Il ponte sullo Stretto: se ne scrive persino negli Stati Uniti (lo vedremo più avanti), ed è al centro del dibattito politico domestico. In Parlamento e anche a Reggio Calabria, dove, nell’ambito del Festival dell’economia, sviluppo e sostenibilità, ideato da Maurizio Insardà, si è tenuto un dibattito dal titolo “Infrastrutture di trasporto e sviluppo del Mezzogiorno” moderato dalla giornalista di Rai 2 Marzia Roncacci. Vi hanno partecipato il capo dipartimento del Ministero delle Infrastrutture e trasporti Enrico Maria Pujia, il docente di Economia politica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria Domenico Marino, il vicepresidente di Confindustria Sicilia e presidente della Camera di commercio di Messina Ivo Blandina, il responsabile dell’organizzazione aziendale dell’Università Magna Graecia di Catanzaro Rocco Reina e l’assessore ai Trasporti del Comune di Reggio Calabria Domenico Battaglia.
I relatori sono stati concordi nel sottolineare che non sono le risorse il problema della Calabria, ma piuttosto l’incapacità di spesa degli attori in campo, in primis la Regione. Un problema certamente non di oggi. Ogni anno i finanziamenti stanziati tramite i diversi fondi europei vengono utilizzati solo in minima parte. Ciò, secondo Marino, soprattutto per la sovrabbondanza di progetti e bandi, mentre si dovrebbe puntare su 4 o 5 progetti strategici e realizzabili. Altre criticità rilevate dai relatori, in particolare da Pujia e Reina, quelle relative alla carenza di risorse umane adeguate e alle procedure farraginose. Sarebbero necessari investimenti corposi nella formazione, per avere personale in grado di seguire efficacemente l’iter procedimentale fissato dalle norme.
Tutti d’accordo, ma…
Per quanto concerne il ponte sullo Stretto, totale adesione al progetto, peraltro scontata, del rappresentante del Ministero, ma anche da parte degli altri intervenuti. Con l’eccezione significativa dell’assessore Battaglia, secondo il quale lo sviluppo della Città metropolitana di Reggio va inserito nello scenario più ampio dell’ Area integrata dello Stretto, rilanciando l’aeroporto e i porti ricompresi nell’Autorità di Sistema, al fine di fare uscire dalla marginalità un comprensorio ad altissima vocazione storico/culturale e quindi turistica. La posizione baricentrica nel bacino del Mediterraneo, a suo avviso, pone lo Stretto quale ideale testa di ponte per i Paesi emergenti del Nord Africa.

La sinergia necessaria tra i diversi enti coinvolti ha la sua base normativa nella l. r. del 2015 istitutiva della Conferenza interregionale per le politiche dell’Area dello Stretto. Sulla questione ponte Battaglia chiede innanzitutto chiarezza al Governo, rilevando inoltre che non è pensabile rispolverare un progetto vecchio di 12 anni, non sottoposto alla valutazione di impatto ambientale, del tutto inadeguato all’attuale sistema dei trasporti: «Ci sono sul tavolo delle amministrazioni comunali e metropolitane una serie di opere già finanziate che rischiano di essere inutili se dovesse realizzarsi il Ponte. Per questo come istituzioni del territorio reclamiamo un maggiore coinvolgimento».
Il ponte sullo Stretto e i soldi per la comunicazione
In Parlamento, intanto, la maggioranza non mostra titubanze di sorta.
La Commissione Ambiente e Trasporti della Camera approva un emendamento al decreto legge in discussione – da licenziare in Aula entro il 31 maggio – proposto da Lega e FI, che elargisce 8 milioni di euro ai Comuni di Villa San Giovanni e Messina per una campagna di comunicazione, verrebbe da chiedersi per comunicare cosa.
Ancora, mentre non si conosce la posizione della UE sull’affidamento al consorzio Eurolink, guidato dal Gruppo Salini, vincitore della gara del 2010, un altro emendamento
in commissione Trasporti prevede un secondo adeguamento nei prezzi di realizzazione dell’opera, ulteriore rispetto a quello già previsto nei contratti stipulati anni fa e finiti nel nulla con la messa in liquidazione della Stretto di Messina.

Misteri contabili
Secondo i tecnici della Camera dei Deputati un secondo criterio, per un secondo aumento che si «otterrebbe sottraendo l’indice Istat a una media calcolata sul valore dei primi quattro progetti infrastrutturali per importo banditi da Rfi e Anas nel 2022». Al che chiedono al governo chiarimenti, considerando «che questi adeguamenti aggiuntivi dovrebbero avvenire senza maggiori oneri a carico dello Stato» come prevede il decreto legge. In sostanza: come si fa ad aumentare il costo dell’opera (che arriverebbe complessivamente a circa 15 miliardi e mezzo), senza intaccare le casse dello Stato?
L’Autorità di Cannizzaro
E mentre rimangono fumose le intenzioni del Governo e del ministro alle infrastrutture sull’alta velocità da Salerno a Reggio e sulla statale 106, un emendamento approvato in Commissione Bilancio della Camera attribuisce all’Autorità di Sistema portuale dello Stretto il compito di individuare «i progetti prioritari necessari all’adeguamento delle infrastrutture locali, avviando un percorso di rifunzionalizzazione, anche al fine di renderle più coerenti e funzionali con la nuova configurazione che sarà determinata dalla costruzione del Ponte», secondo quanto dichiarato dal deputato Francesco Cannizzaro che lo ha proposto.

Alla stessa Autorità «il compito di sviluppare ed eseguire anche progetti di miglioramento dei Porti di Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Messina con interventi che potranno essere identificati come d’interesse nazionale prioritario e strategico e quindi beneficiare di appositi finanziamenti e procedure di semplificazione» per esempio per lo spostamento del porto traghetti di Villa San Giovanni a sud degli invasi. Fin qui le vicende nostrane.
Il Ponte sullo Stretto da Strabone a Wired
Ma il Ponte sullo Stretto di Messina suscita interesse anche oltre oceano. La rivista USA Wired lo ha identificato come il «ponte sospeso più lungo al mondo». È di pochi giorni fa la pubblicazione di un lungo articolo che ripercorre la storia concernente l’attraversamento stabile del tratto di mare tra Calabria e Sicilia. Si parte addirittura, citando lo storico greco Strabone, dai Romani, che nel 250 a.C. provarono a trasportare 100 elefanti catturati in battaglia da Palermo a Roma. Secondo Strabone, usarono barili vuoti e assi di legno per costruire un ponte provvisorio. I pachidermi arrivarono effettivamente nella capitale del futuro Impero, ma non si sa con certezza come.

Aurelio Angelini, professore di sociologia all’Università di Palermo, autore de Il mitico ponte sullo stretto di Messina, ha dichiarato alla rivista che l’idea del Ponte è stata a lungo contrastata dalla gente del posto di entrambe le parti, per motivi politici, economici e ambientali, ma anche per la resistenza al cambiamento. «Siciliani e calabresi sono divisi, ma la maggioranza è contraria al ponte. La forte politicizzazione del progetto potrebbe anche essere un caso di “populismo infrastrutturale”. La retorica intorno al ponte trasuda nazionalismo», dice, «e l’idea è vista come un simbolo della grandezza dell’Italia, o della capacità di costruire un ponte più lungo di quanto chiunque altro abbia mai fatto».
Lobbies, record e diversivi
Wired sottolinea che il progetto è sostenuto da Matteo Salvini, «vice primo ministro e leader del partito populista della Lega, con il sostegno di Berlusconi, ora 86enne, che ha scritto, alla firma del decreto: “Non ci fermeranno questa volta”».
Nicola Chielotti, docente di diplomazia e governance internazionale alla Loughborough University di Londra, sostiene che uno dei motivi per cui l’idea continua a riprendere vita è che ci sono tante persone che traggono profitto dal lavoro di progettazione: «Spendono costantemente soldi anche se non si materializzerà mai, e ci sono alcuni gruppi di interesse che sono felici di catturare quei soldi». Un’altra questione, aggiunge Chielotti, è che il progetto è un’utile pedina politica per un governo che finora ha taciuto su alcune promesse elettorali chiave, come la riforma fiscale e una posizione aggressiva nei confronti della finanza internazionale.
Wired fa il confronto con altre opere del genere già costruite per cogliere le difficoltà di realizzazione del progetto, che prevede un ponte sospeso a campata unica con una lunghezza di 3.300 metri: «È il 60 percento più lungo del ponte Çanakkale in Turchia, attualmente il ponte sospeso più lungo del mondo, che si estende per 2.023 metri. Con piloni di 380 metri di altezza, sarebbe anche il più alto del mondo, più del viadotto di Millau in Francia, 342 metri».
Il ponte sullo Stretto e la sostenibilità
La rivista riporta puntualmente alcune obiezioni autorevoli e fondate, di carattere ambientale e di sostenibilità finanziaria dell’opera.
«Siamo ancora in una fase in cui non ci sono prove che (il ponte) sia fattibile dal punto di vista economico, tecnico e ambientale», afferma Dante Caserta, vicepresidente della sezione italiana del World Wildlife Fund. «Lo Stretto di Messina si trova anche in due zone protette cruciali per i movimenti migratori di uccelli e mammiferi marini». E, per quanto concerne la sostenibilità economica: «Per 30 anni abbiamo fatto elaborazioni concettuali che sono costate ai contribuenti italiani 312 milioni di euro. Inoltre, la stima complessiva del costo di 8,5 miliardi di euro dal 2011 è destinata a salire a causa dell’aumento dei prezzi dei materiali e inflazione». E infatti siamo arrivati, come abbiamo scritto sopra, a un costo complessivo di 15,5 miliardi circa.

Caserta dice anche che non è chiaro se l’economia sostenga il costo. «Non ci sarebbe abbastanza traffico per pagare il progetto attraverso i pedaggi, perché oltre il 75 per cento delle persone che attraversano lo stretto lo fa senza auto, quindi fare tutto questo solo per risparmiare 15 minuti non ha senso, soprattutto perché collega due aree con gravi problemi infrastrutturali».
Il professore Angelini segnala anche la mancanza di un progetto esecutivo. E aggiunge: «Il ponte non ha alcun legame reale con gli interessi sociali ed economici del Paese, e le persone e le merci si stanno già muovendo con altri mezzi». La chiosa è tranchante: «Penso che le possibilità di vederlo mai costruito siano scarse».
L’unica certezza
Abbiamo quindi dato conto di quanto accade in Italia, a livello di dibattito e di decisioni politiche. Abbiamo voluto anche dare conto di quanto pubblicato negli Stati Uniti. Il quadro complessivo sembra confermare l’impressione che il ponte sullo Stretto di Messina sia di prossima e certa realizzazione. Sulla carta. Il dato sicuro è che costerà ai contribuenti “della Nazione” ancora molto denaro.
Lo scetticismo è d’obbligo, così come la perplessità per scelte che privilegiano un disegno astratto rispetto ad altre realizzazioni (alta velocità ferroviaria, statale 106, potenziamento del trasporto marittimo e aereo per l’intera Area dello Stretto) che potrebbero dare un contributo decisivo per fare uscire dalla marginalità questo lembo di terra.