«Sono qui praticamente da sempre, ma da tre anni presto servizio tutti i giorni», spiega Sonia, ex capo scout. E prosegue: «Io non faccio servizio solo per dare, ma ricevo tantissimo a livello umano».
Sonia parla di una realtà seminascosta, di cui le istituzioni si accorgono ancora poco (e non sempre bene): l’Arca di Noè.
Natura e solidarietà ai disabili in Calabria
L’Arca di Noè si è sviluppata attorno al vecchio giardino botanico dell’Aias, alle spalle dell’ex Pastificio Lecce di Vadue di Carolei, una reliquia semidemolita delle vecchie promesse di sviluppo industriale.
Le due serre originarie si sono arricchite di un capannone, dove trenta persone in media al giorno socializzano e pranzano. Soprattutto, si riabilitano, attraverso il contatto con la natura e i lavori manuali.
Sono disabili, i più. Ma non mancano soggetti con problemi più lievi, come i disturbi dell’attenzione. Qualcun altro, infine, si riabilita a livello legale: l’Arca accoglie anche persone che scontano le pene alternative.
La storia dell’Arca dei disabili
Aria un po’ hippie e modi molto semplici e diretti, Alessandro Scazziota è il Noè della situazione.
«La nostra piccola realtà esiste da circa trent’anni», racconta Alessandro, figura storica del volontariato cosentino.
«Abbiamo iniziato negli anni ’90 in una vecchia dimora del centro storico di Cosenza: eravamo solo quattro obiettori di coscienza». L’attività di accoglienza e integrazione promossa da Scazziota e dai suoi compagni di ventura ha avuto successo.
Da qui la decisione di spostarsi a Vadue, sia per motivi di spazio sia per darsi davvero all’agricoltura.
L’Arca di oggi
Franca, come Sonia, proviene dal volontariato cattolico: «Presto servizio qui da dieci anni. Vi sono entrata in un momento di forte smarrimento e l’Arca mi ha abbracciato senza travolgermi».
L’Arca di Noè è una fattoria sociale e didattica. A livello legale è una cooperativa “a” e “b”, ovvero rivolta sia a soggetti svantaggiati sia a disabili.
Gli operatori sono dieci, tra loro Antonio, che da settembre vi svolge per sua scelta il servizio civile.
E c’è Leonard, un assistente sociale keniota, che presta la sua attività professionale su incarico del Moci, il Movimento della cooperazione internazionale.
I mezzi dell’Arca
«Facciamo tutto da soli», prosegue Scazziota con un pizzico d’orgoglio.
Detto altrimenti, l’Arca si autofinanzia attraverso le donazioni delle famiglie degli ospiti e, soprattutto. attraverso la propria produzione: gli ortaggi e le verdure che provengono dalle serre.
Chi passa da Vadue ogni tanto nota i banchetti dove gli ospiti e gli operatori fanno i fruttivendoli. «Ma distribuiamo anche porta a porta», continua Alessandro.
Come se non bastasse, l’Arca ha anche alcune pecore e degli asinelli per consentire un po’ di pet therapy.
Il tutto, cosa assai importante, senza contributi pubblici. Segno che la solidarietà orizzontale e dal basso funziona anche da noi, dove generalmente si fa poco senza il gettone della Sanità o dell’ente locale.
Gli affezionati, operatori e disabili
C’è chi, grazie all’Arca, ha cambiato vita. È il caso di Gabriella che, prima di scommettere sull’avventura di Scazziota, era assicuratrice e opera in questa realtà piccola e solida dal ’97.
Oppure di Giovanni, che dal 2001 gestisce la parte amministrativa. O di Katia, ex docente. Anche alcuni ospiti sono storici: come Francesco, che frequenta la struttura da 15 anni, o Giuseppe, che da 5 partecipa al laboratorio di ceramica. O come Giacomo, legato da sempre all’Arca («Sono un fondatore», dice con un sorriso).
Le serre
Chi conosce la storia di Vadue, ricorderà senz’altro le vecchie serre, finite quasi in abbandono negli anni ’90.
Alessandro e i suoi le hanno ripulite e ammodernate, con l’aiuto di alcune macchine agricole. E con qualche innovazione: ad esempio, le strutture pensili che consentono di coltivare ortaggi su più livelli.
Fuori, poco dopo il vialetto sterrato a fianco dell’ex Pastificio, ci sono giostre e scivoli per bambini. Un segno di come le attività solidali possono contribuire a riqualificare il territorio.
Nessuno dei volontari, a quel che risulta, ha bussato alle istituzioni, se non per un riconoscimento. Ma nulla vieta alle istituzioni di valorizzare come si deve l’Arca di Noè, una realtà piccola, solida e indipendente. E sì, anche bella.
Questo articolo fa parte di un progetto socio-culturale finanziato dalla “Fondazione Attilio e Elena Giuliani ETS”. Cosenza sarà per tutto il 2023 Capitale italiana del volontariato. Attraverso I Calabresi la Fondazione intende promuovere e far conoscere una serie di realtà che hanno reso possibile questo importante riconoscimento.