A babbo morto. Dopo che anche quest’anno si è sfiorato il disastro col fuoco divampato nel cuore del Parco Aspromonte a pochi chilometri dalle faggete vetuste, si fa la conta dei danni: 50 ettari andati in fumo a Polsi in piena area protetta (zona A) cui si somma il vasto incendio dei Piani di Lopa di Bagaladi dello scorso agosto.
Il 28 maggio 2024 la Prefettura di Reggio aveva presieduto una riunione di coordinamento per la mitigazione del rischio incendi boschivi con Comune, Metrocity, Ente Parco, Calabria Verde, Vigili del fuoco, Anas, Rfi, Prociv regionale e forze dell’ordine. Mezzi e uomini erano stati garantiti da Calabria Verde (11 Dos, 20 squadre, 5 autobotti a Oppido Mamertina, Bagaladi, Bova, Bovalino e Mammola). Il Parco aveva annunciato i contratti di responsabilità con 15 associazioni di volontariato per le attività di prevenzione, avvistamento e primo spegnimento nelle 15 aree in cui è suddiviso. Tutto il resto a cascata, ognuno per la propria area di competenza. E non è bastato.
Oggi è una beffa conoscere il destino di quei mezzi forniti da Calabria Verde. Due vasche mobili erano state posizionate al Santuario di Polsi e a Bagaladi, le aree che hanno bruciato di più e per ordini di ragione presumibilmente diversi, se è vero che il fuoco di Bagaladi è stato causato da un fulmine. Per Polsi si parla di un incendio ripartito nella stessa notte almeno 3 volte in una zona impervia, difficilmente raggiungibile, in generale poco battuta e fuori dai normali circuiti di frequentazione del grande pubblico. Un incendio divampato alla fine di una stagione particolarmente secca e proprio a chiusura delle annuali celebrazioni della Madonna della Montagna, quest’anno ancora più restrittive: inibiti l’area mercatale, il transito dei veicoli a diversi km dal santuario e la presenza degli ambulanti privi di certificazioni Haccp e di registratori per gli scontrini fiscali. Nonostante fosse stata predisposta una navetta, non è stata sufficiente e sono comunque mancati coordinamento e comunicazione della logistica per permettere ai fedeli di organizzare gli spostamenti.
Proprio la scorsa settimana al TG1 andava in onda un servizio sulla prevenzione agli incendi adottato da Regione Calabria con la legge regionale del 27 marzo 2024 e basato sull’utilizzo dei droni: 30 al momento quelli che sorvolerebbero giornalmente i territori. Il provvedimento stanzia 2,5 milioni l’anno per il triennio 2024-2026 e traccia un indirizzo politico preciso: utilizzare il modello droni per costruire tutta la strategia regionale per la tutela del territorio richiamandola nel Piano contro gli incendi boschivi 2024, approvato con delibera 174 dello scorso 15 aprile, cui dovrebbero essere allegati i piani dei singoli parchi. Tutti confluiti nel Programma regionale ponte per lo sviluppo nel settore della forestazione e per la gestione delle foreste regionali 2024. Una serie di atti di indirizzo e norme transitorie in attesa della finalizzazione e dell’approvazione del “redigendo nuovo programma regionale per le attività di forestazione e per la gestione delle foreste regionali”.
Nonostante il commissariamento l’Ente Parco Aspromonte ha approvato il proprio Piano antincendio boschivo 2024 –2028, con un modello che guarda invece alla sperimentazione avviata da Perna e Bombino e prevede il coinvolgimento attivo delle comunità attraverso i contratti di responsabilità con avvio previsto dalla determina 257 del 17 luglio 2024. A ogni zona del Parco avrebbe dovuto essere assegnata un’associazione tra coloro che avevano inviato la propria manifestazione di interesse a collaborare con il Parco. Tutto bene, si dirà. Invece no, perché, a quanto riferiscono alcune fonti, le manifestazioni di interesse giunte sarebbero state inferiori al fabbisogno stimato. Questo ha condotto a un dato e due riflessioni: per coprire l’intera zonizzazione, il Parco avrebbe assegnato la sorveglianza di più zone alla stessa associazione, da una parte impattando sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione di quelle associazioni e, dall’altra, dimostrando che diversi operatori del territorio non troverebbero interesse a collaborare con l’Ente Parco.

Emergono dunque una serie di criticità: se il modello droni, non ancora a regime, può rappresentare un sistema di monitoraggio e raccolta dati utile, non è sufficiente ad fronteggiare un problema che non può essere risolto con azioni repressive di giusta tolleranza zero, ma che deve prevedere il coinvolgimento e la sensibilizzazione delle comunità e delle loro associazioni. Serve un approccio misto, anche perché i droni possono essere utilizzati con ottimi risultati per la lotta agli incendi di vegetazione che colpiscono le aree al confine tra aree urbanizzate e vegetazione – come descritto nel servizio del TG1, ma poco possono fare contro gli incendi boschivi che si sviluppano sotto il fitto manto degli alberi che inibisce la visuale dell’occhio elettronico, spesso oggetto di attacco di specie rapaci molto territoriali. E perché non battere anche la strada del monitoraggio satellitare concludendo le interlocuzioni avviate tra Nasa, Città Metropolitana ed Ente Parco prima del commissariamento?
Per Luca Lombardi, Presidente dell’Associazione Guide Parco Aspromonte il punto non riguarda solo il metodo, ma come viene applicato: “Perché l’area intorno a Polsi, così come altre zone spesso interessate dai roghi, non vengono monitorate maggiormente”. Dalla zona di San Luca e Natile di Careri abbiamo potuto raccogliere testimonianze di chi è arrabbiato per lo stato in cui versa Polsi, madre di uno dei culti mariani più importanti del Meridione, tutt’oggi poco accessibile, senza una strada sicura che conduca al Santuario. Questo il ragionamento: Polsi è rimasta come secoli fa, della strada annunciata da Occhiuto non c’è traccia e i divieti sono sempre più stringenti e quest’anno è stato vissuto un disagio enorme da parte di fedeli e operatori commerciali. Può questo elemento costituire un movente che spinge qualche scellerato a ricorrere al fuoco come arma di protesta?».
E può una politica puramente repressiva rappresentare una soluzione di lungo periodo senza azioni di educazione, formazione e mediazione dei conflitti? Nell’attesa di una risposta i boschi calabresi, nostro patrimonio, continuano a bruciare.