Ci sono due espressioni forti, per indicare i rischi del territorio in Italia, soprattutto al Sud.
La prima è un classico: si dice Casamicciola, per rievocare il terribile terremoto del 1883, in cui rischiò la vita Giustino Fortunato e perse la famiglia Benedetto Croce.
La seconda riguarda la Calabria ed è tratta da un’espressione dello stesso Fortunato: lo sfasciume pendulo sul mare.
La recente alluvione che ha messo in ginocchio Ischia e, in particolare, Casamicciola Terme, ha riacceso i riflettori sui pericoli del nostro territorio, dovuti a tre fattori: la gracilità del suolo, il rischio sismico e l’intervento dell’uomo, molte volte incosciente.
Di tutto questo si è discusso durante il dibattito svoltosi a Villa Rendano lo scorso 2 dicembre, significativamente intitolato: “Pioggia, fango, lutti e licenze edilizie: l’Italia crolla”.

Cinque studiosi a confronto
Moderato dal giornalista Antonlivio Perfetti, il convegno di Villa Rendano è stato il quarto avvenimento organizzato dalla Fondazione Attilio ed Elena Giuliani su argomenti di stringente attualità.
Il dibattito, pacato nelle forme ma forte nei contenuti, è stato animato da cinque addetti ai lavori: Paolo Veltri, professore Ordinario di Costruzioni Idrauliche dell’Unical, i due ricercatori del Cnr Carlo Tansi e Olga Petrucci, l’architetto e urbanista Daniela Francini e Flavio Stasi, il sindaco di Rossano-Corigliano, un territorio ad alto rischio idrogeologico, come ricorda l’esondazione del 2015.
Il colpevole quasi perfetto è il Comune
La requisitoria di Veltri, che ha aperto i lavori subito dopo i saluti della vicesindaca di Cosenza Maria Pia Funaro, è pesantissima.
Per l’ex preside di Ingegneria, tragedie come quelle di Ischia non hanno un solo imputato, ma sono l’esito di una serie di responsabilità diffuse. Si va dalla pessima utilizzazione dei mezzi e del personale all’insufficienza della politica nazionale di difesa del suolo, in cui la Calabria ha il consueto ruolo della Cenerentola, perché priva di una classe politica forte, capace di pretendere dallo Stato.
Al riguardo, si registra il pesante paradosso dei sorveglianti idraulici, che sono in cassaintegrazione proprio quando piove, cioè quando servirebbero di più.
Gli indiziati più pesanti, tuttavia, restano la Regione, accusata di assenteismo nelle opere fluviali e gli enti locali. I Comuni, in particolare, sono il colpevole quasi perfetto, sia per quel che riguarda i controlli sia per la facilità con cui le amministrazioni chiudono un occhio sugli abusi edilizi o li condonano.
La natura è benigna, l’uomo no
Carlo Tansi e Olga Petrucci del Cnr intervengono nel focus organizzato dalla Fondazione Giuliani con due approcci diversi ma convergenti.
Tansi va giù duro sugli abusi e rovescia il paradigma dei disastri ambientali. Le frane e le alluvioni? Secondo il geologo sono processi benigni, perché consentono il ripascimento delle spiagge, che altrimenti verrebbero spazzate vie dall’erosione costiera.
I danni, invece, li fa l’uomo, quando usurpa con interventi edilizi dissennati gli spazi della natura. E la Calabria? Occorre fare attenzione al meteo: i guai inizieranno con le piogge.
Già, prosegue il geologo: possiamo fregare la legge e lo facciamo spesso. Ma la natura è un tribunale che emette sentenze inappellabili.
L’unica risposta è la prevenzione, che inizia dalla consapevolezza. In questo caso, dalla conoscenza dei luoghi su cui non si deve costruire.
Al riguardo, è utilissima l’esperienza di Petrucci, che ha realizzato una serie di volumi (reperibili anche su Google Books) dedicati alle zone a rischio idrogeologico in Calabria e ha realizzato un data base sulle catastrofi nel bacino mediterraneo.
Il colpevole? La burocrazia. Parola di sindaco
Flavio Stasi, il sindaco di Rossano-Corigliano, punta il dito sulla lentezza delle procedure per l’erogazione di fondi e mezzi per la tutela del territorio.
«Le situazioni mutano sempre, perché il territorio non è statico. I mezzi arrivano spesso quando non servono più». Il rimedio, secondo il primo cittadino dello Jonio, si riassume in una parola: semplificazione. Già: la tempestività degli interventi, molte volte, è più importante dei fondi stessi.
Dura l’accusa sulla facilità con cui spesso sono concessi i condoni. Ma al riguardo, Stasi dichiara di avere la coscienza a posto: «Noi abbiamo ripreso a demolire».
Prima la sicurezza, poi la giustizia
L’architetta urbanista Daniela Francini si sofferma, invece, sulla pianificazione.
A suo giudizio, la pianificazione inesistente o inadeguata è in cima alla lista dei rischi.
In particolare, è difficile tuttora implementare i nuovi metodi di pianificazione, come dimostra il caso di Ischia.
Prevenire i disastri significa soprattutto tutelare le vite umane: quando si scopre un abuso, sostiene Francini nell’incontro promosso dalla Fondazione Giuliani, occorre innanzitutto mettere in sicurezza i fabbricati sotto accusa, poi sanzionare. «Se si fosse agito così», commenta l’architetta, «forse non piangeremmo dei lutti».
L’Italia crolla e la Calabria ancor di più? Forse sì. Ma prima di stracciarci le vesti sarebbe il caso di acquisire consapevolezza e approfondire.
Prevenire è meglio che curare. Ma per prevenire occorre sapere.