Alfabeto minimo per capire (e sopravvivere) agli Esami di Maturità.
Afasia
“Incapacità di esprimersi mediante la parola o la scrittura o di comprendere il significato delle parole dette o scritte da altri, dovuta ad alterazione dei centri e delle vie nervose superiori”. Spesso prende alcuni studenti davanti alla prima domanda nel corso delle prove orali agli esami di maturità: restano lì immobili con lo sguardo fisso come davanti a una visione Mariana. Per farli ripartire generalmente basta scuoterli un poco.
Bocciati
Agli esami di maturità in genere non si boccia nessuno, una volta che sei arrivato lì, pur di farti superare la linea del traguardo la commissione è disposta a spingerti a mano. Statisticamente solo i privatisti corrono qualche rischio, per esempio se provi a fare in un colpo solo tutti gli anni del liceo. Cose che nemmeno alla Cepu considerano possibile.
Colloquio (d’esame)
Ci si aspetta che il candidato esponga con disinvoltura un percorso multidisciplinare, passando disinvoltamente da una materia all’altra, cogliendone i collegamenti, esprimendo anche un pensiero critico e personale sulle vicende di maggior rilievo proposte nel corso della prova orale. Tutto il contrario delle prove Invalsi, che infatti sono una bufala e non servono a niente, però costano un botto.
Praticamente durante l’anno chiediamo ai ragazzi un sapere buono per i quiz e poi agli esami ci aspettiamo una cosa diversa. Geniale.
Commissione
Gruppo di prof che deve esaminare gli studenti. Una volta era tutta esterna, cioè fatta da docenti provenienti da altre scuole, anzi da altre città, con un solo membro interno, in genere il più sfigato del Consiglio di classe. Gesualdo Bufalino, che insegnava in un Magistrale, disse che gli esami di maturità erano una occasione per i prof (generalmente piuttosto poveri) di viaggiare e godere delle bellezze del Paese che altrimenti non avrebbero mai visto. Infatti si poteva fare domanda per fare esami in città magnifiche, come Firenze, Roma, Venezia e il Ministero copriva le spese. Qualcuno pensò che fosse una manna e se ne approfittò.
Oggi le commissioni sono miste, metà docenti della classe, metà esterni e i soldi che si guadagnano sono molti meno rispetto ai tempi di cui parlava Bufalino.
Commissione web
Piattaforma digitale che semplifica la vita dei membri delle commissioni. I verbali sono prestampati e basta compilare i vari format. Peccato che nel corso delle riunioni preliminari, quelle durante le quali si scrivono moltissimi verbali, la piattaforma si sia bloccata pare in tutta Italia e si sia dovuto procedere a mano, come una volta.
La rivincita del mondo antico sulla presunzione della modernità.
Copiare/1
Una volta c’erano le cartucciere, quelle cinture portate sotto gli abiti, dove i vari temi erano meticolosamente infilati come provvidenziali proiettili. Era un lavoro da pazienti amanuensi: era necessario scrivere a penna gli argomenti, riempiendo con grafia piccolissima lunghe strisce di carta che poi andavano sapientemente arrotolate. Sul lato destro trovavano posto quelli di Storia, dalla Prima guerra mondiale a Hiroshima, dall’altra i temi di Italiano, da Leopardi a Pasolini.
Ma quello era un metodo da boomers, che come generazione gli esami di maturità dovrebbero averli fatti da un pezzo. Oggi è soppiantato da forme di “suggerimenti digitali”, come ChatGpt, che potrebbe farti passare per un novello Salinger, oppure farti scrivere cose assolutamente ridicole.
Copiare/2
Sia che si venga beccati con il classico foglio col compito già scritto conservato nel panino, oppure con un telefonino collegato alla rete, oltre ad essere espulsi dall’aula, resta pure la figura tremenda di finire quasi certamente sulle locandine dei giornali locali.
Copiare/3
Molti decenni fa in una classe del Telesio c’era uno studente che aveva un talento: sapeva passare le copie. La versione di Greco o Latino non la faceva mica lui, lui aveva il compito di far arrivare la copia a tutti i compagni. E poiché non tutti erano bravi, ecco che lui si ingegnava nel farcire le versioni di errori, non sia mai che uno che aveva sempre preso un cinque stentato facesse una versione perfetta… la credibilità ne avrebbe patito. Un artista della copiatura collettiva.
Dizionario/1
È il solo strumento che il candidato può portare all’esame. Dentro ci sono tutte le parole. Ma per la generazione digitale, avvezza ad usare i telefonini, potrebbe sembrare un oggetto arcaico.
Dizionario/2
Il numero delle parole padroneggiate dai giovani pare si sia ridotto, anche a causa dell’egemonia culturale di certi programmi televisivi contro cui nessuna scuola può nulla. Per qualche candidato il solo modo teorico per tentare di parlare la lingua madre senza torturarla è mangiare il dizionario.
Documento (di classe)
Malloppo sia cartaceo che digitale in cui un docente, particolarmente sventurato, ha dovuto raccontare tutta la storia della classe, da quando gli studenti sono venuti al mondo fino all’ammissione agli esami. Dentro ci trovate qualunque cosa: programmi, metodi, verifiche, schede e tabelle, valutazioni e analisi psico educative.
Se scriverlo è cosa noiosissima, per essere disposti a leggerlo bisogna essere minacciati di morte.
Fujutina (non amorosa)
Urgente ma assolutamente mistificatorio bisogno di qualche studente di recarsi al bagno non per espletare una impellente minzione, ma per consultare al volo il foglietto con gli appunti celato tra le mutande. La variante digitale prevede che al posto del foglietto ci sia un cellulare sfuggito al controllo dei commissari. Roba da agente segreto in missione in territorio nemico.
Greco (o Latino)
Il latino lo fanno in molti licei, il Greco solo al Classico. Il Castiglione e Mariotti e il Rocci pesano ognuno circa tre chili e sono stati portati fino a scuola in occasione di ogni compito in classe per cinque anni. Generazioni di studenti sono venuti su con la scoliosi senza però essere diventati grecisti o latinisti. Ancora oggi agli esami la lingua che fu di Lisia o Platone rappresenta un incubo, quella di Cicerone o Cesare una passeggiata.
Ispettori
Figure mitologiche che pare il Ministero mandi durante gli esami di maturità nei licei per vedere se tutto va bene. Quando arrivano seminano il panico. Certe volte invece arrivano, ma non se ne accorge nessuno.
Mamme
Sono quelle donne che conoscono benissimo il Materialismo storico e sanno con chi Montale ha «sceso almeno un milione di scale», visto che hanno seguito le ripetizioni del figliolo fino allo sfinimento.
Potrebbero affrontare l’esame meglio del maturando, ma si limitano a preparargli una colazione adeguata alla fatica della prova che si annuncia: caffellatte molto zuccherato, biscotti da inzuppare mentre il povero ragazzo è costretto a ripetere lo Zibaldone.
Preparano lo zaino per la prova scritta: dizionario, tre penne, fazzolettini, bottiglia di thè freddo, bottiglia d’acqua. Poi salutano il figlio dicendogli: vai bello di mamma, ti aspetto qui. In realtà si precipitano sotto la scuola in attesa che l’esame finisca.
Maturità (esami di)
Nei Paesi occidentali ed opulenti rappresentano l’ultimo rito di iniziazione alla vita adulta. Una volta per i maschi c’era la Leva e solo chi non l’ha fatta ne può avere nostalgia. I riti di iniziazione sono sempre dolorosi, portano la fatica del mutamento, della trasformazione. Il cambiamento è difficile, sempre, gli Esami di maturità molto meno.
Merito
Non è solo il nuovo nome del Ministero dell’Istruzione, è un inganno. Evidentemente a viale Trastevere 76/A, dove lavora Valditara, non hanno mai letto il fanta-saggio del sociologo Michael Young, L’avvento della meritocrazia.
Nel libro l’autore inventa, appunto, il concetto di meritocrazia e immagina una società in cui ognuno merita ciò che ha, il ricco la propria opulenza, il povero la propria vita miserabile e nessuno cerca di cambiare lo stato delle cose.
Il merito è una bugia perché come già avvisava don Milani, la cosa più ingiusta è «fare parti uguali tra disuguali».
Ognuno fa i conti con il proprio “capitale sociale”, che nella definizione di Bourdieu è «la somma delle risorse, materiali o meno, che ciascun individuo o gruppo sociale ottiene grazie alla partecipazione a una rete di relazioni interpersonali basate su principi di reciprocità e mutuo riconoscimento», vale a dire la base della disuguaglianza sociale.
E non si può parlare di meritocrazia senza intervenire sulle disuguaglianze.
Notte (prima degli esami)
L’ultima spiaggia di una adolescenza dura a morire, in realtà dopo gli esami non cambia nulla. Qualcuno la passa sui libri perché ha scoperto di non ricordare nulla, per altri sarà insonne pensando a qualche amore, per molti sarà una notte da ricordare a lungo come il primo bacio. Tutti ci sono passati, ma solo Venditti ci ha fatto un sacco di soldi.
Orario (di accesso alle aule per le prove scritte)
Momento pericolosissimo durante il quale orde di studenti si precipitano verso le aule per occupare gli ultimi posti, quelli che si immaginano più adatti alla copiatura del compito.
Presidenti
Sono uomini o donne sulle cui spalle grava il peso del corretto svolgimento degli esami. Sono come notai, ma pagati molto meno. Li vedi camminare nei corridoi e subito li distingui dai commissari: sono quelli con la faccia preoccupata. Qualcuno è preso dalla “sindrome del caporale”, crede cioè di comandare, poi scopre che non è vero.
Promossi
Rassegniamoci, la scuola che promuove tutti è una menzogna “democratica”, un’ipocrisia. Ci si è convinti che promuovere tutti sia l’abolizione della disuguaglianza. In realtà la scuola ha smesso di bocciare, ma non salva i ragazzi dalla spietatezza della selezione che avviene fuori dalle aule in base al “capitale sociale” di ciascuno. Per questo non c’è più la professoressa classista contro si arrabbiava don Milani, semplicemente non serve.
Scientifiche (Materie)
Pare che per gli studenti italiani siano le più difficili, c’è gente che si è rifugiata al Classico perché c’era poca Matematica. Siamo il Paese con meno propensione verso le Stem, d’altra parte siamo un Paese di navigatori, santi e poeti, mica matematici (ai navigatori però la matematica serve eccome). Come attenuante possiamo dire che secondo Martha Nussbaum «a salvare le democrazie non saranno gli ingegneri, ma gli umanisti»
Silenzio
Imbarazzante assenza di parole che aleggia nell’aula quando lo studente ha esaurito assai anzitempo le cose da dire e la commissione lo guarda pregando che ritrovi una scintilla di vita per ripartire.
Sintesi
Capacità dello studente di chiudere efficacemente un ragionamento, mostrando al contempo padronanza nell’eloquio. Se è eccesiva sconfina nella dimostrazione di non sapere cosa dire (vedi silenzio)
Tesina
Una volta c’era la tesina. Era un lavoro multidisciplinare che serviva a valutare quanto lo studente fosse in grado di cucire le materie tra loro in modo organico ed efficace.
Aveva titoli altisonanti come La morte dell’Io nella prima metà del Novecento. Alla fine del liceo l’Io moriva sempre.
Poi dal Ministero si sono inventati il tirare a sorte una frase o una immagine e tessere attorno a quella lo svolgimento dell’esame. Oggi si è tornati al “percorso”, non una tesina, ma nemmeno un argomento a piacere.
Verbali
In passato, prima dell’era digitale, si dovevano redigere tre copie di verbali, a mano, assolutamente uguali. Dentro ci potevate trovare tutto quello che era accaduto nel corso degli esami. Una volta un vecchio prof prossimo alla pensione ci mise dentro dei versi di Dante. Nessuno lo chiamò mai per chiedergli perché mai lo avesse fatto.
Voto
È espresso in centesimi, oltre il cento c’è la Lode, per fortuna nessun bacio accademico. Il voto è il prodotto dell’inesorabile misurino fatto di crediti, voti di ammissione, voti presi nelle prove d’esame. Un calcolo precisissimo che commette sempre l’errore di ridurre una persona a un numero.
Vacanze (la voce dovrebbe essere posizionata più in alto, ma le vacanze chiudono gli esami, forse)
Tempo che comincia appena lo studente ha finito gli esami e che il povero illuso immagina fatto di spiagge, discoteche, lunghissime dormite. In realtà per molti le prove per le selezioni necessarie per accedere alle facoltà universitarie sono già dietro l’angolo. Perché gli esami, come si sa, non finiscono mai.
Ps: la prova d’esame finisce davvero quando il candidato sente rivolgersi dal presidente la consueta domanda: «Che farai dopo?».
Ecco, a quel punto un sorriso si allarga sul suo volto, perché sa che a quella domanda non c’è una risposta giusta o sbagliata. Eppure quella domanda è la più importante.
Ebbene, qualunque cosa vogliate fare dopo, buona fortuna.