Giorgia a Cutro: polemiche ed errori nel Cdm della tragedia

La presidente del Consiglio annuncia i decreti antiscafisti e i giri di vite sui migranti. Poi la bagarre con la stampa e qualche stecca di troppo. Promette di andare al PalaMilone. Ma innesta la retromarcia con l'invito a Palazzo Chigi dei familiari delle vittime

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A Cutro alcune cose erano scontate. Ad esempio, la protesta pittoresca e ben orchestrata delle sigle autonome e delle associazioni più o meno antagoniste.
Il lancio dei peluche contro le auto blu e i cartelli esibiti nei pressi della sala comunale che ha ospitato il Consiglio dei ministri, sono stati più che eloquenti.
Facciamo una sintesi prima di procedere: Giorgia Meloni ha dato la sua versione, anche se con qualche “stecca” di troppo, e i giornalisti l’hanno contestata.
Ora riavvolgiamo il nastro.

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Una contestazione a Cutro contro il governo Meloni

Meloni a Cutro: lancio di peluche e cartelli di protesta

Le immagini, riportate da tutti i media che contano con perfetto tempismo, sono chiare: lancio di peluche con chiara allusione ai dettagli più struggenti della tragedia, e slogan eloquenti.
Ne citiamo due, uno più inflazionato dell’altro: «Basta morti in mare», «Non in nostro nome». Retorica a parte, entrambi esprimono l’indignazione di chi chiede una risposta.
Ed esprimono una parafrasi di certo Sessantotto, in questo caso più addolorato che rabbioso. E ci sta.
Soprattutto, esprimono l’ansia di territori marginali – e perciò trascurati – che si ritrovano in primo piano solo quando capitano vicende eccezionali per la loro bruttezza.

Un’immagine simbolo della spiaggia della tragedia

Cutro protagonista

Cutro è protagonista e tutta la Calabria è Cutro: quella che si indigna, ma anche quella che vuole risposte. E le chiede in maniera dura.
Non era, va da sé, risposta quella di Matteo Piantedosi, che ha esibito un’empatia inesistente. Non sono risposte i rimpalli e i balbettii dei vertici amministrativi di chi avrebbe dovuto agire con più efficienza e velocità, magari calpestando i vincoli burocratici e legali che partono dall’Europa (in questo caso, Frontex), continuano nei corridoi dei ministeri e finiscono nei Comandi e nelle Capitanerie più periferici.
Sono risposte quelle della premier?

Meloni e il Cdm a Cutro

Il Cdm di Cutro è servito a due cose: diramare le prossime decisioni sulla questione migranti e difendere il proprio operato politico. Anzi, governativo.
Il contenuto dei primi è noto: superpene agli scafisti (trent’anni quando i migranti ci rimettono la pelle), superpoteri e superdoveri alle autorità italiane (cioè la possibilità di indagare anche in acque internazionali) e allargamento dei flussi migratori, giusto per bilanciare un po’ a sinistra cose dette a destra ma pensate altrove: cioè ai piani alti dell’Ue.
E l’autodifesa?

Le stecche di Giorgia 

Una domanda di Virginia Piccolillo, tiratrice scelta del Corriere della Sera, scatena la polemica. Era una situazione di soccorso o di sicurezza?
Il problema è tutto qui. La presidente del Consiglio dà la risposta più comoda: Frontex ha fatto una segnalazione di polizia. Cioè: il caicco non era in difficoltà, poi è rimasto fermo a quaranta metri dalla riva per ore (ma non erano cento, i metri?) perché gli scafisti non volevano farsi beccare.
Alla fine è naufragato per colpa degli scafisti che volevano darsela a gambe.
Meloni ha recitato come un mantra l’ordinanza del gip di Crotone e il verbale di fermo dei presunti nocchieri della morte.
Peccato le stecche, non proprio leggere: la presidente prima dice che Frontex ha avvistato il caicco nelle acque costiere, poi si corregge, richiamata anche dal moderatore. Quaranta chilometri dalle acque costiere, il dato esatto, fa una bella differenza.

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Il governo al completo durante la conferenza stampa

La risposta che manca

Ancora: ma voi credete che il governo non volesse intervenire? Chiede all’uditorio con la classica domanda difensiva. Già: solo che non riferisce quel che è successo tra la segnalazione di Frontex e le prime ore del 26 febbraio.
Non è una lacuna piccola. Innanzitutto per la tempistica: l’avvistamento è avvenuto alle 22,40 del 25 febbraio, il naufragio tra le 3 e le 4 del mattino del 26. Più di tre ore di differenza.
In seconda battuta, la lacuna è grossa proprio nei termini della sicurezza che sta tanto a cuore al governo: possibile che in tre ore nessuno si sia mosso di fronte all’ipotesi di uno “sbarco”, per dirla in burocratese?

Un primo piano di Giorgia Meloni

Una targa non basta

Apporre sul municipio una targa commemorativa della tragedia non basta. E non basta trasformare Cutro in Capitale simbolica per poche ore.
Andrò al PalaMilone, avrebbe promesso Giorgia alla fine della conferenza stampa. Poi la retromarcia: un invito a Palazzo Chigi ai familiari delle vittime.
Il che tradisce qualcosa di troppo: la considerazione della Calabria come territorio marginale che, in fin dei conti, porta troppe rogne e, persino, un po’ sfiga.
Infatti, hanno ribadito la premier e Salvini, «oggi abbiamo fatto venticinque salvataggi in mare». Solo in Calabria si muore, quindi.
E, a proposito di considerazioni: che dire del moderatore che chiede “professionalità” ai giornalisti ma poi dice “Curto” anziché Cutro?

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