Tra le tante voci del Pnrr dedicate ai trasporti, ci sono i treni ad idrogeno. Sei regioni italiane saranno le prime che nei prossimi anni sperimenteranno i treni che emettono acqua nel trasporto locale, sulle tratte non elettrificate. Lombardia, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Umbria e Calabria potranno accedere ad un finanziamento di 300 milioni complessivi dedicato a questo esperimento.
Queste regioni riceveranno le prime tranche nel 2023. Oltre all’acquisto dei treni, il piano è di installare 9 stazioni di rifornimento su 6 linee ferroviarie entro il 2026. Per la Calabria, il tratto interessato è Cosenza-Catanzaro.
I finanziamenti europei saranno fondamentali per ammodernare il disastrato trasporto locale, che negli ultimi anni ha subito cali drastici nell’offerta e nel traffico ferroviari. Secondo il rapporto Pendolaria 2022 di Legambiente, in 10 anni l’offerta di treni si è ridotta di un quarto. Per non toccare il tema dell’alta velocità, dove regna la confusione.
La Regione, inoltre, ha bisogno di liberarsi il prima possibile dei vecchi treni diesel. L’età media delle locomotive locali è di 21,3 anni. L’82,1% dei treni calabresi ha più di 15 anni.
I treni a idrogeno sono una delle soluzioni messe in campo per gli anni a venire. In particolare, potrebbero essere una risposta per le tratte in cui è particolarmente complicato o costoso elettrificare le strutture esistenti. Ma ci sono molti fattori da considerare.
50 sfumature di idrogeno
Partiamo dalla base: l’idrogeno può essere usato come combustibile ecologico. Non emette anidride carbonica, ma vapore acqueo. Croce e delizia dell’idrogeno stanno nella sua produzione. L’elemento chimico più abbondante nell’universo, infatti, è poco presente in natura nella sua forma pura, la molecola H2. Di solito, lo si trova in forma combinata, cioè attaccato ad altri elementi, come nell’acqua.
Per ottenerlo, bisogna separarlo dagli altri. Un processo che richiede molta energia. Ed è proprio qui che sta il problema. Ci sono molti modi per ottenere l’idrogeno, ma quello largamente più diffuso e conveniente è quello più inquinante. La maggior parte dell’idrogeno nel mondo viene ottenuto separandolo dal gas. L’idrogeno grigio, infatti, produce più gas serra delle combustioni del diesel.
Ogni tanto, nei dibattiti politici si sente nominare l’idrogeno blu. È quello che viene prodotto da fonti fossili, ma per il quale la CO₂ viene catturata e stoccata.
La versione più ecologica è l’idrogeno verde. Questo si genera tramite l’elettrolisi: in parole povere, si utilizza l’elettricità per separare l’idrogeno dall’acqua. Se questa elettricità viene prodotta da fonti rinnovabili, l’impatto sull’ecosistema diventa praticamente zero.
L’idrogeno ha un altro grande vantaggio: può essere stoccato sottoterra quasi dappertutto.
Il Coradia iLint
Il primo treno ad idrogeno al mondo lo abbiamo visto sfrecciare già a partire dal 2018 tra le rotaie della bassa Sassonia, in Germania. Il mezzo, però, è stato creato da una società francese. Il Coradia iLint è stato progettato a partire dal 2014 dalla multinazionale francese Alstrom, una delle più grandi aziende produttrici di treni sul mercato europeo. La conosciamo bene anche in Italia: tra le tante cose, fornisce i treni elettrici POP, dedicati al trasporto regionale, e il Pendolino.
Nell’iLint, i serbatoi di idrogeno sono posti sul tetto. Una cellula combustibile fa combinare l’idrogeno con l’ossigeno dell’aria, generando l’elettricità di cui si servirà il treno per muoversi. Una batteria in litio, invece, permette di conservare l’energia durante le frenate e di aumentare la potenza quando è necessario.
Secondo i produttori, il calo delle emissioni sarebbe significativo. Per ogni treno ad idrogeno, si risparmierebbero 700 tonnellate di CO₂ l’anno, l’equivalente di quanto emesso da 400 auto.
Nel 2023 lo vedremo anche in Italia: 6 modelli di questo convoglio sono stati comprati per la tratta Brescia-Iseo-Edolo. Trenord e Fnm vogliono sostituire l’intera flotta di mezzi diesel entro il 2025.
I problemi dell’idrogeno
L’ostacolo più grosso, al momento, è quello più banale: il costo. L’idrogeno verde è ancora molto lontano dall’essere competitivo, non solo rispetto alle altre fonti rinnovabili, ma rispetto ai diversi tipi di idrogeno.
Un chilo idrogeno verde costa tra i 4 e gli 8 dollari, ben più del doppio rispetto a quello grigio (1,5 dollari). Quello blu si attesta sui 3,5 dollari. L’UE, però, prevede che entro il 2030 il prezzo di quello verde scenda a livello molto più competitivi e scenda quasi agli 1,5 dollari del grigio.
Serviranno grossi investimenti iniziali, prima di arrivare a questo obiettivo. Soprattutto perché costano molto anche gli elettrolizzatori, le macchine che permettono la scissione tra acqua e idrogeno. Per farlo, l’Unione sta investendo 470 miliardi di euro nelle installazioni in tutti i paesi membri.
Sul fronte italiano, bisognerà trovare un modo di favorire al massimo l’utilizzo dell’idrogeno verde, a discapito degli altri. Una garanzia che ancora non abbiamo, come sottolinea Pendolaria 2022: «Se ha senso sperimentare questa soluzione su alcune linee dove l’elettrificazione è costosa e complessa, sarebbe bene aspettare i risultati prima di scegliere di farla diventare un’alternativa all’elettrificazione per il potenziamento dei collegamenti sulle linee ancora sprovviste».
Rischiamo di cadere nella Maladaptation, uno dei problemi della transizione ecologica messi in un luce dall’Ipcc in uno dei suoi ultimi rapporti. È il paradosso delle buone intenzioni. Implementare male una soluzione ambientale rischia di fare più danni del previsto. Come piantare gli alberi sbagliati nel posto sbagliato, ad esempio.
L’idrogeno, se prodotto da fonti fossili, non può essere considerato una soluzione ambientale. E rischia di pestare i piedi all’elettrico.
L’idrogeno a Gioia Tauro?
In Italia, l’obiettivo dichiarato dalla Strategia Nazionale Idrogeno è far arrivare al 2% la penetrazione dell’H2 nella domanda energetica finale. Entro il 2050, questa percentuale deve arrivare al 20%. Per ottenere questo risultato, bisognerà spingere sulla creazione delle Hydrogen valley, cioè gli hub in cui si concentra sia la produzione sia il consumo dell’idrogeno in un certo territorio.
Tornando ai trasporti in Calabria, anche Ferrovie della Calabria si è mossa verso la transizione all’idrogeno. A maggio 2021, ha stretto un accordo con il Dimeg, il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale dell’Unical per realizzare una centrale di produzione di idrogeno verde a Vaglio Lise, nei pressi della stazione di Cosenza.
La Alstom, inoltre, sta già lavorando con la Regione per il trasporto ferroviario locale. E, durante il Regional Day della Calabria all’Expo 2020 Dubai, ha manifestato il suo interesse nell’investire nel porto di Gioia Tauro.
«Potremmo sviluppare un concetto sinergico con il porto di Gioia Tauro per quanto riguarda l’idrogeno. La produzione di idrogeno potrebbe essere un’idea molto interessante, a partire dall’eolico e dal solare» ha detto l’ad di Alstom Michele Viale, collegato al Regional Day della Calabria all’Expo 2020 Dubai.