Ormai, anche a destra fanno il totoscommesse su de Magistris. E in tanti si dicono convinti che il quasi ex sindaco di Napoli non solo supererà il quorum, ma rischia di salire sul secondo gradino del podio e dare una bella botta al resto del centrosinistra.
Almeno questa è l’impressione emersa dalla recentissima riunione dei Masanielli calabresi, svoltasi all’Hotel 501 di Vibo Valentia.
Una prova di partenza mica male per l’ex pm di Why Not?, che dopo mesi di iperattivismo sul territorio calabrese, ha quasi messo a punto la squadra con cui tenterà la conquista di Germaneto e ha aperto il dialogo elettorale anche a destra, dopo aver consolidato il rapporto a distanza con l’ex governatore Mario Oliverio.
La corsa in solitaria
I tempi del Tandem – il simbolo bizzarro che rappresentava l’alleanza burrascosa con l’istrionico Carlo Tansi – sembrano lontanissimi. Anzi, pare proprio che il divorzio dal ricercatore del Cnr abbia fatto bene a de Magistris, che ha subito qualche improperio dall’ex sodale ma, a giudicare dal tenore del dibattito social, ha guadagnato in credibilità. Segno che, a volte, perdere certi compagni di strada giova. E non poco.
E giova anche correre da soli, come dimostra l’esperienza elettorale di Napoli. Mentre gli altri litigavano (a sinistra) e negoziavano (a destra), lui ha percorso in lungo e largo la Calabria. Ha esibito un livello di comunicazione e toni tutto sommato accettabili, senza sbilanciamenti eccessivi – e facili – sui versanti populista e giustizialista. Ha gestito un rapporto diretto con gli elettori (al momento potenziali) che ha iniziato a dare più frutti del previsto.
Infatti, de Magistris non solo non si è fatto vampirizzare dall’ex sodale e dai potenziali avversari a sinistra, ma li ha vampirizzati.
Il ruolo di Oliverio
Stando a una succosa indiscrezione, avrebbero bussato alla sua porta un bel po’ di ex tansiani, evidentemente stressati dalla navigazione bizzarra e a vista del loro timoniere. E, al riguardo, c’è chi parla di una potenziale lista fatta di ex seguaci del visconte della tettonica a zolle, che si aggiungerebbero a Ugo Vetere.
Dalla riunione vibonese sembra, inoltre, confermata la liaison con Oliverio. All’incontro hanno presenziato due esponenti di spicco dell’ex sinistra Pd: il vibonese Antonio Lo Schiavo e l’ex consigliere regionale cosentino Giuseppe Giudiceandrea.
Il simbolo di questo schieramento, che potrebbe indebolire non poco i “compagni coltelli” del centrosinistra di Amalia Bruni è Liberamente progressisti.
L’unico dubbio, in merito, è se a questo simbolo corrisponderà una lista di oliveriani o se questi si sparpaglieranno in tutto lo schieramento. Come ha spiegato Giggino, si tenta di evitare squilibri tra liste troppo forti e liste che non lo sono abbastanza. Detto altrimenti, i Masanielli mirano a massimizzare il bottino e, per farlo, spalmano le forze in maniera più uniforme possibile.
Le liste
Ancora non c’è nulla di certo, ma da quel che emerge, de Magistris potrebbe schierare da un minimo di sette a un massimo di nove liste.
Iniziamo da quelle certe. Innanzitutto, ci sono le quattro liste demagistrisiane: De Magistris presidente, Dema, Uniti per de Magistris, Per la Calabria con De Magistris.
Seguono le tre liste “politiche”, cioè la già menzionata Liberamente progressisti, Un’altra Calabria è possibile, ispirata a Mimmo Lucano, ed Equità per la Calabria, che contiene esponenti del Movimento 24 agosto-Equità territoriale, il partito “terronista” fondato due anni fa da Pino Aprile.
A proposito dei terronisti, emerge un dettaglio troppo simpatico per non menzionarlo e non riguarda la leadership del giornalista pugliese, ridottasi a un’onorificenza platonica. Tocca, semmai, le scelte politiche globali, che risultano contraddittorie: infatti, mentre i terronisti appoggiano de Magistris, a Napoli ne avversano il candidato da lui indicato come proprio successore. Regione che vai, terrone che trovi.
Resta il dubbio per Primavera della Calabria (il laboratorio politico di Anna Falcone) e per Calabria resistente e solidale, che potrebbero limitarsi a un fiancheggiamento esterno.
In ogni caso, nove simboli sembrano un sintomo di ottima salute.
Compagni coltelli
Ancora trapela poco sul centrosinistra che si ostina a dirsi “ufficiale” ma che rischia di restare in braghe di tela. Da un lato, resta ai “bruniani” la possibilità di compilare liste forti grazie ai consiglieri uscenti, che vantano sulla carta ancora buoni numeri, come i cosentini Carlo Guccione e Mimmo Bevacqua. Ma non è detto che questi numeri possano tradursi in una somma algebrica, per almeno due fattori non proprio irrilevanti.
Il primo: in non pochi, a sinistra, percepiscono la candidatura della scienziata come un maquillage elettorale per salvare il salvabile. Quindi una domanda è d’obbligo: è possibile votare chi ha gestito potere con la consapevolezza che difficilmente lo gestirà di nuovo? E ancora, sotto il profilo più “ideologico”: gli arrabbiati di sinistra, possono ritenere ancora valido il richiamo dei notabili di un’area politica, quella che gravita attorno al Pd, che ha perso ruoli e credibilità dal post renzismo in poi?
Il secondo fattore riguarda Tansi, che al momento sembra aver trovato pace. Ma non troppa: infatti, ha chiesto la sottoscrizione di un codice etico tosto, a cui, ora come ora, non arriverebbero neppure i grillini. Ma chi chiederà di fare un passo indietro ai candidati che risultassero incompatibili con questo codice?
E non finisce qui, perché i bene informati sussurrano altro, non senza una certa malignità. La liaison tra Tansi e la Bruni avrebbe una pronuba di non poco conto, la ministra dell’Università Maria Cristina Messa, medico con una gavetta accademica importante.
Insomma, una roba tra scienziati per cercare di uscire con le ossa meno rotte possibile dallo scontro imminente con Roberto Occhiuto a destra e de Magistris a sinistra. Missione non facile, insistono i maligni. Che poi propinano altri retroscena, stavolta romani: i big del Pd si sarebbero rivolti a Letta perché provi a ricucire lo strappo con Oliverio e tutti amici come prima. O, almeno, meno nemici di prima, perché il nuovo divorzio tra l’ex governatore e il big cosentino Nicola Adamo rischia di fare più danni della vecchia lite del 2011, quando a causa dei loro dissidi Cosenza finì in mano di Mario Occhiuto.
Per concludere
Se son rose fioriranno. Ma a sinistra si vede soprattutto un roveto, in cui si lotta al coltello per arrivare secondi e prendere più seggi possibile.
De Magistris, dopo un tour regionale iniziato in salita, inizia a schierare le truppe. Occhiuto lavora di fino per cucire gli strappi con i meloniani. Quel che resta dell’area Pd, invece, annaspa tra i soliti segreti brezneviani e le consuete contraddizioni.
Non è detto che la sfiga sia di sinistra, come sosteneva Gaber. Ma di sicuro il casino lo è.