«Scienziate e scienziati di ogni dove, prendete posto», esordiscono Sonia Floriani e Vincenzo Carrieri nel dare il via al secondo appuntamento organizzato dal Dispes dell’Unical (il primo incontro si era svolto Giovedì 16 Maggio) sul tema della interdisciplinarità. L’ “ogni dove” cui fanno riferimento i due docenti riguarda proprio i mondi accademici diversi da cui provengono i relatori che hanno tracciato il percorso di questo secondo viaggio attraverso i confini tra le scienze.
Alan Turing pioniere dell’interdisciplinarità
Una esplorazione avventurosa, visto che ci porta fino a Turing, che tutti conoscono per aver contribuito in modo determinante a decifrare codici militari nel corso della Seconda guerra mondiale. Eppure lo scienziato inglese nelle parole di Gianluigi Greco, direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica, diventa subito una specie di sintesi di una completa forma di interdisciplinarità. A dare la prova di tale “pluralità” di sguardi è la lapide di Turing, che ricorda come lui sia stato un matematico, il padre della “Computer science”, un appassionato di Logica e alla fine purtroppo anche vittima del pregiudizio e dunque suo malgrado testimone di uno dei fenomeni massimamente studiati dalle Scienze sociali. Siamo certi che quest’ultimo aspetto Turing se lo sarebbe volentieri evitato, ma il fatto che la sua figura sia stata riscattata dall’immeritato oblio cui era stata relegata è il segno di come le società mutino. Il ragionamento interdisciplinare proposto da Greco porta Turing ad avere buoni compagni di viaggio, da Pitagora a Chomsky (in questi giorni vittima di una fake sulla sua morte), fino a Godel: numeri, logica, linguaggi, significati. Cose apparentemente separate e invece vicinissime, se si ha il coraggio di superare le iperspecializzazioni disciplinari.
Le sinergie già in campo tra Ematologia, Farmacia e Informatica
Greco però da scienziato “duro” resta aderente ai fatti e racconta di come l’interdisciplinarità possa avere molte facce, forme differenti di collaborazione tra ambiti di ricerca e cita esempi concreti, come la sinergia tra il mondo dell’Informatica, la facoltà di Farmacia e il reparto di Ematologia dell’ospedale di Cosenza. Ma questo è il presente, il tempo che deve venire è proiettato sullo schermo, quando Greco manda il trailer di un film fatto assieme da registi e informatici utilizzando l’AI e che affronta l’ipotesi che un giorno le macchine si ribellino all’uomo.
L’uomo tra biologia, genetica e influenze sociali
A proporre un tema complesso, eppure necessario sono arrivate le parole del filosofo Felice Cimatti, raccontando l’esperienza scientifica di Giorgio Prodi, che da medico ha indagato l’origine per così dire “biologica” dei significati. Un tema che mischia l’antropologia fisica, la chimica e la semantica, cercando di capire se il significato che noi attribuiamo alle cose tramite il linguaggio o i segni, sia solo il prodotto di sedimentazioni culturali oppure se abbia anche basi appunto biologiche. Cimatti, attraverso gli studi di Prodi , propone di cercare anche tramite uno sguardo medico- biologico, l’origine di fenomeni che crediamo solo sociali. Del resto che l’ambiente, inteso come la somma delle condizioni sociali e naturali in cui agiamo, influenzi le nostre vite è ben noto, anche sul piano propriamente genetico. A spiegare come il mondo e il modo in cui viviamo siano importanti è Giuseppe Passarino, genetista e Direttore del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra. Lo scienziato ha spiegato come l’essere umano sia una cosa complessa, determinata certamente dal Dna e da fattori ereditari e tuttavia un ruolo importante lo hanno svolto il caso e anche i modi di costruire relazioni sociali. Nell’intervento di Passarino la spiegazione rigorosa dell’origine della vita si sovrappone a punti di osservazioni tipicamente legati alle esperienze della ricerca sociale, in particolare al presente distopico specifico del capitalismo della sorveglianza, che con algoritmi previsionali può trasformare in merce le nostre caratteristiche genetiche. E qui entra in gioco l’antica questione circa la presunta neutralità delle scienze e delle tecnologie.
Le Tecnoscienze non sono neutrali
Giuseppina Pellegrino, sociologa e studiosa delle comunicazioni non sta a girarci troppo attorno: non c’è neutralità, le tecnoscienze hanno una loro etica e un discreto fardello di responsabilità nel costruire il mondo in cui abitiamo. La sociologa va oltre, perché oggi tentare di capire le cose che ci accadono attorno guardando solo i comportamenti degli umani non basta, occorre fare attenzione ai “non umani”, all’artificiale, alle macchine perché contribuiscono nel modificare il mondo, condizionando le relazioni tra uomini, gli artefatti e il contesto. Di qui la necessità di una interdisciplinarità che superi la tentazione dei primati tra le scienze e che sia capace di una reale ibridazione. Questi scenari che prospettano l’andare oltre i limiti delle discipline hanno trovato parole – ma non solo – tra i Cubi del ponte Bucci e il Dipartimento di Scienze sociali e Politiche si candida come punto di contatto tra i molti ambiti di ricerca che tra quei Cubi si realizzano. Un compito non facile né scontato, ma necessario, perché come ha spiegato il Direttore del Dispes, Giap Parini, dalla cui proposta è partito questo percorso, il concetto di confine merita di ritrovare la sua origine etimologica di spazio condiviso.
L’interdisciplinarità come comprensione dell’altro
Non dunque una separazione, ma un punto di coniugazione, uno spazio di saperi partecipati e più ampi, «una comprensione dello sguardo dell’altro». Un progetto ambizioso che può trasformarsi in una opportunità e che può essere colta solo da una università pubblica. L’Unical è pronta a percorrere questo sentiero con la consapevolezza necessaria alle cose nuove e audaci.