Depurazione: nel Reggino scatta la caccia agli abusi

Sequestri, oltre 50 indagati tra cui amministratori pubblici, 300 militari impegnati: la maxi operazione Deep 1 condotta dai Carabinieri

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«La situazione ambientale è fortemente degradata. Ora tocca aspettare gli esami di laboratorio sui campioni di acqua e terreno prelevati, ma visto quanto abbiamo riscontrato non è difficile immaginare cosa ci diranno». Non usa mezze parole il comandante della legione Calabria dei carabinieri Pietro Salsano nella conferenza stampa che segue il maxi blitz “Deep 1” – più di 300 i carabinieri coinvolti – su tutto il territorio della provincia di Reggio.

Depuratori fantasma, scarichi abusivi e condotte nascoste. E poi discariche di eternit e cimiteri di auto sotto gli ulivi. Persino un autolavaggio che andava avanti – miracoli della burocrazia calabrese – con il via libera di una licenza di trasformazione alimentare: la realtà venuta fuori dal “rastrellamento” certosino eseguito dai militari del comando provinciale e da quelli della forestale non lascia spazio a illusioni.

L’appello ai cittadini

«I primi esami – dice ancora Salsano – suggeriscono anche la presenza di metalli pesanti. La situazione è preoccupante e generalizzata in quasi tutto il territorio, anche quello dei piccoli centri. Questo dimostra che c’è stata poca attenzione sul rispetto delle regole ambientali. L’operazione di oggi dimostra ancora una volta l’attenzione dei carabinieri sul fronte della tutela dell’ambiente, ma spesso è difficile riscontrare gli abusi in un territorio così vasto e, in alcuni casi, così impervio quindi il mio appello va ai cittadini: denunciate, fateci sapere, venitecelo a dire quando riscontrate un abuso».

Il blitz

Più di 50 indagati (tra amministratori pubblici, funzionari di società che gestivano gli impianti e imprenditori privati), tre depuratori sotto sequestro (gli impianti di Bivongi, Ardore e Stignano), un impianto di sollevamento bloccato (a Campo Calabro, prima periferia di Reggio) e sigilli anche a un canale di collegamento delle acque reflue che serve il comune di Sant’Agata del Bianco. In totale sono 14 gli impianti di depurazione irregolari scovati dagli investigatori sui 48 passati al setaccio in tutta la provincia.depurazione

Il fantasma dell’opera

Problemi amministrativi e gestionali, ma anche veri e propri disastri ambientali ancora da codificare: in un caso i carabinieri si sono trovati davanti ad un vero e proprio depuratore fantasma, che pur essendo dismesso da anni, continuava a ricevere parte delle acque reflue dell’impianto fognario. «In un caso addirittura – ha ammesso in conferenza stampa il colonnello Migliozzii nostri uomini non sono ancora riusciti a trovare il bocchettone di scolo di uno degli impianti».

I fanghi? Troppo pochi rispetto alla popolazione

E poi la questione dei fanghi di scarto dalla (presunta) depurazione delle acque reflue. Fanghi frutto del procedimento di “ripulitura” degli scarichi e che dovrebbero seguire le stesse regole della matematica in tutta Italia, ma che in Calabria invece seguono strade differenti. A fronte dei poco meno di due milioni di cittadini che abitano la regione infatti, la produzione di fanghi si ferma a 34mila tonnellate. Praticamente un terzo rispetto a quanto prodotto – e quindi certificato – dalla Sardegna (che di abitanti ne ha poco più di 1,5 milioni) e un decimo rispetto alla Puglia, che di abitanti però ne conta quasi 4 milioni.

I cacciatori nelle fiumare

Il blitz si è trascinato per tutta la giornata di giovedì: un’operazione imponente dalla costa verso l’entroterra e che ha visto anche l’intervento del gruppo cacciatori – quello in genere deputato alla ricerca dei latitanti e della piantagioni di marijuana sui versanti nascosti d’Aspromonte – a cui è toccato risalire tutte (o quasi) le fiumare della provincia alla ricerca di scarichi nascosti e discariche abusive.

Depurazione, scarichi abusivi e rifiuti

L’operazione è andata avanti su tre livelli distinti: quello della depurazione, quello degli scarichi abusivi nelle fiumare e quello dello smaltimento dei rifiuti delle attività produttive. E la realtà che è venuta fuori fa venire i brividi. In un caso i militari hanno riscontrato una condotta abusiva sotterranea lunga 300 metri, che collegava illecitamente un opificio direttamente con la fiumara dove finivano gli scarichi. E ancora montagne di eternit e decine e decine di impianti privati (oleifici, autolavaggi, cementifici) irregolari, alcuni dei quali trovati in totale assenza dei requisiti previsti dalla legge.

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