Occhiuto diffamò Marisa Manzini? Pronto lo scudo dell’immunità

L’ex procuratrice aggiunta di Cosenza vuole portare in Tribunale il governatore e il sottosegretario. Che però invoca le tutele parlamentari. Da deputato puntò il dito sui rapporti della magistrata con Morra in relazione a un’inchiesta sul fratello. Ma il centrodestra ha già pronta la contromossa

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Le sorti di questa storia – che sarebbe tutta calabrese – si decidono a Montecitorio. Perché se una presunta diffamazione la commette un comune mortale deve andare a difendersi in Tribunale. Se il denunciato è invece un deputato o un senatore allora può scattare lo scudo parlamentare. Anche se l’accusato deputato non lo è più, ma lo era all’epoca dei fatti. Proprio come Roberto Occhiuto.

Manzini va in Tribunale, ma Occhiuto e Mulè chiedono lo stop

Il presidente della Regione è uno dei protagonisti della vicenda. L’altro è l’attuale sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, all’epoca portavoce di Forza Italia alla Camera. A portare in Tribunale – o meglio, a provare a farlo – Mulè e Occhiuto è Marisa Manzini, già procuratrice aggiunta a Cosenza. Il suo atto di citazione risale al 3 dicembre 2019 e il procedimento è attualmente pendente al Tribunale civile di Salerno. Solo che ora della questione si sta occupando la Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio. Perché Occhiuto e Mulè hanno chiesto che la Camera «voglia domandare la sospensione del procedimento».

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Marisa Manzini

Occhiuto e Mulè si rivolgono alla Giunta dopo il no del giudice

Il nocciolo della vicenda riguarda l’articolo 68 della Costituzione: «I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni». Il giudice di Salerno a gennaio ha rigettato la richiesta avanzata al Tribunale da Occhiuto e Mulè. I quali invece chiedono che venga loro applicata questa prerogativa costituzionale. E di fronte al diniego ora si sono rivolti alla Giunta della Camera richiamando la possibilità (prevista dalla legge 140/2003) che sia direttamente Montecitorio a chiedere al giudice la sospensione.

I presunti rapporti tra Manzini, Morra e un maresciallo

Secondo quanto riportato oggi in un breve articolo sul settimanale cartaceo di Tpi, la Camera sarebbe pronta «a salvarli». Con la motivazione che l’asserita diffamazione sarebbe avvenuta in una conferenza stampa che si è tenuta a Montecitorio. Proprio questa circostanza potrebbe garantire a Occhiuto e Mulè «l’ombrello dell’immunità». I fatti risalgono al 13 maggio 2019. Quando dalla sala stampa di Montecitorio e dalla web-tv della Camera i due deputati, affiancati dalla compianta Jole Santelli, parlarono dei rapporti tra il senatore M5S Nicola Morra, Manzini e un maresciallo della Guardia di finanza.

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Il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra

L’intercettazione a casa Morra

L’argomento è tutto cosentino e risale al febbraio del 2018. Ovvero una conversazione con l’ex segretario dell’allora sindaco Mario Occhiuto che Morra avrebbe registrato, a casa sua, portando poi alla Gdf il dvd con l’intercettazione. Ne sarebbe scaturita un’indagine che avrebbe coinvolto il fratello dell’attuale presidente della Regione, poi però assolto dalle accuse che riguardavano alcuni rimborsi per viaggi istituzionali (qui il Quotidiano del Sud fornisce i dettagli della vicenda processuale).

Occhiuto su Manzini consulente dell’Antimafia

Nella conferenza stampa romana da cui è scaturita l’azione legale di Manzini proprio Occhiuto (Roberto), secondo la magistrata, avrebbe avuto «il ruolo centrale». In particolare nel sottolineare i tempi insolitamente rapidi con cui Gdf e Procura avevano dato seguito all’iniziativa di Morra. I forzisti accusano: «Il maresciallo a cui ha consegnato il dvd e il pm che ne ha disposto la trascrizione (il riferimento è proprio a Manzini, ndr) sono diventati consulenti dell’Antimafia». Che non all’epoca dei fatti, ma poco dopo e ancora oggi, è presieduta da Morra.

La sala stampa e l’attività parlamentare

 

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La conferenza stampa tenuta alla Camera da Santelli, Mulè e Occhiuto

Nel resoconto della Giunta si legge che un deputato del Pd (Alfredo Bazoli) ha sottolineato «l’esigenza di soffermarsi sulla possibilità o meno di qualificare gli interventi svolti durante la conferenza stampa medesima come attività parlamentare tipica».Il presidente dell’organismo, di FdI, pur «senza volere anticipare l’esame dei profili giuridici o il giudizio nel merito del caso in esame», ha fatto notare che «una conferenza stampa svolta all’interno di una sede istituzionale su temi di rilevanza politica dovrebbe essere comunque qualificata come espressione di attività parlamentare eseguita intra moenia». Non sorprende che si sia detto d’accordo sul punto Carlo Sarro di Forza Italia, che ha richiamato anche il fatto che la conferenza stampa sia stata affiancata da un’interpellanza parlamentare.

Un lieto fine per Occhiuto e Mulè?

L’orientamento del centrodestra è, ovviamente, abbastanza chiaro. Non è un dettaglio che dei 21 componenti della Giunta per le autorizzazioni, 11 facciano riferimento a partiti del centrodestra (Fi, Lega, FdI e Coraggio Italia), 8 al centrosinistra (Pd, M5S e LeU) e 2 sono di Italia Viva. L’organismo ha rinviato la trattazione della vicenda a un ulteriore esame. Ma il finale della storia sembra abbastanza scontato.

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