La casta a 5 stelle adesso fa il pieno di portaborse

Erano i duri e puri contro lo stipendio troppo alto dei consiglieri regionali. I tempi cambiano e i grillini non fanno a meno delle assunzioni fiduciarie. Persino il "battitore libero" Giuseppe Giorno ha un posto in Regione

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Nelle stesse ore in cui Roberto Fico convoca il Parlamento in seduta comune per eleggere il capo dello Stato i suoi epigoni calabresi dimostrano di essere entrati nella parte allo stesso modo, con le dovute proporzioni, del presidente della Camera. Certo è azzardato il paragone tra il più alto rito di Palazzo e quello, evidentemente più basso, delle nomine di sottobosco nel consiglio regionale calabrese. La stessa è però la cifra politica che i due passaggi restituiscono rispetto a una forza, il Movimento 5 stelle, allattato con il furore anticasta e ormai avvezzo alle liturgie delle stesse istituzioni che si proponeva di ribaltare.

Nella casta M5S pure Tavernise e Afflitto

Il loro ingresso nell’Astronave di Palazzo Campanella è stato salutato come storico ma la prassi è altra cosa rispetto alla retorica. Così i due consiglieri regionali M5S mentre con una mano lanciano un messaggio di austerità, con l’altra cominciano a riempire le caselle a disposizione con i vituperati “portaborse”. Si tratta dei co.co.co. che ogni consigliere assume per chiamata diretta e che, va detto, spesso hanno esperienza e cv più che consoni al ruolo. Non di rado però questi incarichi diventano uno strumento per pagare debiti elettorali e certamente tante volte sono finiti nel mirino degli antisistema. Nel sistema però ora ci sono anche Davide Tavernise e Francesco Afflitto.

I consiglieri regionali del M5s, Davide Tavernise e Francesco Afflitto
La guerra con la Bausone

Quest’ultimo, a cui il Pd e il centrodestra hanno concesso la Presidenza della Commissione di Vigilanza, deve fronteggiare in sede giudiziaria (e non solo) la collega di partito Alessia Bausone. Che, dopo aver conquistato il primo posto tra i non eletti in fase di riconteggio, gli contesta l’ineleggibilità puntando al suo seggio e gli muove accuse – a cui lui risponde annunciando querele – non proprio leggere. Come quella di essere «politicamente un Poltergeist» e di muoversi tra «poltronifici, silenzio sulle mafie e mancato rispetto delle regole (anche elettorali)».

Tavernise è invece il giovane capogruppo e i due ruoli (presidente di gruppo consiliare e di Commissione) consentono a entrambi i 5stelle di assumere il doppio dei componenti dello staff rispetto a un consigliere semplice.

Così fan tutti

Sia chiaro: gli altri non sono certo da meno e sono già noti i casi di Leo Battaglia arrivato davvero alla Regione, di un ex fotoreporter di Mario Oliverio nominato autista della leghista Simona Loizzo, dei collaboratori che passano da Carlo Guccione a Franco Iacucci e da Luca Morrone alla moglie, o dello stesso Roberto Occhiuto che ha assunto a Palazzo Campanella una supporter del fratello.

Ma anche i pentastellati non sembrano avere alcuna intenzione di fare a meno delle assunzioni fiduciarie. Hanno fatto sapere urbi et orbi di aver rinunciato al vitalizio – che oggi è ben poca cosa rispetto al tesoretto da migliaia di euro assicurato ai vecchi ex consiglieri – e all’indennità di fine mandato, ma non sbandierano le nomine che fanno per i loro staff.

Quattro piccioni M5S per un Tavernise

Tavernise, per esempio, ne ha portate a casa quattro in un colpo solo. Fabio Gambino, già assistente parlamentare di Alessandro Melicchio, sarà il suo segretario particolare al 50% per poco più di 20mila euro all’anno. Collaboratore esperto (al 50%) del capogruppo è invece Lidia Sciarrotta. Prenderà 16.700 euro all’anno ed è nota agli annali grillini perché, nel 2019, «avrebbe dovuto partecipare alla Parlamentarie per la selezione dei candidati alle europee» – si legge sul sito Informazione & Comunicazione – ma il suo nome sparì dalla lista dei candidati «benché incensurata» perché, «secondo talune fonti», qualcuno avrebbe segnalato che aveva «parenti condannati per usura».

Duro e puro di Giorno

C’è poi spazio per un componente interno – il dipendente del consiglio regionale Giovanni Paviglianiti, per la cui indennità di struttura saranno erogati 12.800 euro all’anno – e soprattutto per Giuseppe Giorno. Si tratta di un consigliere comunale di Luzzi che è stato coordinatore della campagna elettorale M5S per le Regionali. A metà luglio diceva peste e corna dell’alleanza con il Pd e Amalia Bruni, accusando i cittadini-portavoce-parlamentari Riccardo Tucci e Massimo Misiti di aver «tramato fin dall’inizio probabilmente solo per interessi personali». Oggi forse avrà cambiato idea sui dem e la loro ex aspirante governatrice, comunque farà il segretario particolare al 50% per circa 20mila euro all’anno.

L’ex duro e puro Giuseppe Giorno, coordinatore della campagna elettorale del M5S nelle ultime elezioni regionali

Proprio Giorno nell’estate del 2020, quando il caso dei vitalizi fece arrossire davanti all’Italia sia la maggioranza che l’opposizione dell’epoca, sottoscriveva e spammava il comunicato dei parlamentari grillini che ricordavano come «il Consiglio regionale calabrese costa quasi quanto quello della Regione Lombardia che ha, però, il doppio dei consiglieri, cinque volte la popolazione della Calabria e un reddito pro capite di gran lunga superiore al nostro».

Quando tuonavano contro gli stipendi troppo alti

All’epoca erano fuori da Palazzo Campanella e puntavano il dito contro «lo stipendio mensile di 5.100 euro e i rimborsi netti di circa 7mila euro mensili attribuiti a ogni consigliere», oggi invece ci sono dentro e i loro cittadini-portavoce-consiglieri Tavernise e Afflitto incassano puntualmente quei compensi. Viene dunque da chiedersi se proveranno almeno ad approvare la proposta di legge M5S di «taglio ai privilegi» parcheggiata da anni a Palazzo Campanella che produrrebbe «un risparmio di 3 milioni di euro a legislatura». O se, nel caso in cui il centrodestra ne stoppasse gli eventuali buoni propositi, siano pronti a rinunciare almeno a una parte di stipendio o di staff. Produrrebbero un risparmio ben maggiore della loro attuale rinuncia e manderebbero, pur da dentro il Palazzo, un segnale di sobrietà un po’ più concreto.

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