cosentina.
Non a caso, Pino Gentile sarebbe pronto con una lista per appoggiare Occhiuto nella scalata a Germaneto e a fornire il suo appoggio anche a Cosenza.
Un equilibrio delicatissimo da gestire perché i calabresi hanno capito benissimo una cosa: la Calabria si vince o si perde da Cosenza e dalla sua provincia. E questo sin dai tempi di Loiero.

Tiriamo le somme

E la Meloni, quindi la Ferro, in tutto questo? Fanno in Calabria quel che fanno in tutto il resto d’Italia, dove governano o stanno all’opposizione col resto del centrodestra: rompono le scatole per ottenere di più.
In questo caso, la Calabria pesa come un Comune del Lazio o una Provincia della Lombardia: è una pietra di scambio. Può essere barattata con più seggi alle prossime Politiche o con un congruo numero di assessorati a Roma, la città in cui il mandibolone del Duce resta un’icona pop in vari strati della popolazione.

In Calabria, Fdi ha, al momento, il massimo che poteva ottenere nel 2020: la vicepresidenza del Consiglio regionale, l’assessorato chiave del Turismo e le Ferrovie della Calabria, appaltate anch’esse a Fausto Orsomarso.
Gli analisti sono convinti che la quadra si dovrebbe trovare con la cessione della presidenza o della vicepresidenza, probabilmente alla scalpitante Wanda, che al momento è anche la campionessa di Catanzaro, senz’altro per meriti suoi ma anche per i guai giudiziari capitati a Mimmo Tallini.
I bene informati riferiscono di recenti consultazioni romane di Roberto Occhiuto per risolvere il problema e a breve avremo la risposta al quesito che affanna la politica calabrese: quanti dividendi dovranno cedere a Roma per consentirgli di governare la Calabria?

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