Incendi a Reggio. Ricorderemo il 2023 come un nuovo annus horribilis.
Quasi negli stessi giorni in cui nel 2021 sono andati in cenere oltre 8.000 ettari di aree protette in Aspromonte, le fiamme hanno divorato vaste aree del Reggino e lambito tutto il perimetro del capoluogo.
Incendi: a Reggio un record infame
Alcuni dati elaborati da Legambiente sulle rilevazioni satellitari Effis sono utili a tracciare il disastro: su base nazionale le province più colpite risultano Palermo, Agrigento, Reggio Calabria, Messina e Siracusa. Messe insieme, fanno il 75,62% del totale distrutto da incendi di vegetazione dall’1 gennaio al 27 luglio di quest’anno.
In questo stesso periodo, nella sola provincia di Reggio Calabria c’è l’86,44% di tutte le superfici arse nella nostra Regione.
Il dato reggino fa ancora più impressione confrontato alle altre province italiane interessate dai roghi. Sono 6.388 gli ettari di vegetazione persi e corrispondono al 12,43% su base nazionale.
È un triste primato, secondo solo a Palermo coi suoi 17.957 ettari distrutti (il 34,95% a livello nazionale).
Incendi a Reggio: l’assemblea e la marcia
Proprio a Mosorrofa, una delle aree più colpite nel Reggino, in queste ore si è tenuta un’assemblea pubblica di confronto sui danni verificatisi.
La marcia per l’Aspromonte indetta per lo scorso 29 luglio dall’Associazione delle Guide Ufficiali del Parco e organizzata già dai mesi precedenti ha avuto la curiosa coincidenza di realizzarsi a ridosso dell’emergenza roghi 2023. Il fuoco, in questo caso (e per fortuna!) ha interessato solo relativamente l’area del Parco di Aspromonte. Ma ha inevitabilmente alimentato feroci polemiche sui soliti nervi scoperti: il sottodimensionamento di Calabria Verde e del corpo dei Vigili del fuoco, la carenza di mezzi, i ristori, l’abbandono percepito dalla cittadinanza.
Aspromonte: una ripresa lenta
Ho partecipato anch’io alla marcia, un’iniziativa per la memoria e un tentativo di fare comunità per rafforzare un presidio di tutela diffuso. Vedere con i propri occhi un prato di felci in cui svettano carcasse di vegetazione carbonizzata, un tempo foreste di pini larici ultracentenari, dà la misura del disastro occorso.
È il primo passo di un lungo percorso appena iniziato, che mira al coinvolgimento di tutti gli attori del territorio, secondo quanto annunciato dall’Associazione delle Guide. Un passo per posizionarsi saldamente ai blocchi di partenza, ma che appare timido.
La testimonianza delle guide
Secondo Luca Lombardi, presidente dell’organizzazione, non esistono ristori per un tale patrimonio andato perso. Tuttavia, qualcosa è cambiato: «Appena partiti gli incendi che hanno interessato l’area di San Luca, in via informale mi ha contattato un funzionario del Parco che, a margine di una conversazione privata, ha tenuto a informarmi delle azioni di contrasto al fuoco in corso. Una cosa mai accaduta prima».
Giunti a ridosso di Roccaforte del Greco, dopo diversi chilometri di cammino abbiamo potuto toccare con mano cosa fosse rimasto dopo il passaggio del fuoco: nulla.
Il parere della studiosa
Piuttosto dura, al riguardo, la particolare testimonianza dell’entomologa Elvira Castiglione: «Al di là della perdita di un patrimonio inestimabile e al netto del fatto che la Natura ha capacità rigenerative ben superiori ai danni causati dall’uomo, la ricostituzione di quell’ecosistema sarà lunga e non è detto che produca gli stessi risultati». Così esordisce la studiosa, che si chiede: «Ci saranno le stesse condizioni che hanno portato ad avere delle foreste originarie con i caratteristici giganti di pino laricio distrutti?».
«Come gruppo di ricerca del Laboratorio Lea del Dipartimento patrimonio architettura e urbanistica dell’Università di Reggio Calabria, abbiamo realizzato uno studio entomologico nell’area di Acatti», spiega Castiglione.
Eccolo lo studio in dettaglio: «Abbiamo campionato insetti di tre aree diverse: una impattata dagli incendi di chioma, una di transizione e una incombusta. A due anni l’area è stata lentamente ripopolata da 19 specie di insetti contro le 28 precedentemente presenti nella parte incombusta e le 21 di quella di transizione».
Il risultato non è esaltante: «Sono scomparse le specie più tipiche della foresta, oggi sostituite da quelle più comuni che rappresentano le cosiddette specie pioniere, i coleotteri stafilinidi del genere Ocypus meno specializzati. Gli Ocypus Italicus che sono la specie caratteristica della lettiera del bosco sono spariti completamente, sono invece arrivati i “fratellini” Ocypus Olens. Cioè la specie che troviamo nei nostri giardini, o nelle nostre cantine».
Parla il generale Battaglia
Riusciranno questi insetti ad aprire la strada al nuovo ecosistema in formazione? Qualche segnale positivo lo danno le felci, a cui seguiranno le ginestre. A patto che l’area non sia interessata dal pascolo abusivo.
Cosa che, purtroppo, è all’ordine del giorno: lo scampanio di vacche e capre in piena zona A (tutela integrale) ci ha accompagnato per lunga parte del nostro tragitto. Non è un dettaglio: svela, invece, lo scarso monitoraggio di una montagna per lo più desertificata.
Lo ha detto chiaramente il generale Giuseppe Battaglia, già alla guida del comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, autore e escursionista esperto: «Il problema degli incendi è complesso e sfaccettato. Da una parte è vero che un territorio abbandonato diventa preda di piccoli e grandi interessi; dall’altra il principio di emulazione ha un forte impatto. Qualche anno fa arrestammo in flagranza un anziano. Davanti al giudice dichiarò che stava appiccando il fuoco per proteggere le centinaia di capi del suo bestiame dagli attacchi dei lupi. Non solo non aveva quel numero di animali, ma fu sostenuto da una testimonianza che attestava le sue affermazioni. Dopo aver affrontato la carcerazione domiciliare, fece causa per ingiusta detenzione e vinse. Danno e beffa».
Incendi a Reggio: l’ipotesi di Bombardieri
In un recente incontro pubblico il procuratore Giovanni Bombardieri ha inquadrato il fenomeno come particolare e variegato e non imputabile a una strategia complessiva delle criminalità. Dolo, colpa, errore umano, emulazione sono alla base di certi disastri. La scarsa prevenzione, unita alla difficoltà di individuare strategie investigative efficaci e a deficit culturali rendono il tema di difficile gestione. In poche parole non è sufficiente inquadrare la questione in termini investigativi e repressivi, ma formare alleanze tra tutti gli attori del territorio coinvolti.
I guai di Calabria Verde
Calabria Verde si porta dietro enormi problemi legati a una finanza dissestata, all’esiguità del personale (8.076 unità iniziali passate alle circa 5.800 di oggi con 4.000 di questi addetti alla forestazione) e alla carenza di ricambio generazionale.
La storia dell’azienda è costellata di fallimenti operativi, scandali, dimissioni, commissariamenti, arresti.
La proposta di una sua trasformazione in ente pubblico economico operante secondo il diritto privato potrebbe avere diversi risvolti.
I sindacati, al riguardo, parlano dei pericoli dell’esternalizzazione. Tuttavia, il cambio di natura giuridica potrebbe risolvere altri problemi, tra cui l’ampliamento dell’organico.
A causa del dissesto pluriennale – un buco da 80 milioni non rendicontati e un bilancio non approvato da almeno tre anni – mancano i fondi per le assunzioni. I sindacati oscillano tra il timore che vengano intaccati i diritti contrattuali e la paura che i fondi pubblici per il contrasto al dissesto idrogeologico finiscano altrove. Questi timori che potrebbero cadere ove la vigilanza dello Stato e del ministero competente funzionasse a dovere.
L’intervento del Parco
Lo scorso 28 luglio l’Ente Parco Aspromonte ha diramato una nota in cui vengono elencate le azioni intraprese a tutela della riserva naturale. Queste vanno dal monitoraggio, dai contratti di responsabilità con enti di protezione civile e del terzo settore, alle pianificazioni di settore, alla piattaforma per il potenziamento dell’intervento aereo per antincendio e soccorso pubblico.
Una nota doverosa e minuziosa se non fosse per certi toni e una chiosa finale poco istituzionale.
Incendi a Reggio: una coincidenza?
I roghi di Reggio, va da sé, hanno caratteristiche diverse da quelli del 2021 in Aspromonte.
Oggi, a parte l’incendio nel sottobosco di San Luca, il territorio del Parco non è stato intaccato. E comunque gli interventi tempestivi hanno contenuto i danni. Resta una domanda inquietante: perché gli incendi reggini sono esplosi proprio nei giorni del picco di calore e con il forte vento di scirocco? Cioè proprio quando le fiamme potevano fare più danni, com’è puntualmente avvenuto?
Anche considerando tutte le variabili in gioco, si prova grande difficoltà a ritenere tutto questo una sfortunata ed aberrante coincidenza. O no?
Un problema culturale
Che ci sia un enorme problema culturale è palese. È lo stesso problema che tra gli anni ’80 e ’90 minacciava i rapaci migratori sullo Stretto.
Le Guide hanno ribadito che, dentro o fuori dal Parco, Reggio e provincia vanno tutelate come aree a maggiore biodiversità di tutto il Mediterraneo. Zone collinari comprese, dove trovano rifugio flora e fauna specialistica di rilevanza europea. «Dal singolo cittadino ai massimi livelli, tutti sono coinvolti e devono ritenersi necessari nella tematica, dalla prevenzione allo spegnimento, fino alle indagini successive».