In Calabria rispetto al 2022 si prevedono 4mila disoccupati in più, di cui circa la metà – complice una popolazione maggiore – in provincia di Cosenza. A calcolarlo è uno studio della Cgia di Mestre, sulla base di una elaborazione dei dati Istat e delle previsioni Prometeia. Secondo l’analisi, in tutta Italia saranno circa 63mila in più le persone senza lavoro rispetto all’anno precedente. E poco importa che negli ultimi mesi lo stesso Istat abbia reso noto che lo scorso mese di ottobre l’occupazione ha toccato il record storico. Il dato in questione, infatti, è alterato in positivo dai rientri in massa di parecchi cassaintegrati il cui futuro resta tutto meno che roseo. Quanto ai nuovi contratti, tantissimi sono a tempo determinato.
Disoccupazione: chi sale e chi scende
Nel 2023 il tasso di disoccupazione è destinato a salire all’8,4%. Il dato torna ad allinearsi con quello del 2011, anno che ha anticipato la crisi del debito: il numero complessivo dei disoccupati, infatti, nel 2023 sfiorerà la quota di due milioni e 120mila persone. In termini assoluti, le situazioni più critiche si verificheranno nel Centro-Sud, ossia in quei territori dove il livello di fragilità occupazionale era già molto preoccupante. Le province più in sofferenza saranno quelle di Napoli, Roma, Caserta, Latina, Frosinone, Bari, Messina, Catania e Siracusa. Ma l’aumento della disoccupazione non sarà omogeneo: in una trentina di province italiane su 107, anzi, il numero di disoccupati dovrebbe, seppur di poco in molti casi, ridursi.
Disoccupazione: i dati della Calabria per il 2023
E così, accanto alle criticità di gran parte del territorio calabrese, si scopre che la provincia di Vibo rientra invece tra quelle virtuose. Ma entriamo nei dettagli: in regione, secondo lo studio i disoccupati passeranno da 88.226 e 92.247. Aumenterà, dunque, di 4.021 unità il numero di persone che perderanno il lavoro, il 4,6% in più rispetto al 2022.
La maglia nera della disoccupazione in Calabria se l’aggiudica Cosenza. La Cgia prevede che lì saranno 1883 (+5,3%) i disoccupati in più, undicesima provincia in Italia per aumento di persone che si ritroveranno senza un impiego nell’anno in corso. Sembrerebbe andar meglio a Catanzaro, Reggio Calabria e Crotone, dove i nuovi disoccupati saranno, nell’ordine, 1.019, 445 e 712. In realtà, rispetto alla popolazione di quei territori, in due casi la percentuale di disoccupati crescerà più che nel cosentino: a Catanzaro del 5,9% e a Crotone addirittura del 7,8%. A Reggio, invece, l’aumento si limita a un +2,2%. Le proiezioni della Cgia sembrerebbero, al contrario, fare di Vibo e provincia una micro isola felice, con 38 persone in più a lavorare rispetto a dodici mesi prima. Disoccupazione, quindi, in calo dello 0,6%, in controtendenza rispetto al resto della Calabria.
I settori più in difficoltà
Non è facile stabilire in questo momento i settori che nel 2023 registreranno le maggiori riduzioni di lavoratori. Con ogni probabilità, su scala nazionale a soffrire di più saranno i comparti manifatturieri, specie quelli energivori e più legati alla domanda interna. Al contrario, dovrebbero subire meno contraccolpi occupazionali le imprese più attive nei mercati globali. Tra di esse, quelle che operano nella metalmeccanica, nei macchinari, nell’alimentare-bevande e nell’alta moda. La sensazione tra addetti ai lavori ed esperti è che altre difficoltà interesseranno i trasporti e la filiera automobilistica. Senza dimenticare l’edilizia, che rischia di trascinare tantissimi nel caos figlio delle modifiche legislative al superbonus.
Le conclusioni dello studio sulla disoccupazione
Fatta eccezione per i dipendenti pubblici, la crisi colpirà a 360 gradi. A farne le spese, in particolare, il popolo delle partite IVA, lavoratori che non beneficiano nemmeno di strumenti di tutela quali la CIG o la Naspi in caso di stop delle loro attività. Il tutto in un contesto come quello calabrese, dove anche chi uno stipendio lo ha deve fare i salti mortali per arrivare a fine mese.
Tra negozi che chiudono ovunque, «il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale del Paese è molto forte», si legge nel report. Centri storici e periferie continuano a svuotarsi, la qualità della vita in questi quartieri peggiora. Ma non c’è solo il commercio a piangere, secondo la Cgia: «Meno visibili, ma altrettanto preoccupanti, sono le chiusure che hanno interessato anche i liberi professionisti, gli avvocati, i commercialisti e i consulenti che svolgevano la propria attività in uffici/studi ubicati all’interno di un condominio». E la moria di attività non dà scampo nemmeno ai centri commerciali e alla grande distribuzione organizzata (Gdo): «Non sono poche le aree commerciali al chiuso che presentano intere sezioni dell’immobile precluse al pubblico, perché le attività presenti precedentemente hanno abbassato definitivamente le saracinesche».