Morto un papa se ne fa un altro (calabrese)

Cardinali pronti alla nomina del successore di Bergoglio. Tra i suoi predecessori, ben 10 arrivavano dalla Calabria. E dal conclave potrebbe venir fuori l'undicesimo

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Morto un papa se ne fa un altro. Così recita un arcinoto proverbio, certamente pronunciato innumerevoli volte in questi giorni di lutto per la morte di Francesco, il “papa venuto dalla fine del mondo”, e di trepidazione per l’elezione del prossimo vescovo di Roma, successore di San Pietro.
Chi è chiamato a “farlo” il prossimo pontefice, sta piano piano convergendo da ogni continente – settantuno i Paesi rappresentati, dal Brasile a Timor Est, da Capo Verde a Tonga –, verso il Vaticano, e più precisamente verso la Cappella Sistina. È lì che si sceglierà il duecentosessantasettesimo papa della Chiesa cattolica, e chissà che non sia calabrese.

I 133 cardinali chiuderanno alle loro spalle la porta della principale cappella del Palazzo Papale nella giornata del 7 maggio, dopo aver celebrato la messa Pro Eligendo Romano Pontifice e pronunciato la tradizionale formula extra omnes.
Quello in partenza si preannuncia un conclave abbastanza celere, sulla falsariga degli ultimi due – ma, in linea generale, è così dalla metà dell’Ottocento a seguire –, quelli che hanno portato al soglio pontificio Benedetto XVI e Francesco, durati poco più di ventiquattro ore e, rispettivamente, quattro e cinque scrutini.

Il “totopontefice” e cosa aspettarsi

Sarà davvero un conclave breve come tanti osservatori e financo alcune berrette rosse prevedono? E poi, il prossimo Santo Padre sarà conservatore, progressista o realista? Quale nome papale sceglierà? Seguirà il sentiero tracciato da Francesco o assisteremo a una restaurazione in seno al Vaticano? E se a distanza di quasi mezzo secolo dovesse riaffacciarsi in San Pietro un papa italiano, questi sarà utilizzato per esibire una rinnovata centralità del nostro Paese sulla scena mondiale?
Sono tutte sfumature di un esercizio oltremodo futile. Come futile – e pure un pelo sacrilega – è la tendenza dei giornalisti, dei vaticanisti e del popolo a volere indovinare il nome del prossimo rappresentante di Dio in terra. Ma si sa, in questa epoca di crisi del giornalismo ogni briciola di notizia è buona per riempire una pagina, cartacea o digitale che sia.

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Il conclave riunito in Vaticano

La storia dei conclavi moderni ce lo insegna: l’Habemus Papam – questa volta ad annunciarlo, al netto di una sua nomina, sarà il cardinale protodiacono Dominique Mamberti – lascia quasi tutti sorpresi e non è rara la circostanza che il nome del papa eletto risulti sconosciuto alla massa credente, che esso esuli dalle liste dei papabili al soglio pontificio diffuse dalla stampa. Si dice, d’altra parte, che chi entra in conclave papa ne esce cardinale. Vedremo se anche questo capitolo della secolare riunione plenaria – il primo conclave ufficiale della storia della Cristianità sarebbe quello che nel gennaio del 1276 condusse alla Cattedra di Pietro papa Innocenzo V – confermerà l’adagio.

Un papa calabrese? I 10 precedenti

Tralasciando pronostici e speculazioni e analizzando l’elenco dei duecentosessantasei papi finora a capo della Chiesa cattolica, scopriamo che la storia della principale confessione cristiana al mondo ha visto in diverse occasioni un Sommo pontefice di origini calabresi. Radici che, in vero, in taluni casi sono dubbie, non così tanto da non permetterci di annoverarli nell’inventario cui diamo il via.
Terra di profonda spiritualità, fulcro di approdo e diffusione del Cristianesimo – Paolo di Tarso, uno dei primi santi e martiri della religione cristiana, vi transitò nella sua missione apostolica verso Roma –, la Calabria ha offerto alla Chiesa cattolica ben dieci papi, tutti di origine greca e greca-bizantina.

Il primo dei papi calabresi della Chiesa risale addirittura al II secolo dopo Cristo, agli albori del Cristianesimo. Era il 127 circa, sotto l’imperatore romano Adriano, quando Telesforo di Terranova di Calabria – oggi Terranova di Sibari – della diocesi di Thurio veniva elevato al ministero petrino. Si trattava dell’ottavo pontefice della storia. Secondo quanto scritto nel Liber pontificalis – opera di riferimento che raccoglie le biografie dei papi dei primi secoli della Chiesa –, il pontefice della Sibaritide fu autore del canto del Gloria in excelsis Deo prima di morire martire fra il 137 e il 138. Telesforo, il primo papa calabrese, è venerato come santo sia dalla Chiesa cattolica – che lo ricorda il 2 gennaio – sia dalla Chiesa ortodossa.

Pontificati e persecuzioni

Nel secolo successivo, popolo e nobiltà elessero due nuovo papi di origine calabrese.
Nel 235 fu la volta di Antero, nativo di Petelia, già città magnogreca e poi municipio romano. Il diciannovesimo Santo Padre – citato anche dall’archeologo François Lenormant nella sua monumentale La Grande-Grèce – originario del territorio oggi corrispondente grossomodo a Strongoli, cittadina del Crotonese, durò appena una manciata di settimane, martirizzato pure lui il 3 gennaio 236.

Un paio di decenni dopo fu eletto vescovo di Roma un altro papa della diocesi di Thurio, così come San Telesforo: si trattava di Dionisio (o Dionigi), papa fra il 259 e il 268, anno al termine del quale morì, pare in questo caso per cause naturali. Papa nei sanguinosi anni delle persecuzioni dei seguaci cristiani da parte dell’imperatore Valeriano, Dionisio definì in maniera più netta, secondo quanto scrisse Eusebio di Cesarea nella sua Historia Ecclesiastica, i confini delle varie diocesi, ammonendo i vescovi al rispetto di questi limiti. Fu sepolto nella cripta papale delle catacombe di San Callisto.

Editti ed eresie

Durò soli quattro mesi il pontificato del quarto Sommo pontefice nativo della Calabria. Parliamo di Eusebio da Altano, poi Casegghiano – località che doveva essere vicina a San Giorgio Morgeto –, divenuto papa nell’aprile del 309 ed esiliato, per decreto dell’imperatore Massenzio, ad agosto dello stesso anno in Sicilia. Sull’isola del Mediterraneo morì martirizzato nel 311. Soltanto due anni più tardi, nel 313, sarebbe stato emanato il celebre Editto di Milano, carta con la quale i due imperatori romani di allora – Costantino per l’Occidente e Licinio per l’Oriente – concedevano libertà di culto ai cristiani, favorendo così la propagazione nel mondo del Cristianesimo.

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La statua dell’imperatore Costantino davanti alla Basilica di San Lorenzo a Milano

Dopo il Sacco di Roma e con all’orizzonte la caduta dell’Impero romano d’Occidente, fra il 417 e il 418 si registra il papato di Zosimo. Nativo di Messurga, già enotria Reazio e contemporanea Mesoraca – come riportò alla fine del Sedicesimo secolo lo storico Scipione Mazzella nella Descrittione del regno di Napoli –, Zosimo si trovò a fronteggiare con fermezza l’eresia del pelagianesimo – dottrina dissidente sorta all’interno del Cristianesimo – e a scontrarsi con i vescovi delle Gallie, della Spagna e dell’Africa. In generale, il suo ministero fu piuttosto travagliato. Santificato dalla Chiesa cattolica, la celebrazione della memoria liturgica cade il 26 dicembre.

Agatone, il papa calabrese emulo di Matusalemme

Fra i secoli Settimo e Ottavo si susseguirono gli ultimi cinque papi venuti dalla Calabria.
Ricordato per l’animo particolarmente caritatevole è Agatone, papa salito al soglio petrino nel 678. Di lui le generalità sono però assai confuse. In primis le origini: alcune fonti lo portano come siciliano, altre – fra queste l’autorevole Grande Dizionario Enciclopedico UTET – come nativo dell’area attorno a Reggio Calabria. E poi, ancor più incerta, l’età che aveva alla sua elezione. Pare che in quell’anno 678 in cui succedette a papa Dono, Agatone fosse già ultracentenario, essendo probabilmente il 575 il suo anno di nascita.

Nonostante l’età eccezionalmente avanzata, il suo pontificato non sarebbe durato pochissimo: restò massimo vicario di Cristo fino al 681, anno in cui lo colse la morte a causa di una epidemia di peste. Dando credito alla sua leggenda agiografica, papa Agatone, venerato come santo taumaturgo dalla Chiesa cattolica quanto da quella ortodossa, deterrebbe due primati: quello del più anziano papa al momento della elezione e quello del più longevo al termine del pontificato.

Leone II e Giovanni VII

Un’altra disputa riguardo la provenienza emerge pure per il papa che seguì Sant’Agatone, Leone II, ottantesimo pontefice della Chiesa cattolica fra il 682 e il 683. E anche in questo caso la paternità è dibattuta fra Reggio Calabria e la Sicilia, che presenta sul tavolo ben tre possibili nidi: Messina, Piazza Armerina e Nicosia. Papato breve ma significativo quello di Leone II: nel corso del suo ministero fissò la dipendenza della sede vescovile autocefala di Ravenna da quella di Roma. Sarebbe, inoltre, lui ad avere inserito nel rito della messa il Bacio della pace, un segno antecessore dello Scambio della pace di oggi.

Religioso erudito e di marcata sensibilità artistica, Giovanni VII nacque a Rossano nel 650, figlio di un funzionario bizantino. Fu lui l’ottavo papa che la Calabria diede alla Chiesa cattolica. Giovanni VII fu pontefice dal 1° marzo 705 al 17 ottobre 707, giorno della morte, confermato anche dallo storico e presbitero Gabriele Barrio e dal suo discepolo Girolamo Marafioti. Nel corso della sua parabola papale ebbe dei contrasti con l’imperatore di Bisanzio Giustiniano II e fece costruire la Cappella della Vergine Maria nella Basilica di San Pietro, sito in cui riposa.

Una pausa di oltre 1250 anni

Durò per oltre una decade il pontificato di un altro papa di origini calabresi, Zaccaria, nato nel 679 nella antica Siberene, città enotria da far coincidere presumibilmente con l’attuale Santa Severina, nel Marchesato. Figura influente della Chiesa e già vicino collaboratore del precedente pontefice, papa Gregorio III, Zaccaria fu consacrato il 10 dicembre 741, pochi giorni dopo la scomparsa del predecessore. Resse la Chiesa di Roma fino al 15 marzo 752, giorno in cui spirò. Il 15 marzo è anche la giornata in cui ricorre la sua commemorazione.

Il decimo e ultimo papa calabrese della storia della Chiesa – decimo in poco più di seicento anni, fra il II e l’VIII secolo, uno ogni sessant’anni suppergiù: media a dir poco notevole – è stato Stefano III, già cardinale di Santa Cecilia e Capo della Chiesa cattolica dal 1º agosto 768 fino al 24 gennaio 772. Pure nel suo caso, però, i natali sono contesi: alla presumibile nascita in territorio di Santo Stefano d’Aspromonte si affiancano, infatti, interrogativi circa una origine in realtà siciliana. Stefano III tentò di sanare gli attriti provocati dagli antipapi – pontefici eletti seguendo procedure diverse da quelle disciplinate dal diritto canonico –, e provò con scarse fortune a contenere la politica aggressiva del re dei Longobardi Desiderio.

Un nuovo papa calabrese?

Concludiamo questa divagazione papale con un nome: Domenico Battaglia.
Dal 2020 arcivescovo metropolita di Napoli e dallo scorso gennaio nominato membro del Dicastero per l’evangelizzazione, Domenico Battaglia è nato a Satriano, centro del litorale jonico Catanzarese, nel 1963. Anche lui, don Mimmo, come lo chiamano i suoi fedeli, sarà fra i porporati che da mercoledì si chiuderanno nella Cappella Sistina, nel conclave più affollato di sempre, per eleggere il prossimo Santo Padre.

Domenico Battaglia con Bergoglio: potrebbe essere lui l’undicesimo papa calabrese della Storia

Una curiosità finale: don Mimmo Battaglia è stato l’ultimo cardinale creato da Francesco, che lo nominò berretta rossa di San Marco in Agro Laurentino nel concistoro del 7 dicembre 2024. E chissà che proprio dall’epilogo possa sorgere un nuovo principio.

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