Un anno fa Nicola Irto era il candidato in pectore del centrosinistra alla presidenza della Regione Calabria. Sul suo nome, però, arrivò il veto del Movimento 5 Stelle. E il Nazareno, in virtù della ricerca spasmodica – più nazionale che locale – di una alleanza organica con i grillini, lo sacrificò. A nulla valse il supporto offertogli da Dalila Nesci, pronta a candidarsi a primarie di coalizione (suscitando le ire dei suoi colleghi).
Irto si ritirò con tanto di nota polemica offerta alla stampa. «La volontà di militanti ed elettori è svilita», dichiarò. Per poi annunciare di non voler «starsene zitto e buono» e denunciare i «piccoli feudi» del Pd. Poco dopo ne divenne il segretario regionale al motto di “Rigenerare il Pd”. Ma il partito pare essere solo all’ennesima situazione di stallo dove regna il tutti contro tutti.

Irtolandia, in attesa delle politiche
Oggi, il Pd è “Irtolandia”, un mondo dove lo scenario politico interno che viene raccontato è quasi idilliaco. L’unanimismo (spesso forzato) nelle decisioni interne e nell’elargizione di pennacchi partitici riempie le rassegne stampa quotidiane con roboanti annunci di assunzioni di responsabilità.
Il tutto è chiaramente funzionale alle imminenti elezioni politiche che vedranno lo stesso capogruppo regionale del Pd candidato capolista (probabilmente al Senato). Irto, attualmente impegnato in un tour sui territori di presentazione del suo libro, è già proiettato verso uno scenario extracalabrese. E pazienza se ad accompagnarlo sono i mugugni di alcuni suoi colleghi eletti a Palazzo Campanella.

I possibili intoppi rappresentati dal vedersi catapultati rivali interni nazionali pare averli scongiurati. Francesco Boccia è commissario regionale del Pd in Puglia e Stefano Graziano candidato segretario regionale del Pd campano. Con tali cariche avranno certamente diritto di opzione nei listini bloccati delle rispettive regioni. Ma per Irto sarà comunque complicato tenere le redini del partito con una lotta tra possibili “quote rosa” imposte da Roma e dirigenti locali, dato il risicato numero di posti per il Parlamento.
Dema e Cristallo
Il Nazareno, soprattutto per via dell’ex ministro Peppe Provenzano, tenta in tutti i modi di trovare spazio alla “sardina” di Catanzaro, Jasmine Cristallo. Il suo omologo bolognese, Mattia Santori, è consigliere comunale e si occupa di oche e frisbee. Lei è prima finita (con sorpresa dei più) nell’ormai noto sondaggio commissionato da Roma sui papabili candidati sindaci di Catanzaro espressi dal Pd. Poi avrebbe “suggerito” (tramite Boccia) al candidato sindaco Nicola Fiorita di offrirle un qualche ruolo nella campagna elettorale. Da qui al listino, però, ce ne passa. Certo è che se Fiorita dovesse diventare sindaco potrebbe essere suo grande sponsor. Sarà questo uno dei motivi del “boicottaggio” dei dem al “loro” candidato sindaco? Si vedrà.
Altra questione è Luigi de Magistris, radicato praticamente “solo” in Campania ed in Calabria. Il centrosinistra a trazione Pd potrà concordare qualche patto di non belligeranza, inglobando qualche candidato dell’ex pm (la cosentina Anna Falcone?) in virtù del decantato campo largo? Sulla carta un accordo simile è già in atto nel capoluogo di regione, dove Dema e il Pd andranno a braccetto. Difficile, però, che l’uscente-effervescente Enza Bruno Bossio non usi (politicamente) il bazooka per farsi spazio, unitamente alle altre donne interne al Partito con l’ambizione di un giro di giostra in Parlamento.

Ciao ciao Graziano
Unica nota accolta con sollievo unanime all’interno del Pd è il bye bye a Stefano Graziano. Dell’ormai ex commissario regionale del Pd per ben tre anni, con in mezzo due elezioni regionali stra-perse, non rimarrà certo un buon ricordo tra i militanti, eccezion fatta per le portaborse di Amalia Bruni, da lui stesso indicate. Oltre alle elezioni calabresi, Graziano perse pure la sua in Campania nell’autunno del 2020. E dire che a sostenerlo c’erano vari big locali del suo partito: il sindaco di Caserta e presidente dell’Anci Campania, Carlo Marino; il vicesindaco Franco De Michele, presidente dell’Ente Idrico; il consigliere comunale e membro del C.d.a. del Consorzio Asi, Gianni Comunale.
Graziano, però, è stato subito “recuperato” da Vincenzo De Luca quale suo consulente. Farà l’“Esperto del Presidente in materia di Analisi e programmazione economica degli interventi inerenti alle Reti ed Infrastrutture di interesse strategico regionale”. Oggi, proprio lo stesso De Luca lo sta fortemente sponsorizzando come segretario regionale a seguito delle dimissioni di Leo Annunziata. Andasse in porto, si archivierebbe nei fatti la sua candidatura in Calabria come “risarcimento” per il lavoro svolto nel triennio da commissario regionale.
I feudi ci sono ancora: il caso Vibo
Nonostante la mediatica narrazione del Pd come “IrtoLandia” e i congressi celebrati con la curatela del Nazareno che ha imposto l’unanimità nell’assunzione delle varie cariche, sui territori continuano ad esserci quei feudi che Irto aveva denunciato giusto un anno fa. E la situazione non si accinge certo a migliorare.
Emblematico è il caso del Pd di Vibo Valentia, rimasto orfano del capogruppo in consiglio comunale, Stefano Luciano. «Sono grato a Nicola Irto per avermi scelto in direzione regionale del Pd, ma quanto verificatosi recentemente nel partito cittadino e provinciale non mi ha lasciato sereno, perché ogni spinta verso un radicale cambiamento è stata impedita in ogni modo e con ogni forza», ha dichiarato Luciano prima di abbracciare Azione di Carlo Calenda qualche giorno fa.

Rigenerazione sì, ma dei parenti
Già, perché in città è prevalsa la linea di Francesco Colelli e Fernando Marasco (provenienti da Sinistra, ecologia e libertà) e Carmelo Apa, proveniente da Rifondazione Comunista.
Non certo una “Rigenerazione”, per dirla con Irto, ma il riproporsi delle stesse facce o dei loro parenti. È il caso del consigliere comunale del Pd Stefano Soriano, figlio di Michele, già candidato a sindaco in quota dem nel 2010. Ma anche del consigliere provinciale Marco Miceli che, seppur iscritto al gruppo “Vibo Democratica” (strizzando l’occhio al M5S), ha come padre un dirigente cittadino di lungo corso del Pd (ha guidato la commissione di garanzia dell’ultimo congresso).
A livello provinciale il “pennacchio” di segretario è andato, invece, a Giovanni Di Bartolo, studente universitario, classe ’96, già “social media manager” dell’ex deputato Brunello Censore. La presidenza del Partito, invece, è toccata all’ex consigliere regionale Michele Mirabello, anche lui ex pupillo di Censore e già segretario provinciale del Partito nel 2013. Per l’uscente segretario provinciale Enzo Insardà, infine, è arrivato il posto di tesoriere regionale del Partito.
L’ambiguo rapporto con Solano
A “rigenerarsi” con questo nuovo Pd è certamente il presidente della Provincia di Vibo Valentia, Salvatore Solano, imputato per corruzione, concorso nel minacciare gli elettori e turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa nell’ambito del processo della Dda di Catanzaro “Petrolmafie”.
Già, perché la consigliera provinciale del Pd Maria Teresa Centro ha accettato di buon grado la delega offertale da Solano (che, ricordiamo, è stato eletto con Forza Italia), unitamente al citato Miceli, supportata dal collega di gruppo comunale Giuseppe Policaro, anch’esso grande supporter di Solano. Insomma, qui il nuovo Pd inciucia quanto e come il vecchio.
A Catanzaro ritorno al passato
Una versione amarcord del Pd arriva pure dal Catanzarese. Sui tre colli hanno “incoronato” segretario l’ex consigliere comunale Fabio Celia, che è stato il primo coordinatore del Pd cittadino nel 2010. Dodici anni fa scriveva: «Basta con chi ha generato la morte della politica di centrosinistra in città; basta con chi ha costruito lobby di potere per gestire la politica dell’interesse e dell’affermazione di sé e dei propri amici». Un ottimo intento, che pare cozzare, però, con l’aver piazzato suo cognato Giuseppe Correale prima come portaborse di Francesco Pitaro e ora di Ernesto Alecci.
Come primo atto, Celia ha nominato un direttivo dal quale nell’immediato si è dimesso più d’uno in dissenso con la linea del Partito. Non proprio un buon inizio. La nomina di Celia è arrivata dopo il passo indietro di Salvatore Passafaro, figlio di ex consigliere comunale, già coordinatore cittadino del Pd – e futuro capolista, qualora i dem abbiano la forza di stilare una lista alle prossime amministrative nonché protagonista delle primarie farsa (con tesseramento fasullo) del 2019.
Come segretario provinciale, archiviata la tragicomica era Cuda, è stato collocato Domenico Giampà. Il sindaco di San Pietro a Maida, protagonista della faida per la segreteria provinciale con Enzo Bruno a suon di ricorsi del 2013, è un ex portaborse dell’assessore all’Ambiente Roberto Musmanno, fedelissimo di Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo. Il Pd a guida Giampà ha confermato come presidente l’ex primo cittadino di Satriano, Michele Drosi, già portaborse dell’assessore regionale Francesco Russo nell’era Oliverio.

Il nuovo Pd che guarda a destra
Piccolo particolare: come membro della direzione regionale il Pd catanzarese ha nominato Eugenia Paraboschi, figlia dell’ex presidente della commissione di garanzia del partito catanzarese, storico comunista di Marcellinara. È proprio in questo paese che Eugenia è stata candidata ed eletta con “Marcellinara da Vivere”, lista di centrodestra con candidato a sindaco l’allora vicepresidente della provincia in quota Forza Italia, oggi consigliere regionale di Fdi, Antonio Montuoro. La Paraboschi correva contro il segretario cittadino del Pd di Marcellinara, Giovanni Torcasio, ed è ancor oggi nel gruppo consiliare con l’esponente dei meloniani. Insomma, c’è molta confusione in questo “nuovo Pd”. Tanto che, in vista delle comunali del capoluogo, molti suoi esponenti hanno già virato a destra con Valerio Donato, chi ufficialmente, chi in maniera felpata.
A Cosenza tutto rimandato
A non cedere fino ad oggi all’unanimismo forzato che è stato imposto nelle varie province è stata la federazione del Pd cosentino, che esprime la deputata Enza Bruno Bossio.
La Commissione nazionale di garanzia ha annullato le fasi propedeutiche alla celebrazione dei congressi alla luce dei vari ricorsi presentati. Tutto rimandato a maggio, in attesa che Bruno Bossio, Bevacqua, Zagarese, Locanto e Iacucci, con la tutela nazionale imposta per il tramite del funzionario Riccardo Tramontana, trovino la quadra.
Nel mezzo, però, ci son state le elezioni provinciali di Cosenza, che hanno visto vincere il centrodestra di Rosaria Succurro. Il sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi, ha punzecchiato: «Bisognerebbe riflettere su quanti e sulle ragioni di chi, seppur del centrosinistra o del PD, hanno votato centrodestra, visto che è aritmeticamente accertato». Per questa resa dei conti c’è da attendere.
Intanto il tour di Irto continua, di feudo in feudo.
