Economia e coronavirus: un affare di famiglie

Al crollo del Pil durante la pandemia non è seguito quello dei guadagni per i clan, anzi. L'ultimo rapporto della Dia sul primo semestre 2021 fotografa tutte le operazioni finanziarie sospette delle 'ndrine e il modo in cui riciclano la montagna di soldi che accumulano

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Nei mesi bui del 2020, quelli del lockdown, la già stagnante economia calabrese ha avuto un calo del Pil di circa 9 punti percentuali. Paura, incertezza, emergenza: sono situazioni che le cosche della ‘ndrangheta «hanno sempre dimostrato di saper sfruttare a proprio vantaggio». Come? Ovvio: con i soldi. «Massimizzando i profitti ed orientando gli investimenti verso contesti in forte difficoltà finanziaria».

Lo scrive chiaramente la Dia nella relazione inviata al Parlamento: una radiografia sull’attività delle mafie nel primo semestre del 2021 che, però, parte proprio dallo shock economico che la pandemia ha prodotto per capire come e quanto organizzazioni finanziariamente potentissime come la ‘ndrangheta ci abbiano guadagnato.

L’area grigia

Con il covid un sistema produttivo che era già fragile e indebitato ha avuto un improvviso, ulteriore bisogno di liquidità. Nel mercato del credito – dice il Rapporto della Banca d’Italia su “L’economia della Calabria” – c’è stato un «forte rallentamento osservato nei finanziamenti destinati alle famiglie». E la mafia calabrese ha sempre saputo proporsi come un sostegno per le famiglie in difficoltà. La “filantropia” della ‘ndrangheta, però, non è ovviamente gratis. La si paga a tempo debito.

C’è poi un altro aspetto che la Dia ribadisce, quello della famigerata area grigia: «Le cosche continuano a dimostrarsi abili nel relazionarsi agevolmente e con egual efficacia sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politici, amministratori, imprenditori e liberi professionisti la cui opera è strumentale al raggiungimento di precisi obiettivi illeciti».

Il record delle interdittive antimafia? In Calabria

Cose note, certo. Come non sorprende che la Calabria abbia il record delle interdittive antimafia (134 su 455 in tutta Italia, +18,49% rispetto al 2020) proprio nei settori maggiormente provati dalla pandemia e dunque più a rischio infiltrazione.

Si tratta comunque di premesse necessarie per focalizzare altri dati, forse meno d’impatto rispetto alle classiche mappe sulla spartizione territoriale delle province calabresi o alle considerazioni sugli agganci con i colletti bianchi. Non perché siano più o meno importanti, ma perché ne sono la diretta conseguenza.

La ‘ndrangheta con la droga, le armi, l’usura, le estorsioni, gli appalti pubblici e quant’altro fa una montagna soldi, così tanti da non sapere dove metterli. Ed è qui che entra in gioco l’attività antiriciclaggio che la Dia effettua partendo dalle segnalazioni che provengono sia dall’estero che dal territorio nazionale attraverso le Financial Intelligence Unit (F.I.U.) e l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia.

Nel primo semestre dell’anno scorso sono state segnalate 11.915 operazioni finanziarie sospette, delle quali 2.459 di diretta attinenza alla criminalità mafiosa e 9.456 riferibili ai cosiddetti reati spia (per esempio impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, usura, estorsione, danneggiamento seguito da incendio ecc.).

Segnalazioni di operazioni sospette (percentuali tra quelli di diretta attinenza alle mafie e reati spia)

Sos, ma non è una richiesta d’aiuto

Le 11.915 s.o.s. (segnalazione di operazione sospetta) constano di 374.764 operazioni finanziarie, un numero che risulta più che raddoppiato rispetto al 1° semestre del 2020. La maggior parte (circa l’85%) avviene attraverso ricariche di carte di pagamento (47%), trasferimento di fondi (23%) e bonifici (15%). Il maggior numero delle operazioni finanziarie riferite a segnalazioni sospette potenzialmente attinenti alla criminalità organizzata è stato registrato nelle regioni del Nord (141.000, ovvero il 37%), seguite da quelle meridionali (107.504, 29%), centrali (89.466, 24%) e insulari (33.187, 9%).

La preferenza per i territori più ricchi

In Calabria ci sono state nel periodo in esame 13.518 operazioni finanziarie relative a s.o.s – si tratta del 3,6% rispetto al dato nazionale – delle quali 6.503 ritenute direttamente attinenti alla criminalità organizzata e 7.015 a reati spia. Il “record” è della Campania con un totale di 62.701 operazioni relative a segnalazioni sospette (16,73%), seguono la Lombardia con 58.705 (15,66%) e il Lazio (58.022, 15,48%). È insomma evidente come, pur essendo il 3,6% una percentuale non insignificante per una regione economicamente disastrata, le mafie riciclino su tutto il territorio nazionale prediligendo i territori più ricchi, quelli ritenuti più redditizi dal punto di vista degli investimenti.

Riciclaggio all’estero

Guardando alle ramificazioni estere i dati sul riciclaggio si confermano nel primo semestre 2021 «in continua crescita» rispetto agli anni precedenti: 852 note provenienti dalle F.I.U. estere (fra queste sono ricomprese anche 25 informative che «delineano alcuni possibili profili di anomalia di movimentazioni e transazioni finanziarie connesse all’emergenza epidemiologica Covid-19»), di cui 266 richieste di scambi informativi e 586 trasmissioni di informazioni con conseguente attività di analisi e di approfondimento dei dati che ha riguardato oltre 3.200 persone fisiche e oltre 2.600 persone giuridiche segnalate.

Prestanome e Bitcoin

L’analisi delle informazioni su fondi ritenuti di provenienza illecita collocati in altri Paesi da persone indagate in Italia in alcuni casi fornisce, secondo la Dia, «validi contributi per riconoscere ipotesi di intestazione fittizia a prestanome o di interposizione di società di comodo e la titolarità effettiva dei patrimoni da parte dei soggetti coinvolti anche in considerazione della rinnovata morfologia dei mezzi di pagamento e di movimentazioni finanziarie». Per questi scopi si fa ricorso a «numerosi» tipi di “money transfer” o alle valute virtuali, le ormai note criptovalute «fra cui spiccano i Bitcoin, le svariate Altcoins e i crypto-asset».

‘Ndrangheta Spa

Mettendo insieme questi e altri elementi emersi da indagini e segnalazioni la Dia descrive il vasto panorama dell’imprenditoria mafiosa come «sempre più caratterizzato dalla presenza di holding criminali». Che accumulano risorse tanto ingenti da risultare «di gran lunga superiori» rispetto a quelle che servirebbero per «corrispondere ai bisogni dei loro associati, a sostenere i costi di mantenimento delle proprie strutture ed a promuovere l’avvio d’ulteriori attività delittuose».

Le mafie, insomma, fanno molti più soldi di quanti ne servano per gestire se stessa e i propri business. Così «la maggior parte» dei fondi illeciti viene investita «nel tessuto produttivo e commerciale per costituire profitti apparentemente leciti». Grazie ai soldi, dunque, la ‘ndrangheta si mimetizza e si sovrappone alle imprese sia sul piano sociale che su quello finanziario. E senza esporsi al cosiddetto «rischio d’impresa».

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