Meno di mille voti per eleggere un deputato

Per mandare qualcuno in Parlamento oggi servono tantissimi consensi, nel 1861 c'era il problema opposto: votava poco più dell'1% dei cittadini e bastavano poche preferenze. Ecco l'identikit della prima deputazione calabrese...

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Si fa presto a criticare (magari non a torto) l’attuale sistema elettorale, che, grazie al taglio dei parlamentari, limiterà tantissimo la rappresentanza calabrese.
Ma in passato era decisamente peggio, perché la democrazia era un affare di élite, riservato a borghesi, possidenti e “altolocati”.
Fatta l’Italia, si prese subito atto che gli “italiani” (cioè i cittadini che avevano partecipato ai moti risorgimentali o erano comunque in grado di partecipare alla vita pubblica) erano pochini.
E il sistema elettorale funzionava di conseguenza. Vediamo come.

Le prime elezioni

Le prime elezioni politiche della storia d’Italia si svolsero il 27 gennaio 1861.
Il clima non era dei più facili: i resti dell’esercito duosiciliano ancora resistevano nelle fortezze di Gaeta e di Messina, che si sarebbero arrese l’11 febbraio e il 13 marzo di quell’anno.

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Francesco II di Borbone, l’ultimo re delle Due Sicilie

Ancora: re Francesco II di Borbone avrebbe abdicato al trono e al titolo reale solo dieci anni dopo circa. La sua rivendicazione politica avrebbe ispirato a lungo le bande dei briganti, particolarmente diffuse nella Calabria Citra e in parte del Catanzarese.
Ma questa è un’altra storia.

Chi poteva votare

L’Italia e la Calabria dell’epoca sono realtà rurali, con larghe sacche di analfabetismo e povertà diffusa.
La legge utilizzata per eleggere il primo Parlamento italiano è quella del Regno di Sardegna, adattata a un territorio grande poco più del 70% di quello attuale: ancora mancano alla conta il Lazio e il Veneto.
Per votare occorrono quattro requisiti: il sesso maschile, l’età superiore a venticinque anni, essere alfabetizzati e poter pagare almeno quaranta lire annue di tasse.
Questa regola ha delle eccezioni. La prima, più vistosa, riguarda i sardi, ammessi al voto anche se analfabeti.
La seconda, invece, è relativa ad alcune categorie, che possono votare anche a prescindere dalla capacità fiscale.
Sono i “colti” e i professionisti. Cioè i membri delle accademie e degli ordini cavallereschi, i professori universitari, i laureati, i dipendenti dei tribunali e delle procure, i professionisti della Sanità e quelli legali, i funzionari pubblici, civili e militari, in servizio.

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Camillo Benso conte di Cavour

La legge elettorale

Occorre ricordare che nel 1861 il Senato è nominato dal re e tale rimarrà fino alla caduta del fascismo.
Dunque, si vota solo alla Camera, dove sono in palio 443 collegi uninominali, che diventeranno 493 con l’annessione del Veneto e 508 con quella del Lazio.
Il meccanismo elettorale è un uninominale su due turni potenziali. Detto in pillole, se nessuno prende il 50% più uno, si va al ballottaggio. Se si libera qualche posto durante la legislatura, si va alle elezioni suppletive. Fin qui, il sistema politico italiano degli esordi è in linea con quelli europei, dove gli elettori effettivi sono di più solo perché è maggiore il benessere diffuso.

Gli elettori

Quanti sono gli italiani in grado di votare al momento dell’Unità? La risposta non è proprio consolante: l’1,9% dei cittadini residenti.
Infatti, i singoli collegi elettorali sono costituiti da mille elettori al massimo.
In Calabria, la situazione è peggiore. Al momento dell’Unità i calabresi al voto sono poco più dell’1% . Questa percentuale sale all’1,63% nel 1870 e tocca l’1,82% nel 1880. In pratica, votano circa diciannove persone ogni mille abitanti.
La percentuale è sconfortante anche nel quadro complessivo del Paese.
I privilegiati sono soprattutto i proprietari (60%), le “pagliette bianche” (cioè i professionisti: 10%), i funzionari civili e i sacerdoti (15%).
In pratica, tutti i pochissimi benestanti di una società basata sul latifondo.

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Contadini calabresi di fine ‘800

Calabria in controtendenza

Ma questi pochissimi votano di più rispetto alla media nazionale e a quella del Mezzogiorno.
Le prime Politiche, infatti, sono caratterizzate da un forte astensionismo: a livello nazionale vota solo il 56,4% degli aventi diritto. Nel Sud la percentuale si alza di un po’ e arriva al 63,2%. La Calabria batte tutti col suo 65,7%.
Di più: la regione è in controtendenza anche per le scelte politiche: mentre il Paese premia la Destra cavouriana, da noi vince la Sinistra storica, sebbene in un quadro di lotte e intrighi piuttosto complesso.

I cosentini al Parlamento

Particolarmente interessante risulta la pattuglia dei deputati cosentini, eletta dai dieci collegi della provincia.

Vincenzo Sprovieri

Il primo è Giuseppe Pace, esponente della Destra, eletto a Cassano con 301 voti su 774 aventi diritto e 551 votanti effettivi.
Il collegio di Castrovillari, dove votano 973 aventi diritto, esprime l’indipendente Antonio La Terza, che prende 329 preferenze su 761 elettori effettivi.
Corigliano, invece, esprime Vincenzo Sprovieri delle Sinistra storica, che prende 468 voti su 622 votanti effettivi (gli aventi diritto sono 801).
A Cosenza la Destra si prende la sua rivincita: passa Donato Morelli, che ottiene 276 voti su 557 votanti effettivi in un collegio costituito da 909 aventi diritto.
A Paola gli aventi diritto sono decisamente meno: 689. Il collegio esprime Giuseppe Valitutti della Sinistra storica, che prende 339 voti su 550 votanti.
Ancora meno, 624, gli aventi diritto a Rogliano, dove vince Gaspare Marsico della Sinistra storica con soli 173 voti su 345 votanti.
Rossano ha 625 aventi diritto. Gli elettori effettivi sono 466 e 285 di questi eleggono Pietro Compagna della Destra.
A San Marco, che ha 606 aventi diritto, la spunta Giovanni Mosciaro della Sinistra storica con 288 voti su 519 votanti.
Spezzano Grande elegge Gabriele Gallucci della Destra, con soli 164 voti. I votanti sono 278, gli aventi diritto 472.
A Verbicaro vince Francesco Giunti della Sinistra storica, che prende 348 voti su 568 votanti. Gli aventi diritto del collegio sono 757.

Giovanni Nicotera

I trombati

La maggior parte degli eletti proviene dal notabilato locale, che ha fatto le sue fortune sulle grandi proprietà, ottenute prima dell’Unità nazionale e non sempre in maniera cristallina.
Tra i grandi trombati, invece, ci sono altri protagonisti del Risorgimento.
Tra questi, alcune figure di prima grandezza della storia regionale e non solo: il patriota e intellettuale Domenico Mauro, il futuro ministro Luigi Miceli e Giovanni Nicotera, anche lui futuro protagonista dei governi della Sinistra storica.
I tre, battuti in casa dai notabili, rientrano alla Camera grazie a candidature mirate in collegi fuori regione.
La Calabria entra nella storia unitaria con il suo solito vizio: boccia i migliori e preferisce i notabili.

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