Dai riti voodoo alla tratta delle donne: la mafia nigeriana è sbarcata a Reggio

Arrestato presunto boss della consorteria criminale africana. Il racconto agghiacciante della ragazza arrivata nel 2014 nella città dello Stretto. Costretta a prostituirsi e sottoposta a riti di di magia nera

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L’inizio dell’incubo ha una data certa: siamo nel 2014. Proprio in quell’anno una giovane ragazza nigeriana sarebbe arrivata in Italia, a Reggio Calabria, per la precisione. La promessa è quella di farla lavorare in un bar. Qualcosa di paradisiaco se raffrontato alla fame e alla miseria che si vive in Africa. Ma, se possibile, quella giovane nel nostro Paese vivrà atrocità pari a quelle patite in Africa.

L’arrivo a Reggio Calabria e l’inizio dell’incubo

Lo chiamano “Fred” o “Friday”. Il suo nome reale è Favour Obazelu. Sarebbe lui il suo principale aguzzino. È un 43enne, considerato un elemento di spicco della mafia nigeriana. Fred/Friday l’avrebbe costretta a prostituirsi per ripagare il debito di averla “salvata” dalla povertà della Nigeria. Ma non solo.  L’avrebbe sequestrata in un appartamento a Bari, l’avrebbe violentata e messa incinta, cacciandola poi di casa, trattenendo però i documenti della giovane e del figlio nato dallo stupro.

La giovane, quindi, sarebbe arrivata nel 2014 a Reggio Calabria, per essere trasportata poi a Bari. Con la promessa di quel lavoro in un bar. Ma nel capoluogo pugliese non vi sarebbe stato nessun bar ad aspettarla. Anzi, l’avviamento alla prostituzione, insieme ad altre due giovani. Anche loro dovevano “ripagare il debito” per l’arrivo in Italia dalla Nigeria.

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Il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri

L’indagine

Il presunto boss della mafia nigeriana è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, con l’accusa di riduzione in schiavitù, tratta di esseri umani, sequestro e violenza sessuale. Le indagini sono condotte dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, e dal pm antimafia Sara Amerio.

Questo perché Favour Obazelu è considerato uno dei boss della mafia nigeriana presente sul territorio italiano.  Assieme al fratello, Eghosa Osasumwen detto “Felix” di 32 anni, e ad altri soggetti che si trovano in Libia e in Nigeria, Obazelu avrebbe reclutato in patria ragazze da condurre con l’inganno in Italia. Nell’inchiesta sono indagati altri tre nigeriani, due donne di 30 e 22 anni, e un uomo di 25.

Il rito voodoo

Inquietanti i dettagli raccontati da una delle vittime. Le donne, infatti, non solo erano costrette a prostituirsi. Ma, nei periodi in cui non lavoravano, venivano tenute segregate, talvolta legate materialmente. Ma, soprattutto, mentalmente incatenate tramite un rito voodoo che le avrebbe tenute in uno stato di completa prostrazione.

Stando al racconto di una delle vittime, in quel periodo appena 21enne, la giovane sarebbe stata sottoposta ad un rito di magia nera per vincolarla al rispetto dell’impegno di pagare la somma di 25mila euro. Questo il debito calcolato da Fred/Friday e dai suoi fratelli per l’arrivo in Italia.

Sempre la vittima, che ha trovato il coraggio di denunciare, sarebbe stata sottoposta a una vera e propria cerimonia tribale: in quell’occasione lei e la sua famiglia sarebbero state minacciate di morte nel caso in cui avessero infranto il giuramento.

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L’ingresso della Questura di Reggio Calabria

La mafia nigeriana in Italia

E’ un allarme che risuona da tempo quello della presenza della mafia nigeriana nel nostro Paese: «La criminalità nigeriana è dedita prevalentemente al traffico di esseri umani, allo sfruttamento della prostituzione e al narcotraffico ed è risultata anche in osmosi con organizzazioni criminali albanesi» –  è scritto nell’ultima relazione semestrale redatta dalla Direzione Investigativa Antimafia.

Una vera e propria mafia. Così come è stata riconosciuta da recenti sentenze italiane, che ne hanno sottolineato i caratteri di mafiosità: «…Si manifesta non solo internamente attraverso l’adozione di uno stretto regime di controllo degli associati ma, anche, esternamente attraverso un’opera di controllo del territorio e di intimidazione nei confronti di terzi appartenenti alla comunità nigeriana ovvero appartenenti a gruppi malavitosi contrapposti, i cui intenti criminali devono essere stroncati così da evitare ogni forma di concorrenza delinquenziale…» – si legge in una di esse.

Un’organizzazione caratterizzata da una grande ritualità, che mischia elementi della tradizione ancestrale con la necessità di fidelizzare gli affiliati. Tra le più importanti investigazioni che di recente hanno confermato la forza e la pericolosità dei sodalizi nigeriani si rammentano le operazioni “Maphite – Bibbia verde” e “Burning Flame”, coordinate rispettivamente dalle DDA di Torino e Bologna.

La “Supreme Vikings Confraternity”

Favour Obazelu, quindi, è considerato un elemento di spicco della mafia nigeriana. Dal 2019, infatti, è detenuto nel carcere di Agrigento perché coinvolto nell’inchiesta “Drill”, coordinata dalla Procura di Bari che lo accusa di far parte di un’associazione a delinquere di stampo mafioso denominata Cults. Fred/Friday è considerato il capo della “Supreme Vikings Confraternity”, una sorta di cosca conosciuta anche come “i rossi”.

Le caratteristiche di queste realtà criminali sono: l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e in generale un modus agendi tale che la Corte di Cassazione si è più volte espressa riconoscendone la tipica connotazione di “mafiosità”.

Ancora dalla relazione della DIA: «Si tratta di elementi tipici che costituiscono il modello operativo dell’associazionismo criminale nigeriano a connotazione mafiosa che contempla interessi per i reati di riciclaggio e di illecita intermediazione finanziaria verso la Nigeria, tratta di donne da avviare alla prostituzione, cessione di stupefacenti, reati violenti nei confronti di aderenti ad altri cults o punitivi nei confronti di connazionali. Le investigazioni hanno infatti permesso di documentare le violente punizioni corporali nei confronti di affiliati non rispettosi delle regole e il ricorso all’esercizio di violenza fisica anche nella risoluzione dei conflitti interni per costringere terzi ad affiliarsi anche contro la loro volontà oppure per opporsi e scontrarsi con cult rivali».

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Gli uomini della Squadra mobile di Reggio hanno arrestato il presunto boss della mafia nigeriana Favour Obazelu

La mafia nigeriana a Reggio Calabria

La mafia nigeriana è un’organizzazione in grande crescita sul territorio italiano. Fin qui l’avevamo vista radicata in altre città. Roma, soprattutto, dove è capace di dialogare con altri cartelli. Diverse indagini, peraltro, ne hanno mostrato l’operatività in Emilia Romagna e altre regioni. Ma anche la Campania, dove, da tempo, il clan camorristico dei Bidognetti dialoga con quelle cellule. E poi in Sicilia. Ancora dalla relazione della DIA: «Si conferma infine la costante vitalità e una progressiva affermazione della criminalità di matrice nigeriana che starebbe acquisendo uno spazio operativo progressivamente sempre più ampio. Si tratta di gruppi criminali che, forti dei legami con le analoghe consorterie che agiscono a Catania e Palermo risultano attivi soprattutto nel capoluogo nell’ambito dei consueti settori degli stupefacenti e dello sfruttamento della prostituzione».

Quello che, invece, risulta un dato nuovo è la presenza in riva allo Stretto. Per la Dda, infatti, l’organizzazione criminale di cui faceva parte Favour Obazelu sarebbe operativa tra la Nigeria e l’Italia. E in particolare a Reggio Calabria, Bari e in altri centri pugliesi.

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